"Vorrei svolgere una introduzione di carattere generale. L’anno scorso la relazione di bilancio aveva il valore e il significato di una relazione di mandato. Quest’anno, voglio fare il punto delle cose fatte e soffermarmi su alcune caratteristiche di questo bilancio.
I conti del Comune
Siamo un Comune sano ed efficiente. E lo siamo diventati sempre di più in questi anni.
Agli inizi degli anni ’90 i trasferimenti statali coprivano il 70% della nostra spesa, quest’anno arrivano appena al 29%.
Ci sono tre dati importanti. La valutazione che gli istituti internazionali fanno del nostro bilancio è positiva e non a caso Moody’s ci ha assegnato un Aa2. Tradotto vuol dire: economia diversificata e dinamica, stabilità politica, capacità di controllo della spesa. In secondo luogo abbiamo dimostrato di saper risparmiare e di essere virtuosi. Siamo riusciti a centrare l’obiettivo dello 0,3% di contenimento della spesa complessiva indicato dalla Finanziaria 2000. Il rispetto del patto di stabilità non ha valore solo sul piano delle politiche amministrative, come capacità di contenimento della spesa, ma incide sul nostro bilancio.
La nostra “virtuosità” equivale a 2 miliardi e 800 milioni di risparmio sugli oneri dovuti alla Cassa Depositi e Prestiti. In terzo luogo, nonostante l’aumento di 12 miliardi di spesa per l’applicazione del contratto nazionale del personale degli enti locali, negli ultimi due anni siamo riusciti a ridurre l’incidenza dei costi del personale sul budget complessivo dal 40 al 37%. Strada che vogliamo continuare a percorrere per portare il nostro Comune in linea con gli standard europei.
Anche le utenze sono diminuite, in particolare quelle telefoniche, mentre per le restanti non abbiamo avuto aumento di costi.
Questo non significa che le spese non siano aumentate.
Voglio ripeterlo: questa amministrazione ha compiuto una scelta di carattere politico.
Siamo un Comune che privilegia la spesa sociale e quella per la vivibilità della città.
Ma c’è un’altra caratteristica fondamentale del nostro bilancio, che qualifica e indirizza in una direzione ben determinata la nostra attività di governo: il 61,5% della parte cosiddetta non rigida delle spese del bilancio, è dedicato al welfare, vale a dire alla spesa sociale.
Assistenza ad anziani, minori e immigrati; impegno per la scuola e attenzione ai temi della casa rappresentano, quindi, la maggior parte della nostra spesa.
A questo impegno seguono, per importanza e per quote di investimenti, quello per l’ambiente, per il traffico e per la sicurezza, che rappresentano la seconda grande componente del nostro bilancio.
Firenze solidale: il cuore della strategia di questo bilancio
Tutto ciò significa che non ci troviamo di fronte a un conto economico di emergenza, fatto di tagli smisurati, di “stangate”, di tartassamento fiscale, ma di un bilancio che prevede il consolidamento e l’espansione di investimenti nel sociale, la razionalizzazione della spesa e delle risorse, l’assestamento delle spese, con il contributo attivo di tutta la città.
Vorrei sottolineare questo aspetto: tutti i fiorentini, sia i cittadini residenti sia chi comunque opera e lavora in città (e, perciò, la “usa”), contribuiscono, ognuno per parte sua, a realizzare un progetto civico complessivo, fatto di nuovi servizi ai bambini, di assistenza agli anziani, di un’opportunità a chi viene a Firenze da lontano e vuole, onestamente, integrarsi e diventare cittadino. Di questo si tratta, non di “tappare i buchi” di una finanza comunale in crisi. E’ una scelta, si può essere d’accordo o no, ma è una scelta.
Certamente, però, non possiamo prescindere dalla situazione generale in cui versano la fiscalità e la finanza locale.
Non siamo affatto l’unico comune italiano (purtroppo, vorrei dire) ad avere avuto difficoltà a chiudere il bilancio 2001. Questo è un problema generale e ritengo necessario che il Consiglio Comunale e tutti i consiglieri ne siano consapevoli.
I problemi sono sia di natura congiunturale che strutturale.
Abbiamo bisogno di entrate certe, come sottolineato anche dalla relazione dei sindaci revisori (positiva, in questo senso, la prospettiva della compartecipazione ad un grande tributo erariale – l’Irpef all’1% – dal 2002), altrimenti la finanza degli enti locali è destinata al collasso.
