Nave dei veleni: Legambiente chiede chiarezza

Baronti e D’Angelis: “La verità sulle navi affondate! L’indagine contro le ecomafie del Tirreno sia svolta nel minor tempo possibile. Ad oggi il Governo è assente e occorre controllare i fondali”.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 ottobre 2009 19:10
Nave dei veleni: Legambiente chiede chiarezza

Primo: controllare i fondali di un tratto dell’arcipelago toscano, in particolare a 10 miglia a nord di Marciana Marina. Secondo: chiarire il mistero della nave fantasma affondata dalla ‘ndrangheta al largo di Livorno, come ha rivelato il pentito della ' ndrangheta calabrese, Francesco Fonti. Terzo: fare luce sulle rotte delle navi partire dalla fine degli anni Ottanta dai porti toscani di Livorno e Carrara, con destinazione Somalia o altri Paesi africani. Quarto: chiarire cosa ci faceva, a 10 miglia a nord di Marciana Marina alle 21 del 5 luglio scorso, la portacontainer maltese Toscana, “osservata con binocoli e seguita mentre con le gru gettavano oggetti fuori bordo che sembravano essere proprio container da 16 piedi, circa 5 metri”, come si legge nel rapporto all’autorità portuale livornese dell’equipaggio dell’imbarcazione tedesca Thales, che partecipa a progetti internazionali con Legambiente. Quinto: impegnare risorse per effettuare una campagna di rilevamenti sui fondali con le migliori tecnologie disponibili per verificare se ci sono navi, bidoni, container o altri carichi zavorrati dalla criminalità, e per le segnalazioni di diversi rinvenimenti di bidoni pieni di oli esausti di provenienza industriale, rimasti impigliati nelle reti dei pescherecci. Sesto: aumentare i controlli sui traffici di rifiuti industriali e sul loro smaltimento. Sono queste le richieste più urgenti avanzate nel corso della conferenza stampa di Legambiente Toscana dal presidente Piero Baronti e dal presidente della Commissione Territorio e Ambiente del Consiglio Regionale Erasmo D’Angelis.

“Il caso dell’affondamento delle navi dei veleni, ben quattro nell’alto Tirreno e almeno una al largo della costa livornese, come affermato dal pentito Francesco Fonti, non deve finire nel nulla e le indagini della Procura di Livorno si svolgano nel più breve tempo possibile, con risorse e tecnologie che devono essere messe a disposizione dal Governo” si legge nel comunicato diramato al termine della conferenza stampa. “Ci auguriamo che il lavoro di indagine della procura di Livorno possa contribuire a far luce sull’industria criminale dello smaltimento illegale dei rifiuti industriali e ad individuare manovalanza, mandanti e industrie colluse – spiega Erasmo D’Angelis, che nel 1988 è stato uno dei primi giornalisti a seguire le rotte delle navi dei veleni tra l’Italia, l’Africa e i paesi dell’Est, e che ha scritto “Scarica barile”, insieme all’esperto ambientale Duccio Bianchi –.

L’apertura dell’indagine relativa alla dichiarazioni del pentito della `ndrangheta Francesco Fonti, che indica il mar Tirreno davanti a Livorno come uno dei ‘cimiteri’ marini di scorie tossiche dove sarebbero stati affondati migliaia di fusti contenenti sostanze pericolose, è un passo in avanti nell’accertamento della verità e pretendiamo che il Governo Berlusconi garantisca risorse e mezzi navali per avviare prima possibile, e con l’urgenza che richiede la gravità del crimine, una campagna di rilevamenti sui fondali con le tecnologie disponibili per sciogliere ogni dubbio e restituire tranquillità alla popolazione garantendo l'economia costiera, la pesca e il turismo”.

“Diverse strutture regionali, dalla capitaneria del porto all’Arpat al Presidente del Parco dell’Arcipelago Mario Tozzi, possono già mettere a disposizione le prime strutture per le indagini e le ricerche – dice il presidente di Legambiente Toscana Piero Baronti -. Le rivelazioni del pentito forniscono ulteriori elementi per avviare subito una massiccia operazione verità sia sugli affondamenti che nella gestione e nello smaltimento dei nostri rifiuti industriali. Non è possibile né accettabile che si continui a non controllare la loro destinazione finale”.

Per Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente e Responsabile Ambiente del Pd, che ha presentato una mozione sull’argomento in Parlamento insieme ai colleghi Granata e Barbareschi “il silenzio del Governo su questa gravissima vicenda è assordante. Si tratta di una della pagine più buie del nostro paese su cui pesano quindici anni di omissioni, depistaggi, indagini chiuse spesso troppo frettolosamente. E’ sconcertante pensare che già nel 2004 l’allora ministro Giovanardi in risposta ad un’interrogazione che presentai sulle navi dei veleni ammettesse l’esistenza di una rete internazionale per il traffico illecito di rifiuti pericolosi e radioattivi via mare e come in alcune vicende giudiziarie questa attività si sovrapponesse chiaramente con il traffico d’armi.

Ma da allora poco o nulla è stato fatto, mentre la contaminazione di mare e terraferma proseguiva incessantemente minando la salute di migliaia di cittadini e del mare. Torniamo a chiedere l’intervento dello Stato e la messa in campo di risorse, mezzi e tecnologie per far luce una volta per tutte su questa storia, a cominciare dalla ricerca delle altre navi che con tutta probabilità giacciono sui fondali dei nostri mari con il loro carico di rifiuti tossici e radioattivi”.

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