Botticelli e Filippino Lippi in Palazzo Strozzi: intervista a Pierluigi De Vecchi che esprime riserve sulla mostra

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 marzo 2004 09:59
Botticelli e Filippino Lippi in Palazzo Strozzi: intervista a Pierluigi De Vecchi che esprime riserve sulla mostra

E’ stata inaugurata ieri, in Palazzo Strozzi, una mostra che si prefigge tra l’altro di documentare, con precisione, il rapporto dialettico intercorso, sul piano artistico, tra Sandro Botticelli e Filippino Lippi. NOVE ha avuto l’occasione, davvero fortunata, di osservare da vicino la sequenza impressionante dei capolavori esposti in compagnia di Pierluigi De Vecchi che ha curato specificamente, in collaborazione con Daniel Arasse, la presentazione e la focalizzazione critica delle opere di Sandro Filipepi.
Oltre ai loro contributi si possono leggere, nel catalogo, gli interessanti interventi di Charles Dempsey, Alessandra Galizzi Kroegel, Antonio Paolucci e Claudio Strinati – già presenti in quello pubblicato in occasione della mostra parigina al Musée du Luxembourg – ai quali si aggiunge, adesso, un saggio su Filippino di Jonathan Katz Nelson.
Il primo impatto con l’esposizione non è del tutto positivo.

Un fascio di luce puntuale investe le opere nella soffusa penombra delle sale impedendo così una lettura soddisfacente dei dipinti che, in taluni casi, perdono gran parte della loro concreta fisicità di manufatti, emergendo con violenza dal buio quasi immagini proiettate sulla parete. Occorre perciò trovare, volta volta, un punto di osservazione che consenta di attenuare la sgradevole sensazione di avere sotto gli occhi l’immagine riprodotta da una foto o una diapositiva. Ciò implica sovente di abbandonare, per l’appunto, l’angolo visuale proposto e imposto dalla scelta prospettica dell’artista, ossia di trascurare il requisito minimo essenziale a una corretta visione delle opere.

Si direbbe quasi che la ricerca di una dimensione virtuale, nel nostro tempo, venga portata avanti anche laddove, al contrario, sarebbe di vitale importanza poter instaurare un rapporto il più possibile diretto e spontaneo con l’oggetto, la visione essendo il frutto dell’organo più sensuale – come ha insegnato Platone nel Fedone - dell’animale uomo.
Cosa ne pensa professor De Vecchi?
Il giudizio mi pare troppo severo anche se, effettivamente, la luce illumina con forza eccessiva i dipinti qui esposti; sarebbe certo stato necessario smorzarne un po’ l’impatto.

A volte però non è così semplice trovare una soluzione pienamente soddisfacente.
Quali sono le differenze principali tra la mostra parigina e questa di Firenze, a parte lo spazio maggiore dedicato in quest’ultima a Filippino Lippi?
Al Musée du Luxembourg l’attenzione era concentrata su Botticelli. Accanto ai suoi dipinti figurava tuttavia una più ampia scelta di autori a lui contemporanei che consentivano di recuperare uno sguardo di insieme, certamente più ampio, sulla civiltà figurativa del Quattrocento.

Oggi, invece, abbiamo, insieme a Botticelli, Filippino Lippi, così lo spazio che si poteva dedicare ad altri autori si è necessariamente ridotto. La mostra parigina, inoltre, seguiva un itinerario espositivo esclusivamente cronologico, mentre l’esposizione attuale risponde a due diverse esigenze. C’è, anche qui, la necessità di seguire l’ordine cronologico delle opere ma, ad esso, si affianca quella di suddividere le opere per gruppi tematici. Sono due mostre ovviamente affini, pur presentando differenze non irrilevanti.

[Simmaco Percario]

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