Sta qui tutta l’importanza del “federalismo fiscale”, la cui attuazione, tuttavia, non sarà né semplice né priva di difficoltà, nel quadro della più generale riforma costituzionale dell’ordinamento dello Stato, recentemente approvata.
Sul piano congiunturale, il problema è che la Finanziaria 2001 segna soltanto una parziale inversione di tendenza, peraltro insufficiente, sul capitolo dei trasferimenti agli enti locali. Certamente, si tratta di una manovra importante, che riduce il carico fiscale sul paese e introduce non pochi benefici per le famiglie e le imprese (fra il 2000 e il 2001 si è redistribuito un "surplus" fiscale pari a circa 41mila mld).
Ma si potevano fare scelte più coraggiose per avviare un nuovo ciclo di equilibrio della finanza locale, alla vigilia della riforma federalista. Si poteva evitare che, in un contesto caratterizzato da forti sgravi, gli enti locali fossero invece costretti ad aumentare l’imposizione per far fronte ai nuovi bisogni e alle nuove domande dei cittadini, nonché per affrontare le inedite problematiche del nostro tempo (immigrazione, aumento della popolazione anziana, sicurezza, investimenti in infrastrutture, ecc.).
Ci troviamo di fronte a un paradosso: aumentano i compiti per il Comune ma diminuiscono le risorse certe.
L’esenzione dell’Irpef per i redditi più bassi, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, e la progressiva rimodulazione degli scaglioni, vanno benissimo perché realizzano un effettivo alleggerimento. Ma si poteva redistribuire sugli enti locali, per esempio, il finanziamento (pari a circa 600-700 miliardi) della abolizione totale dell’Irpef sulla prima casa.
Va comunque detto, con chiarezza, che le addizionali o l’aumento di alcune imposizioni a livello locale sono ben lontane dall’annullare gli effetti degli sgravi previsti dalla Finanziaria e che, in ogni caso, la pressione fiscale complessivamente diminuirà.
Il problema è che, a livello locale, occorre assicurare, anzi aumentare i servizi offerti dai comuni, in un quadro di risorse incerte e in costante diminuzione. Presentare, quindi, le manovre fiscali locali come pura volontà vessatoria nei confronti dei cittadini, è semplicemente ridicolo e poco rispettoso del ruolo di governo di tutti i Comuni italiani. Nel nostro caso, l’addizionale Irpef allo 0,1%, cioè il minimo, vuol dire dalle 24 alle 30 mila lire l’anno (meno di cento lire al giorno) per una famiglia media.
E ricordiamolo: vuol dire nessun aumento di tasse per i pensionati con un reddito minino, sotto i 12 milioni.
Vorrei ricordare anche che un lavoratore che ha ventotto milioni di reddito, nel 1999 pagava tre milioni e mezzo di tasse l’anno; nel 2001 ne pagherà due milioni e 379mila. Ciò vuol dire che gli sgravi fiscali ottenuti in questi anni consentono un risparmio di ben un milione e 121mila.
L’aumento del canone per il suolo pubblico (Cosap), con la rimodulazione definita nei giorni scorsi e, infine, la decisione di non aumentare tariffe e Ici, illustrano il tipo di manovra che abbiamo deciso.
Certo, qualcuno ha storto il naso. Altri hanno addirittura gridato sotto questo palazzo (continuo a pensare che non si tratti di una maggioranza, bensì di una minoranza della città). L’esborso chiesto non solo è contenuto, ma è soprattutto un contributo spalmato in modo equilibrato sulla collettività, che finanzia l’espansione dei servizi sociali di questi ultimi due anni.
Mi riferisco, per esempio, ai circa 15 miliardi in più spesi nel 2000 e previsti per il 2001 fra minori, anziani, asili nido e scuole.
Due esempi valgono per tutti: abbiamo scelto di spendere qualcosa di più per le mense scolastiche, perché abbiamo preferito preparare noi i pasti (anche con cibo biologico), piuttosto che affidarci esclusivamente al mercato. Abbiamo inoltre una popolazione che invecchia sempre più. Per favorire l’assistenza, non solo abbiamo inaugurato due nuove residenze per gli anziani, ma abbiamo potenziato (quasi mezzo miliardo in più) l’assistenza domiciliare e i servizi alternativi al ricovero.
