Nell’ambito della collaborazione tra il Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze, l’appuntamento con i grandi nomi della fotografia internazionale è dedicato quest’anno al grande maestro della fotografia, il Barone Wilhelm von Gloeden, attivo in Italia dal 1878 fino alla sua morte, avvenuta a Taormina nel 1931.
La Sala d’Arme di Palazzo Vecchio ospiterà in anteprima mondiale, dal 2 Dicembre 2000 al 4 Febbraio 2001, la grande mostra antologica ”VON GLOEDEN, fotografie” curata da Charles-Henri Favrod e Monica Maffioli.
Giunto in Italia per motivi di salute, von Gloeden si dedicò alla fotografia, dando prova fin dall’inizio della sua grande capacità artistica, incoraggiato e apprezzato dal pittore Francesco Paolo Michetti, presso il quale fu ospite a Francavilla per un periodo di tempo, a contatto dell’ambiente culturale che si riuniva intorno alla figura del maestro e conoscendo personaggi come Gabriele D’Annunzio e Costantino Barbella.
Nel 1893 ebbe il suo primo riconoscimento ufficiale come fotografo vincendo una medaglia all’esposizione della Photographic Society di Londra.
Il lavoro fotografico di von Gloeden si incentra nella rappresentazione di composizioni di gusto classicista, dove la presenza di nudi maschili rimanda alla conoscenza di una cultura Winkelmaniana delle ‘regole del bello’ e delle formule artistiche di gusto arcadico e mitologico.
Poesia, luce e bellezza sono, attraverso il mezzo fotografico, idealizzati nell’immagine costruita da von Gloeden come richiamo ad un mitizzato purismo classicista: i suoi modelli di giovani nudi trovano il loro corrispettivo nella scultura greco-romana.
Egli ricerca con l’obiettivo fotografico un rigore estetico pronto ad esaltare la semplicità e la purezza delle linee del corpo nello spazio che lo circonda. Il metafisico silenzio degli sguardi di quei giovani, delle modelle ritratte, fanciulle e anziane, colti nell’abbagliante luce dei paesaggi siciliani, non trova corrispondenti nella cultura fotografica pittorialista dell’epoca. Viceversa, il lavoro fotografico di von Gloeden, così come scrisse Roland Barthes nel 1978, “è sorprendente, le sue ingenuità sono grandiose come prodezze”.
Dopo la morte dell’artista tedesco, l’attività commerciale dell’archivio proseguì grazie al suo ‘fedele’ assistente, il taorminese Pancrazio Bucini, il quale, nel 1936 fu arrestato dalla polizia fascista per detenzione di ‘fotografie pornografiche’.
In seguito al processo, gran parte dei negativi venne distrutta e l’archivio fu smembrato. Alinari ha recentemente acquisito –evitandone la dispersione- oltre 2000 fotografie, il più grande corpus di negativi e vintage prints del grande artista esistente al mondo. La mostra presenterà al pubblico oltre 200 stampe fotografiche originali ‘vintage prints’ dell’autore e alcuni negativi su lastra originali, immagini per lo più inedite, provenienti in gran parte dalle collezioni del Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, che consentiranno di ripercorrere l’attività del fotografo con una completa panoramica della sua ricerca artistica.
L’esposizione sarà divisa in sei sezioni corrispondenti ai principali generi fotografici e di ricerca sviluppati dall’artista: Il paesaggio nella tradizione del Romanticismo - Il ritratto classico - Il ritratto orientale - Il ritratto antropologico – Il mascheramento - Il nudo - La scena di genere.
I materiali fotografici presenti in mostra consentiranno di valutare non solo la raffinata elaborazione creativa ed estetica dell’autore, ma il processo e la qualità delle tecniche adottate, mostrando per la prima volta al pubblico alcuni negativi originali su lastra dei vari formati utilizzati dal fotografo, il suo apparecchio fotografico di grande formato, ma soprattutto i diversi tipi di procedimenti di stampa delle immagini.
In alcuni emblematici casi, saranno infatti messe a confronto più stampe fotografiche originali dello stesso soggetto, ciascuna caratterizzata da un differente tipo di carta o di viraggio, permettendo così di riconoscere uno degli aspetti più significativi dell’elaborazione concettuale dello stesso fotografo: l’atto che rende la fotografia ‘unica’, attraverso il processo manuale di stampa, creando dunque il ‘vintage print’, opera d’arte, dove la scelta dei toni del viraggio, del tipo di carta, dei ritocchi pittorici, segnano inequivocabilmente la sua irripetibile unicità ed il suo più alto livello artistico.