Una settimana di eventi alla Pergola

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 marzo 2002 16:13
Una settimana di eventi alla Pergola

Il Teatro della Pergola ospita nella settimana dall’ 11 al 18 marzo 2002 un fittissimo calendario di eventi che si snoderanno attraverso i diversi spazi teatrali a conferma del ruolo sempre più impegnativo di spazio agito con continuità e molteplicità di offerta. Dalle mostre alla musica classica ai tradizionali incontri col pubblico a due straordinari debutti che segnano per la inattesa simultaneità proprio quell’ideale continuità di percorso tra classico e moderno (Shakespeare e Calvino) e di contaminazione artistica tesa a ricomporre nell’unità spettacolare le diverse forme d’arte visiva, musicale, performativa.
Lunedì 11 marzo 2002 alle ore 19.00 nella Sala Oro si inaugura la mostra di scenografie Verdi in Slovacchia organizzata dall’Ambasciata della Repubblica Slovacca e dal Comune di Firenze in collaborazione con L’Istituto Slovacco a Roma.

Seguirà nel Saloncino il recital di Eva Blahovà, mezzosoprano.
Da mercoledì 13 a venerdì 15 marzo l’ultimo appuntamento della stagione del Saloncino, spazio che ha vinto la scommessa di coinvolgere ampie fasce di pubblico in un orario inconsueto intorno a testi della contemporaneità legati a temi significativi della società civile e culturale. Ed è per questo felice esperimento di maratona teatrale che si è composta in queste occasioni che due grandi attori Giorgio Albertazzi e Michele Placido animeranno in contemporanea per tre giorni i due palcoscenici della Pergola.
Il debutto dell’Otello annunciato per martedì 12 marzo è stato posticipato a mercoledì 13 marzo, la recita di martedì verrà comunque recuperata lunedì 18 marzo.
Giovedì 14 marzo alle 17.00 Michele Placido incontrerà il pubblico nel consueto appuntamento di Firenze a Teatro ad ingresso libero, coordina Laura Caretti.
L’intensissima settimana si conclude sabato 16 alle 15.45 e domenica 17 marzo alle 20.45 con i due concerti degli Amici della Musica: Ensemble Sandor Vegh e Quartetto Lindsay.

Da mercoledì 13 a venerdì 15 marzo 2002 ore 19.00 – Saloncino Giorgio Albertazzi in un testo di Italo Calvino.
Le Lezioni Americane sono cinque conferenze scritte nel 1985 da Italo Calvino per le “Charles Eliot Norton Poetry Lectures” della Harvard University, dove era stato preceduto da personalità come T.S.Eliot, Stravinskij, Borges, Northop Frye, Octavio Paz, e dove lui sarebbe stato il primo italiano a parlare.

Purtroppo la morte colpì l’autore alcuni mesi prima di partire per l’America, e quindi questi scritti rimasero a giacere tra le carte dell’autore.Alcuni mesi dopo la moglie, Esther Calvino, le fece pubblicare con questo titolo complessivo di Lezioni americane, ed il sottotitolo “Six memo for the next millenium”, sei proposte per il nuovo millennio. In realtà le lezioni sono cinque, una sesta dal titolo Consistenza sarebbe stata scritta da Calvino in America. ”Vorrei dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o qualità o specificità della letteratura che mi stanno particolarmente a cuore, cercando di situarle nella prospettiva del nuovo millennio” dichiarava Calvino nell’introduzione alle conferenze sulla Leggerezza, Rapidità, Esattezza ,Visibilità, Molteplicità.

Cinque valori da approfondire legati alla letteratura, ma anche al nostro vivere, oggi che nel nuovo millennio ci siamo.
Ora, queste conferenze prendono forma teatrale attraverso l’interpretazione di uno dei più grandi attori italiani: Giorgio Albertazzi. Sarà lui il conferenziere, colui che ci guiderà con le parole di Italo Calvino in un vertiginoso viaggio nella letteratura mondiale alla ricerca delle motivazioni che stanno dietro ognuno di questi valori.
“La più riuscita è probabilmente la Leggerezza, che è stesa con una leggerezza conquistata grazie ad uno stile contraddittorio, ad una continua esplorazione del contrario” dichiarava l’amico scrittore Pietro Citati che ha seguito le ultime giornate di Calvino.

