Delegazione toscana al congresso DS.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 gennaio 2000 18:53
Delegazione toscana al congresso DS.

Pubblichiamo “l’altro congresso”, ovvero quello non fatto dai grandi nomi, che tanto potete leggere ovunque:la cronaca del congresso vista con gli occhi di uno dei giovani della delegazione toscana che ci trasmette notizie via a@mail. Eccola: La delegazione livornese non è proprio mattiniera. Arriviamo al Congresso verso le 10.20. Comunque è appena iniziato. Interviene Moni Ovadia. Interventi interessanti di Cesare Salvi e Famiano Crucianelli. Interviene Occhetto... e Mussi ribatte...

Interviene Cofferati verso le 12.00. Forte presa di posizione, chiara e schietta sui Referendum, allarga a tutti i quesiti referendari (tenendo fuori solo quello sul sistema elettorale) la critica di sistema sull'impostazione. Alza molto il tono della dialettica con Confindustria. Parla di Seattle. Paragona "Jimmy Hoffa Jr." al padre... Parla di cosa la Sinistra nel suo complesso dovrebbe occuparsi. Cosa deve fare una forza di Sinistra nella società moderna. Parla poco di rapporti col partito, sembra volutamente. Stamane al Congresso c'é una gran confusione.

Saltiamo anche l'ora di Pranzo. Tra poco si vota sul "totale" dello Statuto. L'area (nazionale) dei delegati che fa riferimento alla mozione della Nuova Sinistra, nella riunione che ha fatto nella saletta "Berlino" decide un indirizzo per un'astensione fortemente motivata in un intervento. Votare contro sarebbe come votare contro l'atto costitutivo dei DS. Ma sarebbe impossibile comunque visto il passaggio sull'elezione diretta votare a favore. Ricorre spesso negli interventi, come nella relazione del segretario, la parola MODERNITA'....

Tra poco interviene Cosimi, eletto segretario DS della federazione livornese lunedi’ scorso In pomeriggio dovrebbe intervenire poi, sempre per la delegazione Toscana, la segretaria della federazione della Sinistra giovanile di Prato. Ultima nota: la delegazione livornese sta cominciando ad essere decimata dall'influenza. Quì il cielo sembra perennemente grigio piombo. L'albergo non è male, stamane qualcuno si è concesso un lungo e riposante bagno. E' ancora lunga. Daniele Tabellini Ed ecco l'intervento di Moni Ovadia segnalatoci da Tabellini: Intervento di Moni Ovadia Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici, considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no, considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo come un rana d'inverno, meditate che questo è stato, vi comando queste parole: scolpitele nel vostro cuore stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi, ripetetele ai vostri figli o vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi.

E' per me un grandissimo privilegio essere qui, in questa sede, a ricordare Primo Levi, un grandissimo uomo di questa città, di questo paese, un grande essere umano. Ho a lungo lavorato sulla cultura ebraica credo che questo privilegio mi venga un po' anche da questo lavoro e sulla cultura ebraica riferita al problema della Shoa e dello sterminio, ma oggi ho ricevuto questa lettera, ve ne leggo un frammento: "Le scrivo come Presidente dell'Associazione Nazionale ex-deportati politici nei campi di annientamento nazisti, associazione unitaria nata nel 1945, di cui hanno sempre fatto parte anche gli ebrei.

Amareggiato per non poter personalmente ricordare, qui in questo congresso con il sacrificio spaventoso delle intere famiglie di ebrei ed italiani anche l'annientamento dei 40.000 deportati politici italiani assassinati nei campi annientamento, deportati durante l'occupazione nazista del paese, tra i quali vi furono ben 15.000 operai deportati, durante gli scioperi del marzo 1944" Non ha ragione in questo senso di essere amareggiato il Presidente dell'ANEP, Primo Levi ed io molto modestamente insieme a lui parliamo di tutte le vittime e di tutti gli esseri umani.

