Cultura in trincea: la Grande Guerra sul grande schermo

Dalle pellicole di propaganda, ai grandi film di analisi e denuncia delle iniquità del conflitto, lo sguardo di attori e registi sul primo conflitto mondiale.

09 agosto 2015 10:05
Cultura in trincea: la Grande Guerra sul grande schermo
Alberto Sord e Vittorio Gassman in La Grande Guerra (1959)

ROMA - Che la cinematografia fosse l’arma più forte, già lo intuirono i governi e gli Stati Maggiori coinvolti nella Prima Guerra Mondiale, che fu il primo conflitto ad avere un’imponente copertura mediatica, sia attraverso la stampa, ovviamente, sia attraverso l’appena nata “settima arte”. La storia della guerra vista dal cinema comincia con i primi documentari di propaganda, di cui gli Alti Comandi e i Ministeri collegati fecero largo uso. In Italia si cominciò con un po’ di ritardo soltanto nel 1917, dopo la costituzione delle Sezioni Cinematografiche del Regio Esercito e della Regia Marina.

Immagini a uso e consumo dei non combattenti, che esaltano le azioni coraggiose (con opportuni montaggi e aggiustamenti), allo scopo d’infondere fiducia nella vittoria. Queste pellicole avevano lo scopo di mostrare il lato “spettacolare” di un conflitto che si presentava completamente diverso dai precedenti. Le truppe si battevano generalmente con valore, tuttavia il linguaggio narrativo viene messo al servizio delle esigenze politico-propagandistiche delle istituzioni civili e militari da una parte e dell'attenzione del pubblico dall'altra.

Documenti, quindi, di scarso valore artistico. Ma ci sembra giusto segnalare un documentario che, seppur del 1921, ha a che fare con la Grande Guerra: Gloria: apoteosi del Soldato Ignoto, realizzato dalla Federazione Cinematografica Italiana e

dall'Unione Fototecnici nel 1921 che documenta la traslazione della salma del Milite Ignoto presso l’Altare della Patria.

Sul versante d’Oltreoceano (ricordiamo che gli Stati Uniti entrarono in guerra soltanto nel 1917), colpisce per la bellezza del montaggio, Hearts of the World, girato nel 1918 da David Wark Griffith, un film dall’accento spiccatamente melodrammatico, dove l’impegno bellico statunitense è avvolto dall’aurea di salvatori dell’Europa. Nel periodo interbellico, spicca una sola pellicola che affronta con buona obiettività la tragedia della Grande Guerra: la prima trasposizione del romanzo di Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul Fronte Occidentale, diretto da Lewis Milestone nel 1930, e vincitore dell’Oscar per il miglior film e la miglior regia.

Il film insiste in modo particolare sulla tragedia umana che fu la Prima Guerra Mondiale, ed è pertanto caratterizzato da un certo accento pacifista. Tuttavia, il film passò quasi inosservato in un’Europa attraversata dall’affermarsi dei regimi totalitari e che già si preparava al prossimo conflitto.

Per un’analisi più distaccata e obiettiva, sarà necessario attendere addirittura il secondo Dopoguerra, quando una schiera di affermati registi, nel clima di generale riflessione sul valore della pace, s’interrogò sulle ragioni politiche della guerra, e la sua effettiva conduzione militare. Fra le pellicole più interessanti, ne abbiamo scelte quattro.

Nel 1957, Stanley Kubrick girò Orizzonti di gloria, un film che critica pesantemente l’operato degli Alti Comandi militari, accusati di ottusità e disprezzo della vita dei combattenti. Ambientato sul fronte occidentale nel 1916, il film narra il processo per lato tradimento subito da alcuni soldati di un reggimento, accusati di codardia durante un attacco condotto in condizioni proibitive, e andato fallito. Interpretato da Richard Anderson, Kirk Douglas e George Macready, e ispirato alla vicenda vissuta dal 336º Reggimento di fanteria dell'esercito francese, il film suscitò un acceso dibattito internazionale.

Invece, Niente di nuovo sul Fronte Occidentale (il remake) e Gli anni spezzati (1981), riflettono sulla tragedia della guerra non tanto da un punto di vista antimilitarista, quanto dal punto di vista degli altissimi costi di giovani vite umane; il remake di Niente di nuovo sul Fronte Occidentale, diretto da Delbert Mann (con Richard Thomas, Ernest Borgnine), riprende la vena di Milestone per raccontare l’eroismo di un classe di liceali tedeschi sul fronte francese. Nel suo Gli anni spezzati, Peter Weir racconta la disfatta britannica subita a Gallipoli (titolo originale del film), in Turchia, in un tentativo di sbarco sulla costa. Entrambe le pellicole, comunque, seppur con tono pacifista, non mancano di sottolineare la dedizione dei tanti giovani soldati che combattevano per la Patria.

Infine, vogliamo chiudere questa breve rassegna storico-artistica citando uno dei capolavori della cinematografia italiana di guerra, nonché della produzione dell’indimenticato Mario Monicelli, ovvero La Grande Guerra, girato nel 1959 e interpretato dalla coppia Vittorio Gassman-Alberto Sordi. Con la vena amara tragicomica che gli era abituale, il regista toscano traccia il profilo di un popolo, l’italiano, da secoli digiuno di amor di Patria e tradizioni militari, raccontando la vicenda di due richiamati che, riusciti vani i tentativi d’imboscarsi, una volta al fronte cercheranno di tenersi il più lontano possibile dalla linea di fuoco.

Anche nelle situazioni più estreme, l’italica arte di arrangiarsi cerca sempre di farsi strada, in nome del mero tornaconto personale. Una visione che, se certo non rappresenta il valore effettivo dimostrato dall’Esercito Italiano nella Grande Guerra, certo è emblematico di una mentalità che ancora non si è dissolta.

Niccolò Lucarelli

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