O ancora: sono nati quasi mille bambini in più a Firenze. Abbiamo recentemente inaugurato un nuovo asilo e un altro sarà avviato a settembre. Sabato scorso sono stato in piazza Elia dalla Costa per tagliare il nastro del nuovo centro polivalente Il Porto. Una struttura che è costata 580 milioni. Queste sono le nostre spese. Per garantire questi servizi abbiamo incrementato gli impegni nel nostro bilancio. Naturalmente, è anche necessario verificare in maniera costante e continuativa la qualità e la quantità di questi servizi, evitando ogni forma di spreco, di duplicazione o di sovrapposizione ed è per questo che stiamo predisponendo un vero e proprio “piano dei servizi” del Comune.
Ma si tratta di una operazione ben diversa da quella dei puri e semplici “tagli”, effettuati sulla base di un mero calcolo contabile. Detto questo vorrei aggiungere alcune considerazioni. Qualcuno ci ha accusato di sentire un po’ troppo i sindacati e troppo poco le categorie economiche. Qualche altro ha parlato di ritardi nelle privatizzazioni. Altri ancora di un Comune che colpisce sempre “i soliti”. Partiamo dal primo punto. Noi abbiamo ascoltato e incontrato tutti. Abbiamo dialogato con i sindacati e i rappresentanti delle categorie.
Abbiamo discusso dell’addizionale e ci siamo confrontati sul canone Cosap. Il dialogo ha dato dei risultati, solo chi pensava che concertare volesse dire impedire al Comune e alla giunta di decidere e di impostare le linee della città del futuro è rimasto deluso. Io credo che ci si debba sentire parte di un percorso, di un processo di trasformazione della nostra città. E poi, sulla propensione a tassare. Ci sono comuni, guidati da amministrazioni di colore diverso dalla nostra, che hanno l’addizionale allo 0,4% e più.
Delle privatizzazioni parlerò dopo. Ma a chi dice che siamo in ritardo, un piccolo appunto: questa amministrazione ha impiegato meno di un anno ad avviare la dismissione della maggioranza delle quote dell’Afam. In altre realtà, se ne è discusso per anni e ancora non siamo alla conclusione. Infine, sul colpire sempre “i soliti”. Non ho intenzione di aprire vecchie polemiche. La nostra città non può offrire servizi solo per i suoi 380 mila abitanti, ma deve coprire le esigenze imposte dalla presenza di migliaia di pendolari e di turisti.
L’anno scorso ho proposto un contributo per i turisti. Ho lanciato l’idea di creare un fondo ad hoc per rendere Firenze più pulita e più curata. Continuo a non capire la reazione negativa che vi fu a quella idea. E francamente spero che si possa riparlarne.
La città vivibile. Ambiente, traffico, sicurezza
Nella relazione di bilancio dello scorso anno avevo indicato quelle che erano le scelte di mandato: una città sicura; i servizi sociali, l'istruzione e la casa; il traffico e l’ambiente e, infine, la riforma del Comune.
Quelle che l’anno scorso erano scelte impostate, nel corso di quest’anno sono diventate atti concreti.
Non citerò tutto ciò che è stato realizzato, ma alcuni appunti su ogni singolo tema per dare il quadro.
La città sicura è diventata un cantiere di lavoro costante. Il numero antitruffa, l’assicurazione per gli anziani, l’accompagnamento a prendere la pensione o al bancomat, le colonnine sos, il debellamento della banda di nomadi che obbligava i bambini a rubare, l’assistenza alla vittime di reato, gli interventi alle Cascine, sono i tanti capitoli dell’attività innovativa che l’amministrazione sta svolgendo.
Senza dimenticare il grande impegno della polizia municipale nella lotta all’abusivismo commerciale.
Servizi sociali, istruzione e casa, sono i capitoli su cui si è fatto molto. Tantissimo direi.
Partiamo dagli anziani, citando le due nuove Residenze Sanitarie a Montedomini, per un totale di 120 posti letto; le convenzioni per la gestione dei 5 Centri diurni, sia per autosufficienti sia per non autosufficienti (Airone, 35 posti, gestito direttamente dal Comune con un costo annuale circa 600 milioni; Demidoff, Viale Canova, Gignoro e, infine Stella del Colle, specifico per i malati di Alzheimer); senza dimenticare il potenziamento dell’assistenza domiciliare, l’estate anziani e la teleassistenza.