Ricordiamo e ricorderemo l'annientamento degli zingari, dei politici socialisti, comunisti, democratici, socialdemocratici, dei testimoni di Geova, degli omosessuali, di uomini e donne che appartenevano ad ogni categoria umana, per non dire di coloro che oggi chiamiamo con understatement burocratico, portatori di handicap, cioè i menomati, una popolazione trasversale a tutta l'umanità, che poteva vivere in ogni famiglia, persino in una famiglia nazista. Primo Levi, comincia con le parole che ho letto, durissime questo scemà, è una preghiera ebraica che lui ha trasformato con un senso laico in un monito per il futuro, come mai parole così dure da parte di un uomo così mite, da parte di un uomo che non giudicava, con un'umanità dirompente, con una pietas che lo portava non a giudicare ma a cercare di capire, e il magistero di Primo Levi, capire, restituire profondità umana a tutti persino ai carnefici in qualche misura, alla zona grigia, a quegli uomini messi in mezzo fra i carnefici e le vittime, cioè a risarcire attraverso un lungo ininterrotto racconto l'uomo, l'essere umano percosso, questo monito duro finale "se non ricorderete vi accadranno cose terribili" non è un monito duro rivoltoci per qualche recriminazione o rivendicazione, è per noi, non è per lui, è per il futuro, è perché la memoria è uno strumento solo per il futuro, Primo Levi era profondamente consapevole che si risarcisse il passato, il dolore, le vittime e i morti solo se si ha capacità di risarcire il futuro, cioè di costruire una società di uomini liberi, una società giusta, una società che sappia rispettare l'essere umano nella sua pienezza.

In una conversazione con Ferdinando Camon, Primo Levi alla domanda "se lui fosse, si sentisse ebreo" così domanda Camon, il suo ebraismo cos'è allora, visto che lei non è un credente. Un puro fatto culturale, se non ci fossero state le leggi razziali e il lager, io probabilmente non sarei più ebreo, salvo che per il cognome, invece questa doppia esperienza, le leggi razziali ed il lager mi hanno stampato come si stampa una lamiera, oramai ebreo sono la stella di Davide me l'hanno cucita e non solo sul vestito.

Allora i nazisti hanno fatto di un uomo che non si sentiva un ebreo, che probabilmente non avrebbe coltivato questa sua identità un ebreo per sempre. Ma che cos'è alla fin dei conti un ebreo? Perché esiste una specificità ebraica nella Shoa? chi è l'ebreo per avere attirato su di sé tanto odio così concentrato, maniacale, ossessivo, con una ritualità impressionante; ebbene, io credo, che l'ebreo sia l'altro, l'ebreo rappresenti in quel momento, nel modo più acuto e lancinante per la società che genera il nazismo l'altro per antonomasia, perché ti assomiglia, però ha qualcosa di diverso che non riesci a capire, che sfugge, è ubiquo e allora l'accanimento contro l'ebro concentra violentemente l'accanimento maniacale contro l'altro, colui che non è come noi o che supponiamo non essere come noi.

Il nazismo è stato il paradigma assoluto e maniacale della cancellazione delle alterità, non solo dell'ostilità verso l'altro ma della necessità di eliminarlo definitivamente dalla faccia della terra. Se dovessimo definire l'universo concentrazionario dovremmo rifarci ad un passaggio del libro di Levi molto breve in cui lui ci fa capire cosa sia questo assoluto tirannico con pochissime parole. "Spinto dalla sete ho adocchiato fuori una finestra un bel ghiacciolo a portata di mano, ho aperto la finestra, ho staccato il ghiacciolo, ma subito si è fatto avanti uno grande grosso che si aggirava la fuori, me lo ha strappato brutalmente, "warum?" perché? gli ho chiesto nel mio povero tedesco, "hier ist kein warum" qui non c'è nessun perché mi ha risposto ricacciandomi dentro con uno spintone".

Ecco cos'è l'assoluto tirannico, quando si sospende la domanda, la domanda è la struttura del linguaggio che introduce l'altro dentro di noi, l'altro pone sempre a noi delle domande e sempre nel cammino nella civiltà occidentale l'ebreo ha posto il problema dell'altro, di colui che non si voleva omologare, qualsiasi fosse la posta. Un cammino incominciato molto tempo addietro, cominciato con Abramo, il patriarca di tutti i monoteismi, probabilmente anche dell'ateismo; l'uomo che spezza l'idolatria, che spezza l'idolo dello strumento principale del potere tirannico, naturalmente l'idolatria può essere in forma di ideologia o quant'altro e quel cammino iniziato 4500 anni fa oggi o giù di lì (le Breollat) maniacalmente perseguito attraverso Mosè, la costruzione della libertà nella legge è avanti senza cedere a nessuna lusinga, fosse pure all'interno di una proposta quasi ebraica, ha voluto mantenere a tutti i costi aperta la sua domanda.

