Dopo le grandi mostre di Fattori (‘94), Rosai (‘95), De Pisis (‘96) e i Macchiaioli (‘97), la Galleria Pananti di Firenze continua la sua opera di sostegno e diffusione dell’arte italiana dell’800 e ‘900 annunciando per il 4 ottobre l’inaugurazione di una esposizione di Ardengo Soffici (Rignano sull’Arno, 1879 – Vittoria Apuana, 1964): oltre cento opere provenienti da collezioni pubbliche e private, numerosi manoscritti e un ricchissimo carteggio contribuiranno a descriverne l’avventura artistica e umana.
La mostra è la prima di tale importanza che Firenze riserva a Soffici ed è dedicata all’editore Enrico Vallecchi, uno dei personaggi più meritevoli dell’ambiente culturale che ha dato carattere al nostro tempo.
Enrico Vallecchi fu amico fraterno del pittore e ne pubblicò tutte le opere letterarie.
Negli anni Dieci e Venti Firenze era del resto la città delle riviste e dei caffè letterari in cui si ritrovavano artisti, poeti, scrittori spalleggiati da un’editoria vivace e colta che seppe collocarsi come uno tra i riferimenti più seguiti in Italia e in Europa. Una fase di affermazione del linguaggio moderno che proprio con Soffici si può visitare traendone nuove ragioni poetiche e critiche.
Lo svolgimento formale delle ricerche di Soffici potrà leggersi nei dipinti e nei disegni.
A segnare ogni periodo, dando rilievo di colori e di spazi alle pagine grafiche, dipinti di scelta significazione (Nervi, 1903; Margherite, 1911; La route, 1911; Decorazione di Bulciano, 1914; Pera, libro e tazza, 1914-15; Paesaggio a Chiavris, 1916) illuminano le energie plastiche e compositive, il filo conduttore profondamente umano, la dimensione creativa che fanno di Soffici uno dei riferimenti maggiori del secolo appena trascorso.
Nelle opere su carta, disegni monotipi, acquarelli, tempere, l’intera evoluzione, dal 1901 al 1915, le influenze simboliste cezanniane, cubiste e futuriste, fino alla ricomposizione figurativa degli anni Venti e Trenta e all’approfondimento del paesaggio, dei panorami che rispecchiano l’intima e assorta meditazione di un artista che non ha mai cessato di identificare nella realtà, nella verità il ritmo armonico che lega l’uomo ai valori universali.
Paesaggi, figure, nature morte dal ’20 al ’60, qui esposti, una tematica mai discosta da profonde necessità espressive, articolano l’opera di Soffici dove ci si può ritrovare come in un territorio amorosamente coltivato nel quale spuntano erbe e fiori che attengono a una spirituale idea di bellezza.
In una sala saranno esposte le opere che il maestro ha dipinto su spunti religiosi (i cartoni per L’elemosina francescana e per l’affresco Miracolo di San Francesco; i quadri Trasporto funebre, 1910; La cena di Emmaus, 1941); in un’altra, la ristretta silloge della ritrattistica familiare (Mamma Egle, 1904 – 8; i figli Valeria, Sergio e Laura, la moglie Maria).
Il curatore dell’esposizione, Luigi Cavallo, cui è affidato l’archivio Soffici dall’anno della scomparsa del maestro, darà quindi una disposizione riunita parzialmente per soggetti; nel testo che fa da introduzione al catalogo è posta attenzione ai rapporti Soffici-Rosai per ricostruire un’irripetibile stagione di scoperte, di amicizie, di polemiche.