Con ''Attenti al Lupo'' un progetto per tutelare la specie e limitarne i danni

Al via un'iniziativa che vuole limitari i danni agli allevatori e, al tempo stesso, tutelare i lupi, dai 25 ai 40 esemplari, tornati in questi ultimi anni sull'Appennino.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 luglio 2009 18:33
Con ''Attenti al Lupo'' un progetto per tutelare la specie e limitarne i danni

Sono tornati i lupi nel territorio fiorentino e la Provincia di Firenze interviene per limitare i danni riscontrati dagli allevatori delle zone colpite, con un progetto, presentato stamani a Palazzo Medici Riccardi, che coinvolge sia l’Associazione Interprovinciale Allevatori di Firenze e Prato (Apa), sia il Centro per lo studio e la documentazione sul lupo di Firenzuola (Csdl). Due realtà apparentemente in conflitto, che si ritrovano coinvolte entrambe dalle azioni che la Provincia di Firenze va a sostenere, azioni in grado di mediare tra le proteste degli allevatori e l’esigenza di protezione e tutela del lupo. L’iniziativa è stata illustrata dalla vicepresidente della Provincia e assessore alla caccia, Laura Cantini, dall’assessore all’agricoltura Pietro Roselli, dall’assessore alla programmazione territoriale, parchi e aree protette Marco Gamannossi e da Giuseppe Pietracito dell’Apa. Dal Mugello al Chianti, dalla Val di Sieve all’Empolese Valdelsa, la Provincia finanzierà attività di informazione e monitoraggio, e soprattutto la realizzazione di impianti di recinzione elettrificata a vasto raggio, in modo da consentire agli allevatori, nel periodo primaverile ed estivo, di portare gli animali al pascolo in zone più alte.

Questo sia per tutelare gli allevatori, ma anche e soprattutto per difendere il lupo, congiurando il fenomeno del bracconaggio, che ha portato in meno di tre anni al ritrovamento di ben 8 lupi uccisi da bocconi avvelenati. “L’iniziativa che promuoviamo da oggi – ha detto la vicepresidente Cantini – è l’applicazione su tutto il territorio provinciale di una sperimentazione fatta nell’Alto Mugello, quando apparvero i primi lupi. Al posto di reazioni timorose o provvedimenti temporanei, la Provincia ha portato avanti una serie di studi e ideato interventi sperimentali di protezione.

I risultati di questi studi ci hanno dato modo di capire quanti lupi ci sono nel nostro territorio e dove si trovano, mentre l’intervento campione ci ha fatto capire che la sperimentazione funziona”. Secondo quanto riferito dall’assessore provinciale all’Agricoltura, Pietro Roselli: “Dall’incrocio dei dati provenienti dai rilievi genetici, dal monitoraggio con la tecnica del wolf-howling (ululato indotto) e dalla segnalazione degli episodi di predazione, si ipotizza una popolazione oscillante tra i 25 e i 40 capi presenti sull’arco appenninico, in alcuni rilievi a nord di Firenze (Monte Morello, Calvana e Monte Giovi) sul Pratomagno e sui monti del Chianti.

In dubbio invece l’eventuale presenza di qualche capo nell’empolese, in particolare nel comune di Castelfiorentino”. L’assessore Marco Gamannossi ha espresso “grande soddisfazione, perché con questi interventi riusciamo a tutelare lupo e agnello, eliminare il bracconaggio e rendere sicuri gli allevatori. E rendere il giusto onore all’ottimo lavoro di monitoraggio che gli uffici provinciali preposti alla tutela della biodiversità e delle specie protette hanno svolto e svolgono tuttora”. “Un’iniziativa importante, risolutiva – ha detto il Presidente dell’Apa Pietracito – che va incontro alla sensibilità degli allevatori di vedere tutelate le biodiversità, ma soprattutto crea i presupposti perché possano svolgere il loro lavoro anche in luoghi marginali, difficili, vicini ai boschi, dove l’esistenza degli allevatori è tanto più importante, pena l’abbandono stesso di queste zone.

Ringrazio la Provincia – ha proseguito Pietracito – perché ha capito che gli allevatori non possono farsi interamente carico di un’iniziativa che va poi a beneficio della collettività. Gli allevatori devono mantenere il loro ruolo di presidio e difesa dell’ambiente faunistico, che è interesse di tutti, ma anche il loro reddito, pena la cessazione dell’attività. Dobbiamo evitare che le specie viventi in via d’estinzione nei territori più difficili, diventino gli allevatori stessi”.

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