Per i bambini il programma è stato un succedersi di realizzazioni. Voglio citare, primo fra tutti, il centro sicuro per i minori. Poi voglio ricordare Fantaghirò, l’asilo appena presentato e tra settembre e ottobre inaugureremo un altro nido. Con quello di settembre sarà il quinto nuovo asilo aperto da quando sono sindaco. Inoltre l’assessorato sta continuando a lavorare sui centri di alfabetizzazione, e abbiamo appena aperto la ludoteca nell’Educatorio del Fuligno. Sono solo alcuni esempi, ma indicano i progetti di mandato che diventano realtà.
Mi sembra particolarmente importante, in questa relazione, fare un riferimento specifico al rapporto tra welfare e sanità. Un problema che riguarda la normativa nazionale, anche se il decreto Bindi offre uno spazio ai Comuni nelle conferenze per la gestione della sanità locale. Tuttavia occorre per i Comuni un maggior coinvolgimento. Non possiamo pensare, inoltre, che la presenza di Careggi sia un corpo estraneo per la nostra città.
E il coinvolgimento del Comune non può avvenire solo per gli obblighi funzionali, penso ai parcheggi e al traffico. Temi su cui siamo pienamente impegnati, come dimostra il nuovo parcheggio in fase di realizzazione proprio a Careggi.
Per questo ritengo che sia necessario dar vita a un patto tra Regione, Comune, Università per il riordino della sanità fiorentina.
Occorrerà, in particolare, verificare in termini di area vasta i progetti finalizzati al raggiungimento di alcuni obiettivi prioritari: la riduzione delle liste di attesa, la sinergia fra gli ospedali per garantire prestazioni qualificate e integrate con quelle di Careggi, l’accentuazione del programma di ospedalizzazione e, infine, lo sviluppo della rete distrettuale.
Capitolo fondamentale quello del traffico, della residenza, dell’ambiente.
Partirei dal secondo punto, la residenza. Tutelare la residenza vuol dire rendere la città più vivibile. E il luogo di maggior sofferenza non è solo il centro storico, ma anche le periferie.
Due esempi per tutti. Il controllo degli accessi e la chiusura della Ztl fino alle 19,30, nonché la proposta del controllo della sosta notturna. E poi i parcheggi. Due sono già i cantieri aperti: quello di piazza Ghiberti e quello di piazza Savonarola.
Il nostro obiettivo è semplice. Rendere il centro storico più vivibile: sia di giorno, sia di notte, migliorando la qualità della vita di chi ci abita e allo stesso tempo salvaguardando le attività economiche di chi ci lavora.
Il progetto che stiamo preparando vuole mettere delle regole anche nelle ore notturne, quando il cuore di Firenze diventa terra di nessuno, aggredito dal traffico in modo selvaggio e caotico. Ma è l’intera attività sul traffico che ha avuto un forte impulso e sta iniziando a dare risultati. Vorrei ricordare la scelta di circa 20 miliardi di investimenti per migliorare la sicurezza delle nostre strade e che i primi dati sulla qualità dell’aria, cui sta lavorando l’Università, ci dicono che la nostra battaglia contro l’inquinamento sta cominciando a dare frutti e che la qualità dell’aria della nostra città è complessivamente migliorata.
La qualità dell’aria non è l’unico fronte aperto per quanto riguarda l’inquinamento: penso al problema delle polveri e a quello del rumore.
Detto questo, voglio sottolineare che l’impegno per migliorare la qualità ambientale della nostra città sta avendo nuovo impulso.
Un piccolo esempio: gli alberi. Sono circa mille quelli che abbiamo in programma di piantare. E saranno alle Cascine, sui viali e nelle strade grazie al progetto “sTREEt”.
Una piccola parentesi vorrei dedicarla per l’Oltrarno.
Questo quartiere sta vivendo una profonda trasformazione, che è in primo luogo sociale e di tessuto. Penso che l’amministrazione si debba impegnare in un vero e proprio progetto Oltrarno, capace di contenere sia gli aspetti di intervento sulla viabilità e parcheggio, sia quelli che favoriscano la residenza e lo sviluppo di attività compatibili con il tessuto storico del quartiere.
Ma città che migliora vuol dire anche recupero delle periferie e non posso non ricordare il via al mega intervento sulle Piagge, con oltre cento miliardi di investimenti.
A chiusura di questo excursus, la tanto famigerata macchina comunale.
Anche qui non si è segnato il passo, anzi, il contrario.
