Questa commedia è stata scritta da Beckett (scrittore irlandese vincitore del premio Nobel nel 1969) nel 1952 ed è diventata ormai un classico, iniziando il teatro detto “dell’assurdo”.
Nella commedia, replicata per anni a Parigi e poi rappresentata in tutto il mondo, due vagabondi, Vladimir ed Estragon, attendono invano l’arrivo d’un enigmatico personaggio che simboleggia, forse, l’inesistenza e l’irraggiungibilità di Dio.
Il terreno comico è particolarmente ricco, i mulinelli verbali dei protagonisti diventano l’emblema dell’inutilità di ogni slancio vitale dopo un cataclisma.
Ma quale apocalisse ha distrutto ogni cosa? Un esplosione nucleare) Un asteroide precipitato sul pianeta? O forse più semplicemente una lenta ed inesorabile catastrofe culturale?
Pochi scrittori come Beckett illustrano in modo tanto chiaro cosa sia stato il Novecento non solo per la letteratura ed il teatro, ma per una civiltà che era già arrivata ad una forma cronica di afasia, prima ancora che la televisione riempisse di rumore il vuoto.