Dal pubblico al privato: imprese e lavoro a rischio a Firenze e in Toscana

Dall'alimentare al tessile: come la crisi stravolge l'identità della nostra Regione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 dicembre 2012 20:23
Dal pubblico al privato: imprese e lavoro a rischio a Firenze e in Toscana

Crisi aziendali, stabilimenti che chiudono ed esuberi: la crisi economica più ancora che sui consumi si abbatte sul lavoro. Seguono scioperi, tavoli istituzionali e proteste varie a cui è sempre più difficile dare una risposta. I casi in Toscana sono emblematici: fabbriche che hanno fatto la storia della nostra regione, che hanno contribuito a costituirne l'identità e la ricchezza sono a un passo dalla chiusura. La crisi ha cambiato le prospettive e ha stravolto il sistema economico e imprenditoriale: difficile in questo momento anche ravvedere sostanziali differenze tra pubblico e privato, che qualche volta come ultimo disperato tentativo di sopravvivenza sono costretti a scambiarsi il testimone, come il caso della fiorentina Ataf.

Di ieri la notizia di esuberi in Ataf, l'azienda di trasporto pubblico fiorentina da poco passato in mano privata, Bus Italia di proprietà di Rfi. l'ad di Ferrovie Mauro Moretti ieri in un colloquio con la stampa è stato chiaro: gli esuberi saranno inevitabili. Il processo di privatizzazione dell'azienda sotto l'amministrazone Renzi non è stato indolore, il sindaco ha ribadito di aver offerto più di una possibilità ai lavoratori di Ataf per non vendere l'azienda: aumento del tempo lavorativo, riduzione delle ferie e revisioni contrattuali a cui gli autisti e sindacati hanno sempre ruisposto con un secco No.

Oggi più che mai, dopo le dichiarazioni di Moretti, i sindacati sono sul piede di guerra: "Il possibile dramma sociale e occupazionale di ATAF, è il frutto della “Privatizzazione” dell’azienda effettuato senza un minimo di strategia che contemplasse la tutela del servizio ai cittadini e dei lavoratori. Questo possibile disastro trasportistico, le OO.SS. lo avevano da tempo previsto ed annunciato, infatti i rappresentanti sindacali ed i lavoratori mai hanno creduto che quanto richiesto loro potesse far sì che ATAF restasse pubblica ed economicamente in equilibrio; in un paese “normale”, un fatto simile avrebbe prodotto le immediate dimissioni di una intera classe dirigente: basti pensare che non più di qualche settimana fa, il Sindaco di Firenze, a proposito di possibili licenziamenti in ATAF sosteneva che chi li paventava “Raccontava Barzellette”. Risulta evidente, che le dichiarazioni dell’amministratore delegato del gruppo FS ( nuova proprietaria di ATAF) rilasciate ieri, sgombrano il campo da inesattezze e superficialità. Come OO.SS.

ed RSU aziendale, chiediamo un gesto concreto di responsabilità agli enti locali e alla politica Fiorentina e Toscana. Alcune osservazioni, le vogliamo indirizzare anche alla nuova proprietà: quando il gruppo ha acquistato le quote azionarie di ATAF, sapeva bene cosa comprava, ed ha avuto i tempi necessari per fare le verifiche del caso, pertanto si assumano le loro responsabilità. Inoltre, noi pensavamo che il gruppo fosse interessato a partecipare alla gara per la gestione dell’intero servizio regionale; poiché la medesima prevede la clausola sociale, quindi tutele occupazionali, non comprendiamo le volontà del gruppo nell’attuare azioni contrarie alla legge regionale. Le OO.SS.

da tempo denunciano che con questa operazione si sarebbero verificati enormi esuberi di personale, cosa sempre e costantemente smentita sia dalla vecchia proprietà Ataf spa sia dalla nuova acquirente Ataf gestioni Srl anche durante lo svolgimento delle procedure dell’ex art.47 L.428/90 dove sono state espressamente richieste le conseguenze giuridico economiche e sociali per i lavoratori e le misure previste nei confronti di questi ultimi. Continua intanto la protesta dei dipendenti comunali di Palazzo Vecchio sulla questione del contratto integrativo.

