Come negli anni passati, e' il risultato di un ampio lavoro di raccolta ed aggiornamento di tutti i dati ambientali disponibili, organizzati per i vari settori di riferimento, dalla qualita' dell'acqua ai rifiuti, dalle aree protette alla difesa del suolo. Ma il quarto Rapporto sullo stato dell'ambiente della Toscana quest'anno presenta anche un forte carattere di novita': per la prima volta, infatti, non si limita a "fotografare" la situazione o a valutare i risultati di politiche di settore, ma guarda ai rapporti tra economia e ambiente, pone al centro delle sue riflessioni le tematiche dello sviluppo sostenibile, introduce analisi sulla spesa ambientale, sulle potenzialita' occupazionali dell'ambiente, sugli effetti di provvedimenti come la "carbon tax".
Non a caso il Rapporto 1998 - realizzato dalla Regione Toscana con la collaborazione dell'Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale) e della societa' Ambiente Italia - viene presentato nell'ambito di una conferenza regionale sull'ambiente che per la prima volta porta come sottotitolo "investimenti e occupazione" e che si interroga su problemi quali la "contabilita' ambientale" e gli strumenti finanziari "verdi", i fondi immobiliari orientati all'ambiente e la copertura assicurativa per i rischi ambientali, il ruolo dell'innovazione tecnologica, le nuove figure professionali e i percorsi formativi.
Tutto questo nella consapevolezza che l'ambiente non puo' piu'
essere inteso come un ostacolo o un vincolo, ma come un fattore di
competitivita', una risorsa, una fonte di lavoro. "La sfida ambientale -
ricorda il Rapporto - nei prossimi anni si giochera' anche sui temi dello
sviluppo eco-sostenibile e noi sappiamo che per la nostra Regione, ove
larghissima parte del tessuto produttivo e' costituito da piccole e medie
imprese, occorre dare la concreta percezione del fattore ambientale come
fattore critico di successo nella competizione globale".
Il Rapporto propone le prime riflessioni in questo senso, una sorta di
anticipazione del documento del prossimo anno, il primo del 2000, a
conclusione di una legislatura impegnata a saldare l'ambiente alla
programmazione dello sviluppo economico e al governo del territorio.
In questa impostazione, non e' casuale l'ampia attenzione che il
documento riserva all'energia: tematica centrale sia per l'economia - con i
suoi costi per le imprese e le famiglie - che per l'ambiente - con i suoi
impatti ambientali, in primo luogo le emissioni in atmosfera delle fonti
tradizionali.
Un'attenzione che riflette anche l'impegno della giunta:
questo sara' l'"anno dell'energia", con la definizione del piano energetico,
l'istituzione dell'Agenzia per l'energia, l'organizzazione di una apposita
conferenza regionale, coerentemente con le priorita' dell'Ue sulla
riduzione delle emissioni e il raddoppio della produzione da fonti
rinnovabili.
Per il resto, il Rapporto conferma la struttura della precedente edizione,
ripetendo la suddivisione in tre parti: lo stato dell'ambiente, le
pressioni sull'ambiente, le politiche dell'ambiente.
Da segnalare, per
quanto riguarda le pressioni, che per ogni provincia o ambito territoriale
ottimale, in riferimento ai sistemi aria, acqua e territorio, sono utilizzati
una .serie di indicatori del livello di pressione ambientale. Per esempio,
per il territorio si riportano i dati relativi alle superfici abbandonate,
urbanizzate e colpite da incendi, ai volumi delle discariche, alle aree da
bonificare e ai rifiuti. Indici sintetici di carico ambientale consentono
quindi un confronto fra le varie province e ambiti, con valori su una scala
tra 0 e 10 (piu' basso l'indice, minore il carico ambientale).
Spesa e occupazione ambientale.