Ecco perché Primo Levi è diventato ebreo, probabilmente lo era sempre stato in questo senso, perché l'ebraismo non è più che questo, un cammino di individuazione dell'essere umano nel tempo, non è altro che questo, la costruzione dell'essere umano è un'opera d'arte a cui un uomo, perché uomini si nasce gratis, deve dedicare tutta la vita, Primo Levi lo ha fatto, partendo dall'esperienza più spaventosa, dall'inferno più spaventoso che si possa immaginare, Primo Levi ha costruito sé stesso come straordinario essere umano e ci ha dato un'indicazione sconvolgente a memoria futura, io credo che bisognerebbe leggere Levi e rileggerlo continuamente, perché ogni volta si scopre una ricchezza impressionante, nella prefazione a Sommersi salvati, capolavoro assoluto della riflessione antropologica della pietas nei confronti dell'uomo, qualsiasi uomo, lui cita Coleridge, poeta inglese e dice "quando il dolore mi preme alla sera in maniera così forte, io non posso più trattenerlo e comincio a raccontare", c'è qualcun altro che scioglie il proprio dolore raccontando, di cui avete sicuramente sentito, cioè il Conte Ugolino nell'inferno dantesco, che dice "tu vuoi che io rinnovelli di storato dolor che il cuor mi preme già pria che io favelli", e parla e scioglie il dolore, ma appena finito di sciogliere il dolore si rimette a mordere la testa infame del nemico che gli ha causato tante sofferenze, rimane nell'inferno perché passa la sua vita a dedicarsi alla vendetta, è quello l'inferno del Conte Ugolino, anche quello; Primo Levi no, non chiede vendetta, chiede di capire, chiede che venga ripristinata la giustizia, nessuna richiesta di vendetta, neanche la più piccola, questo è il grande ammaestramento, questo è il cammino dell'uomo, non pervertire la giustizia, risarcirla nelle più piccole sedi, non per ottenere vendetta e soddisfazioni nei confronti del carnefice ma rendere possibile la vita dell'uomo, perché senza di questo non c'è vita possibile.

E' questa la ragione principale che mi ha portato qui, come essere umano, la costruzione di quell'opera d'arte che un vero essere umano, uno che possa scrivere sulla propria tomba un giorno "era un essere umano", cioè era un uomo che sapeva cogliere l'altro, questo è un grande monito per noi che ci prepariamo ad accogliere sempre di più in noi l'alterità, guardate io so che oggi gli ebrei sono una elegante merce di scambio, ci riempiono di coccole, ci trattano bene, non mi interessa più che tanto, voglio vedere come sono trattati gli africani, i kurdi, voglio vedere come sono trattati tutti i popoli della terra, che ci guardano negli occhi, loro, questo compito è un compito di tutti, è anche un compito degli ebrei, anche gli ebrei hanno i loro problemi e devono imparare a guardare l'altro con la maniacale attenzione con cui sono stati altri a risarcire i diritti, a risarcire la pace, ad essere con gli altri fino in fondo.

Noi siamo ospiti su questa terra, tutti siamo ospiti, nel nostro Giubileo ebraico il Padre Eterno ce lo annuncia in questo modo, ("Li Harez") "la terra è mia", non c'è proprietà permanente della terra, tu vi abiterai come soggiornante o residente insieme allo straniero che godrà dei tuoi stessi statuti. Allora noi siamo tutti ospiti, c'è un solo modo di coltivare la pace su questo pianeta, riuscire ad essere stranieri in mezzo agli stranieri. Prima di congedarmi e ringraziandovi per la vostra attenzione, vorrei ricordare il verso di un grande poeta greco Hanis Rizos, un altro poeta che ha conosciuto la violenza concentrazionaria del fascismo, un poeta troppo dimenticato, un poeta che ha subito delle brutalità impressionanti anche lui si è elevato come voce sopra le parti a risarcire l'uomo, dice "lì dove un uomo resiste senza speranza forse è proprio lì che comincia la storia dell'uomo" e Primo Levi ce lo ha dimostrato, ha saputo resistere contro ogni evidenza per raccontarci l'uomo attraverso lo straordinario strumento della parola.

Io ringrazio il compagno Veltroni che mi ha voluto qui, e mi ha dato questo grandissimo onore. Sono davvero orgoglioso di essere in questo congresso, in questo anno, con questo nome, sono sempre stato con la gente della sinistra e una vocazione non è una stagione emotiva per me. Ho fatto il mio cammino come compagno di strada, sempre, e credo che continuerò la mia vita in questa direzione, perché credo che sia un patrimonio senza il quale in questo paese non si costruisce assolutamente nulla, faccio anche molti auguri a coloro che devono governare e che devono gestire la contraddizione a cui teniamo molto, riuscire a coniugare non tanto governo con ……ma governo con utopia

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