E' in rete nel sito dell'univeristà un rapporto statistico sui laureati dell'Ateneo, curato da Giacomo Bulgarelli sotto la direzione e supervisione scientifica di Bruno Chiandotto.
Il rapporto prende in esame le principali caratteristiche dei 1150 laureati che hanno concluso gli studi nel periodo giugno - luglio 1997 presso l'Università degli studi di Firenze. Si tratta di un collettivo che ha concluso gli studi nello stesso anno accademico, ma che proviene da storie, percorsi e orientamenti molto diversi, a prescindere dal momento in cui è iniziato il processo formativo (fra i laureati esaminati c'è chi ha concluso la carriera universitaria dopo 27 anni dall'immatricolazione).
Dall'analisi emergono aspetti interessanti delle caratteristiche dei laureati.
In primo luogo, la regolarità degli studi risulta molto bassa, poiché solo il 3,13% dei laureati riesce a laurearsi nella sessione estiva come studente in corso, anche se si hanno consistenti differenziazioni tra le facoltà e i differenti corsi di laurea. D'altra parte è noto che la differenza fra durata legale e durata effettiva degli studi è così diffusa e radicata da ritenere fisiologico un ritardo alla laurea contenuto entro i due anni, anche se in media tale divario tende a raddoppiare.
A Firenze solo il 12,17% dei laureati della sessione estiva ha concluso gli studi con un ritardo entro i due anni e neppure il 20% entro i tre anni. Tutto questo pone notevoli e numerosi interrogativi circa l'organizzazione dei corsi di laurea, il carico degli esami e l'efficacia della didattica, una corretta azione di informazione e di orientamento dei giovani e delle loro famiglie. Perché una cosa è sapere di dovere sostenere investimenti in istruzione per quattro anni, tutt'altra cosa è sapere di doverli prolungare per un tempo altrettanto lungo, per un titolo magari poco richiesto sul mercato del lavoro, da solo non sufficiente e quindi bisognoso di ulteriore acquisizione di titoli, e con scarso utilizzo nello svolgimento dell'attività lavorativa delle competenze acquisite.
Poco più di 3 laureati su 100 concludono gli studi in corso a fronte dei circa 60 su cento il cui iter formativo si è protratto almeno 4 anni oltre la durata legale. Tale situazione, decisamente critica, registra profonde differenziazioni nell'ambito delle varie facoltà e corsi di laurea. A Medicina e Chirurgia si laureano in corso 26 studenti su 100, mentre nessuno a Economia, Farmacia e Scienze Politiche. Adottando il metro di misura del tempo necessario a condurre a termine gli studi, si rileva che poco più di 48 laureati su 100 impiegano un tempo fino a 2 volte la durata legale del proprio corso di laurea; la parte restante (circa il 52%) impiega tempi superiori.
L'esame condotto per le singole facoltà evidenzia la situazione più critica ad Architettura, Economia, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Scienze della Formazione e Scienze Politiche, dove il tempo necessario per laureare almeno la metà dei laureati si dilata fino a raddoppiare (la media dell'indice di durata varia da 2,04 di Architettura a 2,31 di Scienze della Formazione); la maggiore regolarità di Medicina si traduce nel valore dell'indice di durata pari a 1,33 (valore medio uguale a 1,58).
Buona parte dei laureati maschi (il 46,38%) ha svolto il servizio di leva durante gli studi universitari ed altri (il 7,01%) lo stavano ancora svolgendo al momento della laurea, per cui si ha una dilatazione della durata degli studi per i maschi.
L'esperienza di studio all'estero, generalmente di durata limitata, riguarda il 23,65% dei laureati (assai meno fra quelli delle facoltà scientifiche) e non sembra essere determinante sulla riuscita finale degli studi. Oltre 1/3 dei laureati conclude la propria esperienza universitaria senza avere avuto alcuna esperienza lavorativa, nemmeno saltuaria. Mentre a Scienze Politiche solo il 23,53% risulta essere privo di qualsiasi esperienza lavorativa, la stessa condizione si verifica il 70,27% dei laureati di Medicina e Chirurgia: si tratta, quindi, di situazioni estremamente diverse che delineano figure di studenti e percorsi formativi nettamente distinti, da considerare attentamente, ad es.
nell'interpretazione dei risultati riguardanti la regolarità degli studi.
Per quanto riguarda la valutazione complessiva dell'esperienza universitaria, Oltre il 90% dei laureati considera almeno buona l'esperienza universitaria, un po' meno il rapporto con i docenti (circa l'80%), un po' di più il rapporto con gli altri studenti (95,33%). L'apprezzamento risulta più consistente da parte dei laureati in Ingegneria e minimo da parte dei laureati in Medicina e Chirurgia, e più positivo da parte dei laureati in tempi brevi e con voti alti.
Ma quasi 5 laureati su cento, se potessero tornare indietro, non si iscriverebbero più all'Università e altri 10 su cento sceglierebbero un diverso corso di laurea. Buona parte dei laureati (65,70%) dichiara di voler continuare gli studi, soprattutto per svolgere tirocini, corsi di perfezionamento o scuole di specializzazione post-laurea. Per quanto riguarda il bacino di utenza dell'Ateneo fiorentino, il 43,13% dei laureati sono della provincia di Firenze, il 33,65% risiede nelle altre province della regione, mentre il 22,70% proviene dal resto dell'Italia; bassissima la quota dei residenti all'estero (0,52%).