Per la prima volta e' affrontata la
questione del monitoraggio della spesa regionale per l'ambiente. Spesa
che nonostante le generali difficolta' di bilancio e' passata dai circa 323
miliardi del 1996 ai 361 del 1998 (si tratta piu' precisamente di impegni di
spesa). Esiste dunque una tendenza all'aumento della spesa ambientale.
Ma anche una tendenza al suo spostamento verso le necessita legate alle
emergenze (per il ripristino di dissesti e calamita' naturali si passa da 26 ai
72 miliardi).
Si tratta comunque di cifre incomplete, perche' non tengono
conto di spese a carico di altre parti del bilancio dove l'ambiente
costituisce comunque una priorita'. Sono riportati anche i dati relativi alle
amministrazioni comunali, dai quali emerge, ad esempio, una flessione
della spesa per acquedotto e un significativo aumento della spesa per i
rifiuti. Complessivamente la spesa ambientale pubblica produce
un'occupazione media annua che supera le 15 mila unita' e un valore
medio aggiunto che oltrepassa i mille miliardi.
Quanto alle entrate regionali vincolate per l'ambiente, c'e' da rilevare
che queste provengono da tasse di scopo: solo l'1 per cento dell'accisa
per la benzina e circa il 20 per cento del tributo speciale per il
conferimento in discarica (con un gettito annuo di circa 30 miliardi) sono
destinati a spesa ambientale.
Complessivamente l'occupazione nel settore ambientale, sulla base dei
dati dell'ultimo censimento, e' stimata intorno alle 67 mila unita', pari a
circa il 4.6 per cento della popolazione attiva (tra occupati e disoccupati,
circa un milione e 456 mila unita').
Si tratta di una componente con peso
diverso nelle varie province dal 5.92 per cento di Massa Carrara al 3.8 di
Pistoia, con Pisa (5.38) e Grosseto (5.25) ben sopra la media, ma
sicuramente in crescita anche negli ultimi anni. Crescita che si esprime
anche nel campo dei lavori socialmente utili: dei 520 progetti approvati
dalla commisisone regionale per l'ambiente nel 1997, 165 (il 28,5 per
cento) erano rivolti alla cura e tutela dell'ambiente e al recupero urbano.
Emerge anche l'esigenza di nuove figure professionali, a cui dovranno
essere adeguate anche le iniziative di formazione, calibrate per qualifiche
come, ad esempio, il tecnico progettista di spazi verdi, la guida
ambientale, il promoter di beni storico-culturali, l'operatore per il
trattamento rifiuti solidi urbani.
D'altra parte, una formazione
ambientale e' richiesta sempre piu' anche ad integrazione di piu'
tradizionali profili professionali, per esempio nel settore creditizio e in
quello assicurativo.
Il Rapporto esamina anche le questioni relative all'uso della leva fiscale,
come deterrente a comportamenti e a consumi non eco-compatibili, e
all'uso di incentivi e agevolazioni in grado di indirizzare gli operatori
economici verso scelte di sviluppo sostenibile. In questo senso sono stati
esaminati gli effetti ambientali ed economici in Toscana della carbon tax,
introdotta dalla Finanziaria 1999 con l'obiettivo di ridurre le emissioni di
anidride carbonica, nell'ambito dell'impegno italiano per il rispetto degli
impegni di Kyoto.
Nella nostra regione, la sua applicazione nel 1999 pesera' principalmente sull'uso del gasolio per motori e per riscaldamento e della benzina verde, per un costo totale di circa 100 miliardi. "E' nel settore del consumo che incidera' di piu' la carbon tax, sia sui trasporti, sia sugli usi domestici... mentre non dovrebbero... pesare sui costi dell'energia al settore della produzione. Non sembrano in sostanza raggiungere livelli che tocchino i prezzi relativi tra le fonti energetiche spingendo a cambiare strutturalmente i sistemi di produzione di energia".
Per questo dovranno
essere avviate anche politiche attive per lo sviluppo di energie rinnovabili
e per la maggior efficienza al consumo.