Prosegue il processo di riorganizzazione. La più grande operazione in atto riguarda la formazione per tutti i dipendenti, progettata e finalizzata allo scopo di introdurre tecniche e modalità di lavoro per avere una pubblica amministrazione orientata al prodotto e all’efficienza.
Su questo processo di riorganizzazione si innesta il recente via libera alla risoluzione consensuale del rapporto per i dirigenti, che produrrà una ulteriore valorizzazione della dirigenza e un accrescimento delle responsabilità dei funzionari con il nuovo ruolo delle posizioni organizzative.
Si darà impulso ad una riorganizzazione che, riguardo ai rapporti con i cittadini, lavorerà per concentrare i front office, secondo il criterio degli “sportelli unici”.
Voglio sottolineare il lavoro che stiamo svolgendo per realizzare su base metropolitana un’industria dei servizi (acqua, rifiuti, energia, telecomunicazioni), rinnovata ed efficiente.
L’area metropolitana è la dimensione chiave per lo sviluppo di Firenze e della Toscana, come per la crescita dei nostri servizi rimane essenziale il ruolo che le istituzioni locali possono svolgere anche in presenza di privati.
Punto importante, in questo anno, è stato l’avvio del processo di affidamento della gestione del ciclo delle acque alla nuova società decisa dall’Ato. Insieme agli altri sindaci dell’ambito ottimale abbiamo deciso di affidare il servizio direttamente a Publiacqua, di realizzare una delibera tipo uguale per tutte le amministrazioni per avere una maggiore omogeneità. Infine, come ribadito anche ai rappresentati sindacali, il Comune si è impegnato a offrire garanzie occupazionali e professionali ai lavoratori che passeranno a Publiacqua.
Vorrei ricordare anche che stiamo definendo le scelte per la Centrale del Latte. I punti essenziali sono tre: la realizzazione del nuovo stabilimento alla Mercafir; l’avvio del piano di dismissione progressiva e congiunta delle quote azionarie, insieme ai Comuni di Livorno e Pistoia entro l’anno; la scelta di una privatizzazione che non sia puramente finanziaria ma che, invece, consenta l’ingresso di privati per valorizzare l’esperienza storica della Centrale del Latte adeguandola alla fase attuale.
Privati in grado di proporre un piano industriale che salvaguardi la filiera produttiva della nostra regione.
Infine, l’aeroporto di Firenze. Dopo l’esperienza positiva della quotazione in borsa, dovremo accelerare (entro l’autunno) l’ulteriore dismissione di quote insieme ai soci pubblici (Comune di Prato e Camera di Commercio di Firenze e Prato).
Firenze si muove: cantieri, privatizzazioni, comunicazione
La città si sta muovendo. Ciascuno di noi deve essere consapevole che l’immagine da trasmettere è quella di una città in movimento.
I cantieri delle grandi opere sono lì a dimostrare a tutti noi che è iniziata una nuova fase: quella in cui si passa dai progetti alla realizzazione, ma anche quella in cui non mancheranno disagi per preparare il nuovo volto vivibile e più bello di Firenze.
Piazza Vittorio Veneto, le Rampe del Romito, Piazza Castellani sono solo i primi segni tangibili del processo di ammodernamento che vivrà la città.
Ma il muoversi di Firenze non si limita alle grandi opere. Il nuovo arriva anche sul fronte dell’economia.
Se art valley comincia a ipotizzare il futuro di Firenze nel rapporto tra new economy e tradizione culturale della città, le dismissioni sono lì a ricordarci che, dopo tanti anni di discussione, siamo arrivati alla fase di realizzazione. L’Afam e l’aeroporto sono solo i primi atti di un processo che deve vedere l’amministrazione pubblica sempre di più regolatrice dei servizi e nel Comune un ‘indirizzatore strategico’, anziché un gestore. In questo modo non veniamo meno né ai compiti istituzionali, né alle nostre convinzioni programmatiche.
Il processo di ammodernamento della città deve essere anche un percorso democratico e partecipato. Fondamentale è quindi il potenziamento della comunicazione.
La rivista un anno di governo, la video-chat line, le news letter, le trasmissioni televisive e la cartolina radio, il sito internet, il numero verde, il mailing telefonico per informare i cittadini sui lavori, sono i titoli del nuovo sistema di informazione che stiamo realizzando.