Il secondo capitolo del rapporto presenta i risultati del monitoraggio sistematico della condizione occupazionale dei laureati dell'Ateneo fiorentino ad un anno dalla conclusione degli studi. L'analisi condotta sui laureati della sessione estiva 1997 mette in luce una realtà con luci ed ombre, anche se occorre considerare il limitato intervallo di tempo trascorso tra la laurea e l'intervista. Ad un anno dal conseguimento del titolo, e con due periodi estivi a rallentare le assunzioni da parte delle aziende, risultano occupati circa 60 laureati su 100; inoltre, 19 su 100 non cercano un impiego e quindi non possono essere definiti a pieno titolo "disoccupati", dal momento che neppure si propongono sul mercato del lavoro.
Tuttavia, resta una quota elevata (21%) di laureati che non lavorano e cercano lavoro, e tale risultato è ancor più preoccupante se si pensa che circa i 2/3 di questi laureati non ha mai lavorato nel corso dell'anno trascorso. Diversi percorsi di studio prevedono istituzionalmente la prosecuzione della formazione professionale attraverso scuole o corsi di specializzazione, partecipazione a tirocini o svolgimento di forme di praticantato in ambito lavorativo; il fatto che un numero elevato di laureati prosegua la propria formazione con attività di vario tipo testimonia, da un lato, un desiderio senz'altro positivo di apprendimento e di qualificazione, ma, dall'altro lato, indica una carenza della didattica universitaria nel trasmettere capacità pratiche e conoscenze immediatamente spendibili nel mondo del lavoro.
I vantaggi offerti dal possesso di un titolo di studio universitario non riguardano tutti i laureati in uguale misura: solo chi ha particolari requisiti, tra i quali assumono rilevanza il corso di studi, il sesso e la classe sociale, si propone immediatamente sul mercato del lavoro, mentre i limiti maggiori derivano dall'obbligo istituzionale di proseguire, in talune facoltà, la formazione professionale attraverso tirocini e scuole di specializzazione. È stato possibile rilevare che la condizione occupazionale è fortemente influenzata dalle esperienze lavorative maturate nel corso degli studi: in particolare, nel 22,91% dei casi, il lavoro iniziato durante gli studi è mantenuto anche dopo la laurea.
In tal caso, il titolo universitario conseguito potrà al massimo migliorare le condizioni lavorative del laureato, ma non agirà, almeno nel breve periodo, sulle sue chanches occupazionali.
Dall'esame emerge che più della metà dei laureati occupati è impegnato in attività stabili, mentre poco meno del 10% ha un contratto di formazione lavoro; appena il 46,80% degli intervistati dichiara di utilizzare le conoscenze acquisite durante gli studi in misura elevata, mentre per poco più del 30% l'attuale occupazione risulta, in qualche modo, dequalificata e non rispondente alle proprie aspettative, in quanto ottenibile anche senza aver conseguito la laurea; circa il 10% degli intervistati ritiene inutile, sia dal punto di vista formale, sia dal punto di vista sostanziale, il titolo acquisito; infine, oltre il 40% degli occupati si dichiara più che soddisfatto della propria situazione occupazionale.
Naturalmente, questi valori presentano andamenti diversificati per facoltà. Un fattore molto significativo nell'analisi degli sbocchi occupazionali riguarda i tempi di ingresso nel mercato del lavoro. La ricerca del lavoro impegna oltre l'80% degli intervistati già prima del conseguimento del titolo o nel mese immediatamente successivo e, comunque, solo una quota bassissima (3,27%) lascia passare più di 6 mesi; analoghi valori si ottengono considerando il collettivo dei soli laureati occupati che non lavoravano alla laurea, mentre il reperimento dell'occupazione segnala una certa agilità e ricettività del mercato del lavoro, in quanto più del 40% di tale collettivo trova lavoro nel mese successivo all'inizio della ricerca.
Dall'analisi si nota come risultino molto efficaci le lauree in Architettura, Farmacia, Giurisprudenza e Medicina e Chirurgia (pur con le cautele dovute sia al limitato lasso di tempo trascorso dalla laurea, sia dall'esiguo numero di laureati di alcune facoltà), mentre buona parte dei laureati che si lamentano della poca efficacia del titolo provengono da Scienze Politiche e da Lettere e Filosofia.
Proprio tra gli occupati provenienti da queste facoltà (insieme ad Agraria e Scienze della Formazione) si ha il tasso più elevato di coloro che sono in cerca di un nuovo lavoro; i canali più utilizzati sono la lettura di offerte sui giornali e il contatto diretto con il datore di lavoro, mentre c'è incertezza riguardo al ramo dell'attività desiderata. Per quanto riguarda i laureati non occupati in cerca di lavoro, 1/3 di essi ha dichiarato di aver comunque avuto esperienze lavorative nel periodo successivo alla laurea, anche se al momento dell'intervista il rapporto di lavoro era già terminato.
La ricerca è concreta e attiva: poco più di 7 laureati su 10 in cerca di un'occupazione hanno svolto l'ultima azione in tal senso entro il mese antecedente l'intervista e addirittura il 60% l'ha effettuata nei 15 giorni precedenti.