Energia. Fra le tante questioni trattate quelle relative all'uso dei
combustibili fossili e alle loro emissioni inquinanti. I consumi energetici
toscani sono il 6.74 per cento di quelli nazionali, con una crescita dal 1988
al 1995 di circa il 6 per cento (0.83 annuo). In questo stesso periodo si e'
registrato un sensibile decremento dei prodotti petroliferi (dal 53.2 al 45.4
per cento), che continuano comunque ad essere la voce piu' consistente dei
consumi, un aumento del gas naturale (dal 23.3 al 32.5 per cento) e una
lenta crescita dell'energia elettrica (dal 15.2 al 17).
Il rapporto riporta i dati dell'inventario regionale delle emissioni, con i
suoi dati articolati per attivita' economica, territorio e combustibili.
Cosi'
ad esempio le emissioni di ossidi di zolfo (63 mila tonnellate) sono
attribuibili al 64 per cento alle centrali termoelettriche pubbliche
(Piombino, Livorno, Cavriglia), mentre dal punto di vista territoriale
emergono i poli di Piombino-Rosignano (51 per cento) e di Livorno (24
per cento). Per gli ossidi d'azoto il 54 per cento delle emissioni sono
dovute al trasporto stradale, con un 16 per cento - 20 mila tonnellate -
prodotto esclusivamente dal sistema autostradale. Si devono alle
automobili 310 mila tonnellate di monossido di carbonio, pari al 58 per
cento di questo inquinante, mentre il 38 per cento dell'anidride carbonica
e' imputabile alla combustione nell'industria.
Il Rapporto presenta anche i dati relativi alla pressione energetica - cioe'
ai consumi energetici - del sistema industriale e del sistema dei trasporti
nella nostra regione.
Da notare, per quanto riguarda quest'ultimo aspetto,
che il trasporto su strada (merci piu' passeggeri) assorbe oltre il 92 per
cento dei consumi energetici, contro appena il 2.6 per cento del trasporto
su ferro. Una situazione di forte squilibrio strutturale.
Quanto alle energie rinnovabili, in Toscana rimane limitato il ricorso al
solare, sia fotovoltaico che termico, mentre addirittura non esistono
installazioni eoliche operative (ma e' in fase avanzata di autorizzazione un
impianto finanziato anche dalla Regione nel comune di Montemignaio).
Per quanto riguarda le biomasse l'unica realizzazione industriale e' un
impianto di produzione di biodiesel da girasole e colza presente a Livorno,
ma ci sono alcuni progetti pilota per la coltivazione di biomassa a scopo
energetico, in primo luogo per l'impianto termoelettrico che sara'
realizzato a Cascina, nell'ambito del progetto comunitario Thermie
Energy Farm.
In ogni caso gli accordi internazionali sul controllo dei cambiamenti
climatici e la limitazione delle emissioni rimandano a controlli energetici
nel settore civile e ad una pianificazione energetica regionale in grado, ad
esempio, di integrare usi civili e industriali e di razionalizzare le reti di
distribuzione, riducendo sprechi e dispersioni.
Aree protette e biodiversità
Le aree protette toscane sono gia' oltre
cento: 2 parchi nazionali, 34 riserve dello Stato, 3 parchi regionali, un
parco interprovinciale (quello di Montioni), 36 riserve naturali provinciali
e 25 aree naturali protette di interesse locale.
Un "polmone verde" di circa 140 mila ettari, cresciuto sensibilmente negli ultimi anni, grazie al primo e al secondo programma triennale che hanno previsto rispettivamente 19 e 56 nuove aree. Quando anche il secondo programma sarà completato, la Toscana potrà contare su ben 115 aree, con una superficie regionale protetta pari a circa l'8 per cento. Questa realta' potra' crescere ancora, a partire da un terzo parco nazionale previsto dalla legge 344/1997 nelle province di Massa Carrara, Parma e Reggio Emilia.
