I lavoratori dei cantieri dell'Alta Velocità ferroviaria aperti fra Firenze e Bologna protestano per il prolungamento della cassa integrazione dopo che la magistratura fiorentina ha imposto ai costruttori del consorzio CAVET di operare nel rispetto del territorio. E invocano l'intervento del Capo dello Stato.
Hanno manifestato la propria protesta anche nei loro paesi di origine, nella lontana Calabria, i minatori dei cantieri TAV (Treni ad Alta Velocità) rimasti senza lavoro e in cassa integrazione dopo i provvedimenti della Procura fiorentina, che ha rilevato lo scorso giugno una quantità impressionante di reati ambientali gravi nella realizzazione del lunghissimo tunnel (oltre 70 km) fra Firenze e Bologna.
"Se i cantieri sono chiusi, la colpa non è davvero nostra. Anzi. Noi svolgiamo da anni il nostro lavoro in maniera ineccepibile. Se qualcosa si può dire di noi, è che siamo forzati a subire condizioni di impiego dure, stressanti e rischiose per la salute e per l'incolumità. E adesso siamo proprio noi, i più deboli, a pagare. Il ministro Lunardi - abbiamo letto sui giornali - dice che lo Stato ha già perso per il blocco dei cantieri almeno 100 miliardi. Sembra di capire che lo Stato paga il conto alla TAV, e risarcisce il danno economico.
Perché a noi allora tocca solo la cassa integrazione? Come fa un padre di famiglia con moglie e figli a carico a sopravvivere con 1.900.000 lire al mese? Qui in Calabria mancano le opere pubbliche essenziali. Eppure siamo costretti a emigrare per costruire la TAV nella ricca Toscana. Sul lavoro siamo relegati in campi-base lontani dalle comunità e costretti a turni massacranti, che gli stessi sindacalisti (quelli piemontesi, non quelli toscani, purtroppo…) hanno definito aberranti. Adesso paghiamo per la terza volta.
Paghiamo responsabilità che non ci appartengono". Così protesta Pietro Mirabelli, delegato per la sicurezza e rappresentante sindacale dei lavoratori del primo cantiere CAVET sorto sull'Appennino, Il Carlone, a San Piero a Sieve in provincia di Firenze.
Medicina Democratica e Idra, che da sempre appoggiano la lotta per i diritti fondamentali, per la dignità e per la democrazia che i lavoratori CAVET conducono da anni, aggiungono: come fa il Presidente della Repubblica a non raccogliere l'appello di un minatore coraggioso, rappresentante dei lavoratori, che denuncia le condizioni di sfruttamento e di sofferenza di migliaia di compagni nella nostra civilissima Italia, dove nessuna convivenza è ammessa con l'illegalità?