Ieri la RSU, dopo aver ottenuto che il Consiglio Comunale di lunedì 3 dicembre, approvasse all’unanimità un ordine del giorno che impegnava l’Amministrazione ad assumere tutti gli atti necessari alla definizione del contratto decentrato, ha incontrato la delegazione trattante. "Il primo degli atti necessari per realizzare un contratto decentrato (abbiamo ripetuto fino alla noia che quello vigente scade il 31/12/2012)- dichiarano le Rsu - è LA DEFINIZIONE DEL FONDO PER LA CONTRATTAZIONE, e questo ieri ancora una volta non è avvenuto.

E’ stato comunicato dalla delegazione trattante, che la parte fissa ammonta a 17,144 milioni di euro, ma non c’è stato alcun pronunciamento sull’ammontare della quota variabile: il Sindaco con delibera di giunta del 6 novembre aveva confermato le risorse variabili previste nel bilancio, cioè circa altri 9 milioni di euro, pari a complessivi 26 milioni di euro. Per noi OGNI promessa è debito !" conclude l'Rsu che indice una mobilitazione per l'ultimo Consiglio Comunale prima della pausa natalizia, quindi per il 17 dicembre. In Regione intanto si ragiona sui fondi che lo Stato avrebbe intenzione di aggiungere a quelli già previsti per la cassa integrazione in deroga.

“Se l’emendamento diverrà legge si tratta di un primo risultato positivo della pressione delle Regioni”. E’ il commento dell’assessore alle attività produttive e al lavoro della Toscana, Gianfranco Simoncini, all’emendamento alla legge di stabilità presentato a Palazzo Madama a Roma e che metterebbe a disposizione 400 milioni in più per gli ammortizzatori sociali rispetto agli 800 già previsti. L’emendamento avrebbe già ricevuto il via libera dalla Ragioneria dello Stato. “Non siamo ancora alla disponibilità delle risorse necessarie per coprire tutto il 2013” sottolinea Simoncini.

Il quadro è drammatico e servirebbe molto di più. Nel 2012 la spesa in Italia si avvia superare i 2 miliardi, il doppio di quanto stanziato (compresi i 400 milioni ora messa a disposizione all’emendamento); in Toscana sempre quest’anno sono state erogati 130 milioni e per il 2013 finora ce n’erano a disposizione solo 42. “Se la disponibilità è chiaramente ancora insufficiente – conclude l’assessore – l’emendamento è comunque un segnale importante di attenzione che garantisce maggiori risorse che permetteranno di evitare il blocco delle autorizzazioni a maggio o giugno, consentendo qualche mese in più di intervento.

Si tratta ora di proseguire la pressione affinché si trovino altre risorse per dare tranquillità per tutto l’anno”. Ma gli ammortizzatori sociali, si sa, sono solo un palliativo, una soluzione temporanea: bisogna far ripartire le aziende o evitare che chiudano, soparttutto se si tratta di realtà lavoratice che ormai sono parte integrante del tessuto sociale regionale, un vanto per la Toscana e per l'Italia. E' il caso della Carapelli. Alcuni rappresentanti delle RSU di Carapelli ed esponenti delle organizzazioni sindacali hanno incontrato questa mattina in Palazzo Medici Riccardi l’Assessore provinciale al Lavoro Elisa Simoni per esporle l’attuale situazione dell’azienda, che vede 28 dei suoi dipendenti coinvolti in una procedura di mobilità.

Più in generale, i lavoratori e i rappresentanti sindacali hanno ripercorso la storia recente del gruppo per condividere con l’Assessore le preoccupazioni su una progressiva perdita di interesse da parte della proprietà nei confronti degli stabilimenti e della produzione “Made in Italy”, a fronte di una crescente centralizzazione dei cicli industriali in Spagna, paese d’origine di Deoleo, gruppo che ha acquisito il marchio Carapelli Firenze nel 2006. “Addirittura nello scorso mese di luglio – affermano i lavoratori – il consigliere delegato Deoleo Jaime Carbò ha comunicato ai sindacati nazionali che per il gruppo sarebbe ottimale mantenere funzionanti due stabilimenti sui quattro al momento esistenti, dei quali due in Spagna e due in Italia.

Corriamo davvero il rischio che gli impianti italiani di Inveruno e di Tavarnelle vedano spegnersi ogni prospettiva”. Oggi i lavoratori in procedura di mobilità sono 28, 16 a Tavarnelle e 12 a Inveruno: alla preoccupazione per la tenuta occupazionale si aggiunge quella per il mantenimento della produzione e del ciclo industriale Made in Italy. “La vicenda Carapelli è molto delicata e sensibile – ha detto Elisa Simoni, Assessore provinciale al Lavoro – Non possiamo permetterci di perdere lavoratori e professionalità.