La Toscana e'
coinvolta anche nel progetto Appennino parco d'Europa.
La sfida e' adesso quella della "messa in rete" delle aree protette, tramite
per esempio la creazione di aree contigue e corridoi ecologici, ma anche
attraverso la piu' complessiva tutela della biodiversita' nel quadro del
progetto Bioitaly, in attuazione della direttiva comunitaria Habitat. Il
consiglio regionale ha infatti approvato l'elenco di 120 Siti di importanza
comunitaria e di 18 Zone di protezione speciale.
Dopo l'esame di
un'apposita commissione comunitaria e l'approvazione dell'elenco
definitivo, i siti andranno a costituire la rete ecologica europea "Natura
2000". Con queste aree la Toscana arriva all'11.4 per cento di territorio
protetto, superando cosi' l'obiettivo del 10 per cento indicato dall'Unione
europea.
Per quanto riguarda la flora toscana sono 347 le specie incluse nella Lista
Rossa in quanto in vario modo minacciate o ritenute vulnerabili , mentre
per la fauna, si segnala il forte decremento di invertebrati - per esempio
crostacei come il gamberetto di fiume - particolarmente sensibili
all'inquinamento.
Grave e' la situazione della fauna ittica originaria di acqua dolce, compromessa anche dalle immissioni di altre specie per pesca sportiva; diverse specie di anfibi risentono della scomparsa dei loro habitat riproduttivi, come stagni e pozze temporanee; difficile e' la situazione anche per alcune specie di rettili, come la testuggine di acqua dolce; per gli uccelli, delle 178 specie che nidificano in Toscana in modo piu' o meno regolare sono solo 92 quelle che al momento attuale non sembrano minacciate o rare.
Buone notizie per il lupo - raro ma in aumento - mentre
la lontra sembra sia rimasta in pochi esemplari lungo il fiume Fiora.
Rarissime anche la puzzola e la martola. La foca monaca e' ormai
scomparsa, mentre sempre piu' raro e' il delfino.
Agricoltura e foreste
Di particolare interesse il dato sulla superficie
abbandonata (circa 200 mila ettari), molto superiore a quello relativo alle
aree a possibile riforestazione (circa 125 mila ettari). Per l'agricoltura sono
riportati anche i dati piu' recenti sull'utilizzo di fertilizzanti e fitofarmaci,
con i carichi di azoto e fosforo, distribuiti per provincia.
Per i fitofarmaci, la provincia dove risulta venduta la maggior quantita' di prodotto e' Firenze (assieme a Prato), seguita da Arezzo, Siena e Grosseto. Calcolato anche un indice di rischio, che evidenzia la maggiore pressione ambientale esercitata su aree ad agricoltura specializzata (vivaismo e floricoltura) La Toscana e'la prima regione italiana per estensione di bosco, con circa un milione e 180 mila ettari, pari al 47 per cento della superficie complessiva regionale. Il numero complessivo degli incendi boschivi e' aumentato nel periodo 1992-98 rispetto al periodo 1970-80, mentre e' diminuita l'estensione delle superfici interessate.
Per quanto riguarda la
distribuzione degli incendi, Lucca e Massa Carrara sono le province con il
maggior valore assoluto di superficie bruciata (oltre il triplo di quella
fiorentina, malgrado un'estensione territoriale che e' circa la meta' di
quella di Firenze). La provincia meno interessata e' Pistoia. Circa il 45 per
cento degli eventi e' di natura dolosa, il 33 per cento e' di natura colposa e
solo lo 0.77 per cento e' attribuibile a cause naturali.
Sono stati attivati programmi di monitoraggio per l'inquinamento da
ozono.
Inquinamento da boro e' stato riscontrato a Larderello. I
tensioattivi sono responsabili del degrado delle pinete e delle macchie
costiere alle foci dell'Arno e del Serchio. Ma ci sono anche situazioni
patologiche, come il cancro dei cipressi, che ha prodotto un loro
dimezzamento rispetto agli anni '50.