Un potenziamento dovuto (sancito anche dalla nuova legge 150/2000) e che vuole rendere sempre più informati i fiorentini su che cosa stiamo facendo.
Negli scorsi giorni, inoltre, abbiamo incontrato le società che realizzano i lavori in città per definire un grande programma di informazione dei cittadini su Firenze che cambia.
Una campagna che deve informare su come sarà la nostra città del futuro e, al contempo, deve essere in grado di offrire informazioni aggiornate in tempo reale sui lavori e sui loro effetti sul traffico e su Firenze.
Firenze guarda il futuro: piano strategico
L’anno scorso, proprio nella relazione di bilancio, ho parlato della necessità di elaborare un “piano strategico” per Firenze, sul modello di altre città italiane ed europee.
Il punto centrale è l’esigenza di definire le caratteristiche e le scelte di ampio respiro. Di iniziare a pensare come dovrà essere la Firenze dei prossimi anni, all’interno della nuova Europa e della globalizzazione. Per questo ritengo positive le iniziative svolte da alcune associazioni come, ad esempio, la visita ad altre città europee.
In questa città ci sono momenti di confronto anche teso, ma resto convinto della necessità di cooperazione tra i vari soggetti che svolgono un ruolo economico e sociale per individuare gli obiettivi strategici comuni.
Oggi il segreto dello sviluppo delle città è programmare il futuro e su questo terreno mi sembra particolarmente importante il coinvolgimento del ruolo dell’Università, per creare nuove condizioni di crescita di Firenze e per fare della nostra città un incubatore dello sviluppo della nuova economia. Saper allargare il sistema di governo locale e acquisire la consapevolezza estesa delle esigenze, delle opportunità, dei punti di forza e debolezza della città e della sua area è essenziale.
Fondamentale, in questo senso, è il ruolo di Firenze come “capitale della Toscana” e perciò stiamo lavorando con la Regione e la Provincia ad un protocollo di intesa sulle scelte strategiche, che dovrà essere discusso solennemente in una apposita seduta del Consiglio regionale. Dobbiamo aver chiaro che il governo delle scelte per il futuro non riguarda e non coinvolge solo chi amministra, ma tutta la realtà locale, nelle sue diverse diramazioni e componenti: economiche, sociali e culturali.
Per questo è iniziato un confronto che ha coinvolto in primo luogo le rappresentanze sindacali e le categorie economiche, nonché la Camera di Commercio e l’Università e si è dato vita a un comitato promotore per un piano strategico della città. Comitato che ha affidato a un gruppo scientifico il compito di elaborare un primo rapporto su Firenze, che dovrà disegnare il ruolo della nostra città nella competizione internazionale e nelle reti; dovrà individuare l’immagine che si ha di Firenze all’estero e saper realizzare una fotografia dello stato della città, evidenziando le dinamiche demografiche, quelle del lavoro e quelle immigratorie, nonché quelle della residenza, del pendolarismo e della qualità urbana.
La sintesi di questo lavoro dovrà consentire a tutta la città di discutere di se stessa, di individuare i punti di forza e debolezza, di fare il punto sugli orientamenti e le scelte dei vari attori economici locali e dovrà anche individuare le linee di intervento e le priorità, nonché gli strumenti istituzionali per favorire la cooperazione e la pianificazione strategica.
Il lavoro è impostato e avviato. La sua dimensione diventerà, ovviamente metropolitana, e dovrà trovare forme di incontro e confronto con tutta la città.
E in questo ambito fondamentale sarà il ruolo che dovrà svolgere il Consiglio Comunale nella sua prerogativa di centro delle scelte politiche e strategiche per la città.
Conclusione
Vorrei concludere la relazione ricordando quanto detto lo scorso anno: l’idea che ispira la nostra iniziativa è quella di un “Comune-comunità urbana”, di una città che, pur percorsa da problemi e contraddizioni, si presenta e si sente unita e cooperativa.
Una città che non si fa attanagliare dalla paura per il futuro.
Paura che produce sempre una reazione negativa.
Un modello di città che, più che dalle pietre e dalle infrastrutture, deve nascere dagli uomini e dalle donne, dagli anziani e, soprattutto, dai giovani. Un modello basato sulle relazioni umane e sociali, sui rapporti che arricchiscono i cittadini.
Pur nella complessità delle scelte dobbiamo avere la voglia di trasmettere un messaggio di fiducia e di ottimismo, che è la componente essenziale per affrontare le sfide".