7 giugno 2001 – Su invito del Centro Internazionale Parchi di Villa Demidoff, che affida tutti gli anni una conferenza sull’ambiente ad una personalità di livello mondiale (l’anno scorso fu il premio Nobel Amartja Sen), sarà venerdì a Firenze Vandana Shiva, direttrice della Research Foundation for Science, Tecnology and Ecology di Nuova Delhi.
Punto di riferimento di chi sostiene nel mondo l’agricoltura naturale contro la chimica e gli alimenti geneticamente modificati, sostenitrice del ruolo centrale della donna nell’ecologia, insignita di riconoscimenti internazionali come il Right Livehood Award e più volte proposta per il Nobel, Vandana Shiva parlerà sul tema “Biodiversità e Sviluppo sostenibile”.
La Conferenza sarà tenuta alle 18 nel Salone di Villa Demidoff, nel Parco Mediceo di Pratolino.
Chi è Vandana Shiva
Scienziata indiana, tra le prime donne indiane a laurearsi in Fisica Nucleare e ad occupare un posto di rilievo nell’establishment tecnologico; consulente dell'ONU per i problemi dell'alimentazione; leader di spicco dell’Ifg, l'International Forum on Globalisation, attivo dal 1994 e a cui partecipa il meglio del pensiero ecologista (da Jerry Mander, a Debi Barker, a Tony Clarke e Victor Menotti); direttrice della Fondazione per la Ricerca Scientifica, Tecnologica e Naturale sulle Risorse, una rete di ricercatori specializzati in sviluppo agricolo sostenibile; professoressa di economia dello sviluppo in California; nel 1993 ha vinto il prestigioso Right Livehood Award, conosciuto come il Nobel alternativo ed è stata più volte candidata al Nobel per la pace; autrice dei libri "Monocolture della mente" e "Biopirateria".
Voce di denuncia dei mali che ruotano attorno alla scienza moderna e in particolare alle biotecnologie.
Animatrice di grandi battaglie ecologiche, ha vinto quella contro la brevettazione del "neem", una pianta medicinale usata da sempre dalla popolazione indiana, e ha anche condotto una campagna contro la catena di fast food Kentucky Friend Chicken per l’uso del glutammato monosodico, riconosciuto a livello mondiale come additivo alimentare dannoso.
Il pensiero
Vandana Shiva ha un nuovo motto che ha sostituito il vecchio e usurato "Pensare globalmente, agire localmente". «Oggi - dice - è necessario pensare globalmente e agire globalmente».
L'universale si diffonde come sistema aperto. Il locale globalizzato si diffonde invece con la violenza e l'inganno. Apostolo della biodiversità e della difesa delle risorse vegetali e animali del pianeta, la professoressa lotta contro chi le depreda quotidianamente per fini commerciali. Nella sua critica al sistema di sapere dominante denuncia sette caratteristiche negative per la sopravvivenza del pianeta:
1.
Il sapere è profondamente imbevuto di economicismo, e pertanto è sicuramente insensibile ai bisogni umani.
Il 90% di esso potrebbe andare distrutto, senza alcun rischio di privazione umana. Al contrario, dato che larga parte di questa conoscenza è fonte di rischio e minaccia per la vita umana (Bhopal, Cernobyl, Sandoz), la sua fine migliorerebbe le possibilità di benessere umano;
2.
le implicazioni politiche del sapere dominante non garantiscono né l'eguaglianza né la giustizia. Esso rompe la coesione delle comunità locali e divide le società tra quelle che hanno accesso al sapere e al potere, e quelle che non ce l''anno;
3.
essendo sostanzialmente frammentato e destinato all'obsolescenza, il sapere dominante separa la saggezza dal sapere, e fa a meno della prima;
4.
è un sapere intrinsecamente colonizzante e mistificatorio, e cela la colonizzazione sotto la mistificazione;
5.
rifugge dalla concretezza, svalutando i saperi concreti e locali;
6.
impedisce l'ingresso e la partecipazione a una pluralità di soggetti;
7.
trascura moltissimi percorsi per conoscere la natura e l'universo: è una monocoltura della mente.
Gli accordi internazionali stanno permettendo a varie multinazionali di brevettare ed avere accesso esclusivo a piante, semi ed altre risorse naturali che nel corso della storia dell’uomo non sono mai state considerate proprietà personale di nessuno.
Quello che Vandana Shiva tenta di fare è opporsi a questi che chiama nuovi colonialisti, che brevettando ciò che è in realtà patrimonio di tutti, impoveriscono ancora di più coloro che vivono di quello che la terra offre loro sia per curarsi che per sfamarsi e che fino adesso hanno sempre raccolto liberamente.
Dice la Shiva:”Nessuno deve pagare un prezzo per i doni della natura”. Ciò contro cui, infatti, combatte è: la cupidigia delle corporazioni che pur di arricchirsi sono disponibili a “rubare le ultime risorse dei più poveri contribuendo in questo modo al decadimento della società e ai conseguenti incontrollabili conflitti sociali che ne conseguirebbero”.
Vandana Shiva mette, inoltre, in guardia contro l’industrializzazione dell’ingegneria genetica e della biotecnologia avvertendo che più profondamente si manipolano le strutture viventi più si acquisisce il controllo sul cibo e sulle medicine e che questo processo , una volta innescato finisce per portare alla manipolazione genetica umana in un crescendo che nessuno sarà poi in grado di controllare.
Un altro degli argomenti che sta più a cuore alla scienziata è sicuramente il ruolo della donna, che rappresenta il fulcro dell’economia familiare indiana ed è custode dei metodi agricoli e dei riti ad essi collegati che, preservati da generazioni di donne, se si affermasse un ‘agricoltura chimica andrebbero persi come il patrimonio che rappresentano.
Ha detto
"Il tema della biodiversità mi sta particolarmente a cuore perché racchiude in sé sia il concetto filosofico del valore intrinseco di ogni specie, sia attività molto pratiche, come la creazione delle banche di semi".
"Alcuni ambientalisti credono che proteggere la biodiversità significhi andare contro le esigenze degli esseri umani, come se la protezione dell'ambiente fosse necessariamente contraria alla produzione.
Io credo al contrario che sia importante portare l'ecologia e la biodiversità nel cuore della produzione e non tenerle al di fuori. La vera questione che coinvolge tanto le persone quanto la natura, è che il controllo sui semi e sul materiale genetico è sempre più concentrato nelle mani di coloro che perseguono il profitto come unico interesse".
"In India l'agricoltura è da secoli la maggiore fonte di ricchezza. Ma è stata anche il terreno su cui si è giocata la penetrazione delle grandi corporazioni nell'economia del paese.
Con gravi danni non solo per l'economia, ma anche per la cultura tradizionale. La 'rivoluzione verde' non solo non ha migliorato la qualità della vita, come vorrebbero far credere le grandi multinazionali, ma ha portato il paese ad indebitarsi e a diventare dipendente dalle aziende chimiche."
"La strada da percorrere non è quella di arrestare il progresso o la tendenza verso la globalizzazione dei mercati. Il nostro movimento non deve essere solamente reattivo, ma deve essere capace di sviluppare un piano strategico da qui ai prossimi venti anni.
Un piano che sappia da un lato proteggere i diversi sistemi sostenibili di produzione - ovunque essi esistano - e dall'altro tenere conto delle esigenze che provengono dalla società industriale".