Difesa del suolo
Il Rapporto riepiloga, tra le altre cose, i finanziamenti
per la realizzazione degli "schemi previsionali e programmatici in materia
di difesa del suolo" in attesa dei piani di bacino.
A tutt'oggi per la loro
attuazione, nei bacini di rilievo regionale, sono stati approvati importi per
circa 60 miliardi; alla Toscana sono stati assegnati altri 27 miliardi per il
triennio 1997-99. Significative anche le attivita' di studio come le carte
dell'erosione del suolo in atto e potenziale e la carta delle aree inondabili,
base conoscitiva per l'aggiornamento degli schemi. Il Rapporto dedica
un'attenzione particolare alle opere di messa in sicurezza realizzate in
Versilia e in Garfagnana dopo l'alluvione del 1996, che hanno fatto di
questi territori un "laboratorio" di ingegneria naturalistica unico in Italia.
Quanto al patrimonio speleologico, salvaguardato dalla Regione gia' con
una legge del 1984, il Rapporto indica come un passaggio di grande
rilievo, a fini di tutela e valorizzazione, l'istituzione del catasto delle
grotte (rilevate 1.439 cavita' naturali), nonché del catasto delle aree
carsiche (censite 44 aree, il 5 per cento del territorio regionale).
Erosione costiera
Dei 191 chilometri di litorale sabbioso tra Bocca di
Magra e il fiume Chiarone, ben 84 sono in erosione.
Inoltre, mentre le spiagge in avanzamento in genere registrano variazioni di pochi centimetri all'anno, quelle in erosione subiscono arretramenti che in alcuni casi superano anche i 10 metri all'anno. Per questo sebbene i tratti in avanzamento siano leggermente piu' estesi di quelli in erosione (il 56 contro il 44 per cento), complessivamte il litorale toscano ha perso, secondo i dati piu' recenti, circa 187 mila metri quadri di spiaggia. Anche grazie a nuove convenzioni tra Regione ed universita' di Firenze, il Rapporto puo' preannunciare che tutta la costa toscana disporra' dell'aggiornamento complessivo dei rilievi entro la fine del 2000.
Aree da bonificare
Il vecchio piano approvato nel 1993 e la legge
29/1993 - prima in Italia in materia - hanno permesso di avviare un'ampia
attivita' di bonifica di discariche, ex aree minerarie, aree industriali
dismesse, affrontando in primo luogo quelle con priorita' a breve
termine. La percentuale dei siti che sono stati oggetto di intervento risulta
pari a circa il 25 per cento del totale - 61 per cento per i siti a breve
termine - ovvero a 133 su 522 censiti. Nel febbraio di quest'anno la
giunta ha adottato il nuovo piano, con 284 aree che, con diversa priorita',
dovranno essere bonificate, e altri 79 siti che, gia' sicuri dal punto di vista
dell'inquinamento, necessitano un ripristino ambientale.
Sono 73 le aree
con necessita' di interventi di bonifica a breve termine in quanto
rappresentano una fonte accertata di inquinamento con conseguente
danno ambientale in atto.
Qualita' delle acque
Il Rapporto propone un indice di qualita', con valori
da 0 a 100, in base al quale le acque toscane sono suddivise in cinque fasce
(dallo 0-20, qualita' pessima, all'81-100, qualita' ottima). Cosi', le acque
dell'Arno risultano ottime in tutto il tratto casentinese, registrano un netto
abbassamento di qualita' con le acque reflue di Arezzo e della val di
Chiana, migliorarno nella zona del Valdarno e della Val di Sieve
(depuratori e minore densita' abitativa), peggiorano drasticamente dopo
Firenze e quindi dopo l'immissione di due fiumi altamente inquinati come
il Bisenzio e l'Ombrone, ritornano a valori piu' accettabili in provincia di
Pisa grazie agli impianti di depurazione e ad affluenti piu' puliti come
l'Elsa, peggiorano di nuovo nettamente nel tratto tra Calcinaia e Pisa,
soprattutto per fenomeni di intrusione salina.