Necessario anche che la questione sia affrontata dal punto di vista della tenuta dell’italianità del marchio. La vertenza ha una connotazione nazionale ma sarà seguita dalle istituzioni locali: dopo l'incontro di stamani, aspettiamo l'incontro a Confindustria il 13 dicembre, per poi valutare un passaggio al tavolo regionale”. Quando puntare sul made in Italy non basta più vengono in soccorso i mercati orientali, che della crisi mondiale sembrano invece risentire meno. E' così anche nel settore che da sempre è prerogativa italiana: il tessile, si guarda con favore alla Cina.

Di stamani l'accordo tra la pratese Beste e la cinese Anhui Huamao, la dichiarazione del presidente della Provincia Lamberto Gestri “La Beste ha dimostrato coraggio e lungimiranza, ha messo a frutto la lunga esperienza sul mercato internazionale indirizzandola vero il cambiamento e l'innovazione”. E' il commento a caldo del presidente della Provincia Lamberto Gestri, che stamani ha partecipato, prima nella sede dell'azienda e poi a Prato nel palazzo comunale, alle varie fasi della firma del contratto di joint venture fra la Beste e la Anhui Huamao, che darà vita alla società H&B Textile Technology.

“La presenza stamani dell'ambasciatore cinese in Italia Ding Wei e della console a Firenze Wang Xinxia testimonia con quanto interesse le autorità cinesi seguano gli sviluppi dell'accordo – conclude Gestri – E' senz'altro un segnale di vitalità, che apre nuovi scenari nella ricerca di intese vantaggiose fra aziende italiane e cinesi. Per il distretto può significare entrare dalla porta principale nell'importantissimo mercato orientale puntando su qualità e competitività”. Altra realtà toscana ad essere stata messa in discussione, stavolta non solo e non tanto per la crisi, ma in seguito a una riforma legislativa è la storica del settore farmaceutico: la Menarini Di questa mattina l'incontro avvenuto al Mise tra Ministero, azienda, Istituzioni regionali e Organizzazioni Sindacali, il Gruppo Menarini ha avuto modo di illustrare sia il proprio piano di investimenti attuali e futuri, concentrati sulla Ricerca e Sviluppo di nuovi prodotti, sia le difficoltà attuali. A seguito della nuova legge sulla prescrizione dei farmaci che prevede l'obbligo per il medico curante di indicare nella ricetta il solo principio attivo e non il nome commerciale del farmaco, l'azienda ha denunciato una consistente flessione del fatturato fino ad annunciare 1000 esuberi.

Al termine dell'incontro l'azienda dichiara: "Pur avendo,per la seconda volta e con enorme sforzo di responsabilità, accettato alla fine di posporre ancora l'apertura formale delle procedure di mobilità in modo da venire incontro alle richieste di Istituzioni e Sindacati, Menarini non può non esprimere tutta la propria disillusione rispetto al quadro legislativo riguardo la prescrizione dei farmaci, assolutamente negativo e persistente anche dopo le modifiche contenute nel decreto sviluppo. "Da una parte si dichiara strategico il settore farmaceutico e i suoi investimenti, ma nei fatti le aziende che investono nel nostro Paese e creano occupazione vengono penalizzate con leggi appositamente fatte per agevolare invece aziende che importano tutto da Paesi esteri" ha dichiarato Domenico Simone, Direttore Generale del Gruppo Menarini. "La nostra azienda opera con successo in oltre 100 Paesi del mondo, ma solo in Italia, dove abbiamo la maggior parte dei nostri investimenti, ci troviamo di fronte a situazioni così paradossali". “Per adesso torniamo a Firenze senza licenziamenti.

Almeno fino all’inizio del prossimo anno l’azienda ha accettato di congelare i mille esuberi annunciati. E già questo è un primo passo.” Lo dice Massimo Guerranti, segretario generale della Femca-Cisl toscana, appena uscito dall’incontro al Ministero dello sviluppo economico sugli esuberi annunciati in Italia dal gruppo farmaceutico Menarini. “Di fronte alla richiesta dei sindacati e del governo Menarini ha accettato questo ulteriore stop –aggiunge Guerranti-. Nel frattempo lavoreremo per risolvere i problemi che esistono nel settore e vedremo cosa succederà in Parlamento rispetto al Decreto che dovrà essere convertito entro il 18 dicembre.

Come organizzazioni sindacali abbiamo chiesto e continueremo a chiedere all’azienda responsabilità.”

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