Il Centro di Promozione Teatro della Pergola, da martedì 22 a domenica 27 febbraio, presenta una produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d'Europa, "Giorni felici" di Samuel Beckett, traduzione Carlo Fruttero, con Giulia Lazzarini ed Elio Veller, scene Ezio Frigerio, costumi Luisa Spinatelli, musiche Fiorenzo Carpi, regia Giorgio Strehler ripresa da Carlo Battistoni.
Fedele al suo progetto di dar vita a un teatro di repertorio, il Piccolo ha in cartellone per il 2000 la ripresa di Giorni felici di Beckett che Strehler mise in scena nell''82.
Primo e unico Beckett di Strehler, lo spettacolo vedrà in scena, come allora, Giulia Lazzarini nella parte di Winnie. Scritto da Beckett nel 1961, Giorni felici (Oh les beaux jours!) ha per protagonista una donna sulla cinquantina che se ne sta sepolta - prima fino alla vita, poi fino al collo - nella sabbia di un imprecisato deserto e chiacchiera ininterrottamente. Winnie parla di sé e del marito - Willie, anche lui mezzosepolto in una buca e assorto nella lettura del giornale - cita i classici, inventa massime, si concede qualche volgarità.
Mentre parla estrae dalla sua borsa alcuni oggetti. Sono le piccole cose di tutti i giorni: uno spazzolino da denti, un rossetto, la boccetta di un medicinale, una lima per unghie… Gli oggetti sono il solo collegamento con la vita, il solo ponte con la realtà. L'apparizione di una formica, unico essere vivente oltre a lei e a Willie, la sorprende e la terrorizza. Nel suo fiume di parole la donna manifesta la consapevolezza dell'enorme solitudine nella quale sta, anche visivamente, sprofondando: "verrà un giorno in cui dovrò imparare a parlare da sola", dice.
Ma verrà anche il momento in cui saranno le parole stesse a mancare e il Nulla sarà l'unico protagonista.
"I grandi pessimisti amano profondamente la vita - Ettore Gaipa negli appunti presi durante le prove dello spettacolo -. Come l'amava Leopardi, come l'amava Shopenahuer. Come la ginestra ama la terra brulla cui è abbarbicata.Winnie come ginestra. La grandezza e l'umanità di Beckett - e Strehler ne coglie l'autentica essenza - non sono nel negare la vita e l'uomo ma nella persistenza dell'appello a non lasciarsi distruggere.
Una volta creato, l'uomo non può essere annientato".
Scriveva Giorgio Strehler presentando la regia:
"Giulia o della semplicità. Giulia o della misura , della grazia. Giulia o della felicità. Di tutte queste parole che mi vengono alla penna per definire un'attrice che amo e che è stata la compagna fedele del mio lavoro per molti anni, l'ultima, "la facilità" , è la più giusta per il pubblico, la più esatta per Giulia Lazzarini. Perché per Giulia niente è facile, tutto il teatro, tutto ciò che fa sulla scena le appare difficile, problematico.
Tutto le costa una grande fatica interiore. Tutto costa il prezzo di una lotta con se stesa e le cose. Ma alla fine, sempre, il risultato appare "il più facile" ed ha il peso della profondità sotto l'aspetto della leggerezza e della felicità dell'invenzione.
Giulia appartiene a quei rari "talenti naturali" nati così, non si sa perché, che salgono su un palco di teatro, cominciane a recitare e sanno già tutto della teatralità. Sono nati per "recitare ". Recitano sempre e da sempre bene.
Ricordo Giulia la prima volta che l'ho incontrata in un teatrino dove facevo delle "audizioni" (un rito infame), purtuttavia l'unico possibile per "conoscere qualcosa di un giovane attore o di un tentativo di attore". Giulia recitò allora una scena di "Piccola città", il monologo di una ragazza che rivede, morta, la vita di tutti i giorni della sua famiglia e della sua infanzia. Recitò come oggi. La stessa chiarezza, la stessa dolcezza, la stessa semplicità. Mancava, come dire?, soltanto la "profondità" di oggi, lo spessore di oggi, cioè l'esperienza della vita che passa sopra di noi ed anche sopra e dentro di lei.
Ecco, il cammino di Giulia è stato questo, il più difficile e segreto, quello di recitare più profondo e più giusto con motivazioni più profonde.
Giulia ed io abbiamo fatto molto teatro insieme. Mai una volta ci siamo delusi, mai una volta lei è mancata a se stessa. Questa attrice straordinaria e forse non capita dal teatro italiano e valutata come si deve, è stata sempre se stessa ed un'altra, cioè il personaggio che doveva interpretare con sottile ma fondamentali differenze ed accenti.
Alcuni fondamentali gesti poetici e sociali (il "gestus" brechtiano che Giulia conosce bene).
Penso in questo momento ad una spalla tenuta più alta dell'altra, ad una camminata rigida e quasi violenta che davano, con un brivido, il senso del tempo passato e della solitudine acre di Virginia anziana del Galileo, contrapposta alla leggerezza dell'entrata di Virginia con il cannocchiale a Venezia nella giovinezza. Penso ad un terribile gioco di marionette fatto per il padre, giovane sfiorita, ne "L'Egoista" di Bertolazzi. E via via, fino all'Ariel di oggi che rappresenta, per ora, la somma della sua arte fantasiosa e umana, viva e vera, astratta e realistica, impegnata sempre nella vita.
Ho detto per ora, perché Giulia non si ferma. "Pare" che stia ferma da sempre, come quel primo giorno, ma non è così. Solo che il suo movimento avviene dal di dentro, misteriosamente, pudicamente. Poche attrici (e in genere solo le vere) hanno questa misura del pudore, della riservatezza e del silenzio che Giulia ha. Anche per questo Giulia Lazzerini è attrice ed essere umano da amare. Dovrei dire a questo punto: "Giulia, o della discrezione". Discrezione però tenace, che colpisce a fondo, che staglia con punta di diamante il carattere e il senso delle cose, quello che scopre nel quotidiano l'imprevedibile e nell'imprevedibile il quotidiano.
Proprio come il vecchio Brecht voleva che fosse.
Allora: Giulia o di un modo "vero" di recitare la dialettica della vita. Un qualcosa che partendo da Stanislawskj, tocca Brecht per far diventare il carattere e la verità della vita qualcosa che ha a che fare continuamente con la storia in movimento per cambiare il mondo".
Orario spettacoli: da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 15.45.