In genere la qualita' dei corsi
d'acqua toscani e' abbastanza buona. Ad eccezione di fiumi che, come
l'Ombrone pistoiese, attraversano aree fortemente industrializzate, il
problema principale sembra essere quello degli scarichi civili non
depurati, particolarmente nell'area fiorentina, per la quale pero' il 1998 ha
registrato importanti novita' (inaugurazione primo lotto San Colombano e
accordo sul sistema complessivo di depurazione).
Quanto alle falde idriche, molte di esse risultano fortemente inquinate.
Perdipiu' "i casi di inquinamento sono certamente piu' numerosi ed estesi
di quanto si sappia attualmente". Per questo sara' necessario organizzare
un monitoraggio ancora piu' ampio ed articolato e realizzare un capillare
controllo degli scarichi.
Per quanto riguarda invece la qualita' delle acque costiere per la
balneazione, sono proseguite anche nel 1998 le campagne di controllo,
con campionamenti su 374 punti dislocati sui 572 chilometri di costa
toscana (un punto ogni chilometro e mezzo).
Elaborato anche un indice di qualità biologica che ha fatto registrare, in provincia di Massa Carrara un miglioramento per il livello di coliformi e un peggioramento per gli streptococchi, in provincia di Lucca medie basse ma con una crescita qualitativa nell'ultimo biennio, a Livorno i miglior valori, da utilizzare pero' con cautela (manca ad esempio Piombino). A Pisa si segnala qualche peggioramento, a Grosseto un leggero e progressivo miglioramento. Quanto ai consumi idrici, una delle novita' del Rapporto e' quella di considerare gli Ato (Ambiti territoriali ottimali) e non piu' le Province come unita' di riferimento.
Tra i molti dati, rilevante e' la forte differenza
tra i volumi d'acqua prelevati e quelli effettivamente erogati. Le perdite in
rete sono stimate tra il 30 e il 40 per cento: valori "non adeguati al nuovo
modello di efficienza e sostenibilita' che il governo delle risorse locali
richiede per una regione all'avanguardia come la Toscana".
Qualita' dell'aria
Queste alcune valutazioni del Rapporto, sulla base dei
dati degli ultimi anni in alcuni capoluoghi di provincia. Ad Arezzo la
qualita' dell'aria e' "sufficientemente accettabile in relazione ai limiti
fissati dalla legislazione nazionale", con una tendenza alla riduzione delle
concentrazioni.
Firenze e' sempre soggetta ad episodi acuti di inquinamento atmosferico con alte concentrazioni di ossido di carbonio, biossido di azoto e , in estate, di ozono, mentre "grazie alla larga metanizzazione degli impianti termici ed alla modesta presenza di impianti industriali" il biossido di zolfo non raggiunge livelli elevati. Il traffico "permane la maggior causa di inquinamento urbano anche se piu' difficilmente appare in grado di determinare il superamento degli standard di qualita'", grazie anche al progressivo rinnovo del parco veicolare e ai controlli sulle emissioni.
A Livorno, il biossido di zolfo ha mostrato una
progressiva diminuizione, mentre gli inquinanti piu' legati al traffico
veicolare si avvicinano e talvolta tendono a superare i valori limite. A
Lucca si registra una certa stabilita' per il monossido di carbonio, il
biossido di azoto e l'ozono e una diminuizione per il biossido di zolfo.
Anche a Pisa si sono riscontrate diminuizioni sia per il particolato sospeso
che per il biossido di zolfo, mentre a Prato la situazione e' definita "non
particolarmente preoccupante", sottolineando pero' la necessita' di
completare la rete di monitoraggio.
La recente legge regionale 63/1998 per le zone a rischio di episodi acuti di
inquinamento prevede azioni di prevenzione e risanamento, quale la
predisposizione del piano di tutela e risanamento della qualita' dell'aria.
