La lotta all'obesità comincia nella culla

Scoperta di un gruppo di ricercatori toscani pubblicata su prestigiosa rivista Usa

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 settembre 2010 22:41
La lotta all'obesità comincia nella culla

Firenze- Se saremo grassi, addirittura obesi, o se invece avremo una linea invidiabile, lo stabilisce anche l'ambiente circostante in cui viviamo fin da piccoli, e il numero di stimoli cerebrali e di tipo sociale cui siamo sottoposti durante l'infanzia. E' il risultato di uno studio condotto sui topi da un gruppo di ricercatori pisani dell'IEPTO-Istituto Europeo per la Prevenzione e Terapia dell'Obesità, appartenenti al Dipartimento di Endocrinologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, alla Scuola Normale Superiore, all’Istituto di Neuroscienze del CNR e all'Università di Firenze, coordinati da Margherita Maffei e Tommaso Pizzorusso.

La ricerca, pubblicata nei giorni scorsi sull'ultimo numero della rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Sciences, ha dimostrato che è possibile aumentare la leptino-sensibilità del topo, esponendolo ad un cambiamento radicale delle condiz ioni di vita, o meglio, ad un diverso “life style”. «Siamo davvero orgogliosi di questa scoperta tutta toscana - commenta l'assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia - La Toscana sta investendo molto in ricerca e intende continuare a farlo.

Parallelamente al buon funzionametno dei servizi, ci interessa anche una ricerca in grado di migliorare lo stato di salute della popolazione. Inoltre questa scoperta è una conferma ulteriore di quanto sia importante una corretta educazione alimentare che inizi fin dai primi mesi di vita. Il sistema sanitario toscano sta investendo molte risorse per i giovani, soprattutto nel campo dell'educazione alla salute: prevenzione, corretti stili di vita, alimentazione equilibrata, attività fisica costante.

Nei prossimi mesi lanceremo molti progetti dedicati in particolare ai giovani. Fare in modo che restino in salute farà bene a loro e a tutto il sistema sanitario toscano». La leptina è quell'ormone prodotto dal tessuto adiposo che agisce sul cervello per sopprimere l'appetito e indurre dimagrimento, scoperta nel 1994 dal gruppo di Jeff M.Friedman (NY, Usa), di cui faceva parte anche la dottoressa Maffei. In pratica gli studi condotti 15 anni fa avevano dimostrato che il segnale leptinico che arriva al cervello funziona da agente anoressizzante e dimagrante.

Nell'immediato si pensò di aver scoperto una sorta di “pillola magica” per dimagrire; poi è emerso che in realtà, nel caso delle persone obese, avviene addirittura il contrario in quanto questi soggetti hanno quasi sempre livelli di leptina molto elevati, per cui presentano una “leptino-resistenza”, ovvero una incapacità da parte del cervello di rispondere al segnale leptinico (dimagrante) nella maniera corretta. Da quel momento combattere la leptino-resistenza, ovvero aumentare la leptino-sensibilità è diventato l'obiettivo chiave per la terapia dell’obesità.

Il recente studio condotto sui topi si colloca su questa scia, in quanto ha dimostrato che l'ambiente in cui si è sottoposti fin dalle prime fasi della vita influenza le abitudini alimentari e la sensibilità alla leptina. Se infatti si pone il topo, fin dalla nascita, in una situazione di “arricchimento ambientale”, in cui sono favoriti non solo l’esercizio fisico ma anche attività tipicamente “cerebrali” quali l’esplorazione dello spazio e di oggetti sempre nuovi, il topolino risulta più leptino-sensibile, ovvero meno suscettibile ad ingrassare.

I ricercatori hanno dimostrato che l’esposizione all’ambiente “arricchito” determina nell’ipotalamo – il principale centro cerebrale dedicato alla regolazione del metabolismo - un potenziamento della risposta dei neuroni al segnale di saziet&a grave; veicolato dalla leptina. Inoltre, lo studio prova che l’arricchimento ambientale è anche in grado di modificare i circuiti nervosi che controllano l’appetito, i quali potrebbero contribuire in modo determinante all’aumento della sensibilità alla leptina.

Quest’ultimo dato è particolarmente interessante, poiché non è stato osservato nel caso in cui i topolini erano sottoposti solamente a un programma di esercizio fisico volontario, paragonabile, nell’uomo, al semplice “fare movimento”. La ricerca dimostra dunque - una volta trasferiti i risultati della ricerca sul topo nel campo della prevenzione della obesità umana - che il gioco, l'esplorazione, la socialità, in una parola, la stimolazione cognitiva, giocano un ruolo importante nel determinare gli effetti anti-obesità osservati, potenziando i benefici della sola attività fisica.

Se invece un a nimale ormai adulto viene esposto agli stessi cambiamenti di life style, non si ottengono effetti così eclatanti. Questo per ribadire il concetto che, come per mille altre funzioni, anche le abitudini alimentari, ed i meccanismi biochimici e neurologici che le regolano, si stabiliscono durante le prime fasi della vita. In pratica, dallo studio si può concludere che esistono le basi biologiche per poter sostenere che favorire la crescita del bambino con un ambiente fisicamente e intellettualmente stimolante lo aiuterà, tra l’altro, a sviluppare un buon sistema di regolazione dell’appetito e del peso corporeo.

Al contrario, limitare le sue potenzialità, non incoraggiare i rapporti sociali, non fornire spazi adeguati per l’attività fisica di tipo ludico, o favorire eccessivamente attività passive come guardare la televisione, probabilmente non lo aiuterà a stabilire un sistema di autocontrollo rispetto alle abitudini alimentari. Altri autori della ricerca: Marco Mainardi, Gaia Scabia, Teresa Vottari, Ferruccio Santini, Aldo Pinchera, Lamberto Maffei. (com/lz)

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