Inquinamento acustico
Anche in Toscana il traffico veicolare e' la fonte
principale di rumore.
Altre fonti di inquinamento, ma molto importanti, sono il traffico ferroviario e le attivita' industriali e commerciali. Nelle aree urbane i livelli sono frequentemente sopra i 65 decibel nel periodo diurno e i 55 nel periodo notturno, cioe' superano i limiti. Un caso particolare e' rappresentato dalle grandi infrastrutture viarie: lungo queste arterie si riscontrano situazioni di esposizione a livelli decisamente piu' alti rispetto ai limiti considerati accettabili dalla normativa vigente: saranno necessari grandi investimenti, e probabilmente molto tempo, prima di ricondurre tali infrastrutture al rispetto degli obiettivi di qualita'.
Dallo scorso dicembre la Toscana puo' contare sulla legge regionale
89/1998, che consentira' di procedere alla zonizzazione acustica dei
territori comunali e di elaborare i piani di risanamento.
Inquinamento elettromagnetico e alte frequenze
Il rapporto inquadra
per la prima volta il problema ricordando come "il proliferare delle
sorgenti e delle applicazioni dei campi elettrici e magnetici nel territorio e
negli ambienti di vita e di lavoro ha accresciuto la sensibilita' della
popolazione ai problemi connessi con l'esposizione ai campi
elettromagnetici".
Il proliferare delle antenne per la telefonia mobile e i tralicci per l'alta tensione sono solo due esempi delle problematiche emergenti. Il Rapporto ricorda che gli studi sulle esposizioni non hanno ancora prodotto "nulla di conclusivo": "In particolare, mentre sono da tempo noti gli effetti derivanti da esposizioni acute a livelli elevati, non sono state ancora chiarite le possibili connessioni tra le esposizioni a livelli bassi ma prolungate nel tempo e le malattie neoplastiche". Quindi, "In attesa che venga fatta definitiva chiarezza dal punto di vista della ricerca scientifica, l'unica strada possibile e' quella della cautela".
In Toscana e' stata istituita un'apposita commissione presso l'Arpat.
Misurazioni e indagini sono in corso in diverse zone
Per opere quali gli
elettrodotti nella nuova normativa regionale sulla valutazione di impatto
ambientale si richiedono una progettazione mirata alla riduzione
dell'esposizione e la realizzazione di interventi mitigatori.
Quanto ai campi elettromagnetici generati da sistemi fissi delle
telecomunicazioni e radiotelevisivi, il nuovo regolamento ministeriale "per
la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute
umana" potra' consentire una riorganizzazione del sistema delle
radiocomunicazioni, in una regione che da sola ospita piu' di 4 mila
impianti, circa il 7 per cento del totale nazionale.
Rifiuti
Con la nuova legge e il nuovo piano di gestione dei rifiuti la
Regione ha fatto proprie gli obiettivi e le priorita' del Decreto Ronchi e
sono stati individuati nove Ato.
Il rapporto riporta i dati relativi al 1997, che segnalano un incremento della produzione dei rifiuti solidi urbani del 4 per cento rispetto all'anno precedente, con un volume globale di 1.831 mila tonnellate e una produzione annua pro capite pari a circa 533 Kg.. Ma si riporta anche un netto incremento delle raccolte differenziate (piu' 333 per cento rispetto al 1996), peraltro ulteriormente aumentate nel corso del 1998. A quella stessa data risultavano 77 discariche e 7 inceneritori.
Per quanto riguarda i rifiuti speciali - oggetto di un apposito piano adottato in questi giorni - sono stimati in circa in 6 milioni e 237 mila tonnellate all'anno (di cui 653 mila pericolosi). Aggiungendo anche i 2 milioni e 650 mila tonnellate di residui di cava, la cifra sale a circa 8 milioni e 887 tonnellate.