Il nostro spettacolo si focalizza proprio sulla prima di queste conferenze, dove poesia e teatro si incrociano e si fondono: Dante, Cavalcanti, Shakespeare, Lucrezio, Ovidio, Cyrano, Leopardi, Kafka.
In uno spazio, che sa più di stanza/studio che non luogo di conferenza, tra quadri e computer, macchine da scrivere e telecamere, la scrittura teatrale prende il sopravvento sullo stile conferenza, condividendo e sottolineando i concetti, le riflessioni e le conclusioni dello scrittore. Una giovane assistente/allieva francese, di quella Parigi vissuta e amata, insieme ad una violoncellista, lo seguono nella preparazione, nella prova per una conferenza mai avvenuta, e che mai avverrà.

Come in un programma televisivo di molti anni fa Appuntamento con la Novella, le mani di Albertazzi aprono il libro/libri di Italo Calvino, e mentre l’attore di una capacità affabulatoria rara segue il percorso letterario, una telecamera scopre lui, i suoi appunti, gli schizzi, i disegni, i libri, gli oggetti, gli elementi dello spazio teatrale e proietta immagini in diretta o registrate (la memoria teatrale e cinematografica di Albertazzi) in un labirinto di rimandi, in un dialogo tra letteratura, teatro, video e musica.

Da mercoledì 13 a lunedì 18 marzo 2002 ore 21.00 Michele Placido in una regia di Antonio Calenda.
E’ un dramma d’amore e di morte, un dramma di passioni e diversità, quello tratteggiato da William Shakespere in Otello.

Un altissimo classico - fortemente allusivo alla nostra realtà, per la ricchezza di piani di interpretazione e d’analisi intrecciati dall’autore - che Calenda ha voluto leggere in tutta la sua complessità, scavando profondamente nelle motivazioni dei personaggi, concentrandosi sulla loro interiorità, sulle dinamiche dell’anima, prima ancora che sul celeberrimo plot.
L’allestimento dell’Otello segna una nuova significativa tappa in quel percorso di riflessione sul teatro elisabettiano che il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia ha avviato da tempo, realizzando - sempre per la regia di Antonio Calenda - lavori quali Riccardo III (1996) con Franco Branciaroli ed Amleto (1998) con Kim Rossi Stuart.


Interessante e approfondito l’itinerario critico e interpretativo seguito da Calenda per la nuova messinscena shakespeariana, che vede protagonista una compagnia numerosa, ove all’intensa espressività e all’esperienza di un artista dello spessore di Michele Placido, si fonde l’attenta preparazione di interpreti di grande scuola e di molti giovani attori.
Forte della sensibilità e della vis espressiva di Michele Placido, Antonio Calenda gioca - a livello di messinscena - su diversi piani di lettura puntando sull’universalità dei conflitti da lui rappresentati, tali da poter diventare metafora del mondo attuale e delle sue laceranti contraddizioni.


Le sottili allusioni al nostro tempo però non hanno bisogno questa volta di segni macroscopici, di forti riferimenti iconografici alla contemporaneità: l’ambientazione scelta dal regista, dunque, è suggestiva, evocativa del mondo di Venezia e delle atmosfere di Cipro (la scena è di Bruno Buonincontri), ed i costumi di Elena Mannini appariranno ricchissimi e seicenteschi… Sono le anime, le menti, in primo piano, la solitudine di Otello e dello stesso Iago, enfatizzate dalle ampiezze dello spazio scenico essenziale, dall’uso sapiente delle luci (creazioni di Nino Napoletano), dalla recitazione intensa e vibrante degli attori, guidati da Calenda.
La traduzione è quella raffinata di Agostino Lombardo, gli spettacolari duelli sono stati preparati dal maestro d’armi Renzo Musumeci Greco e le musiche di scena sono composte dal maestro Germano Mazzocchetti.

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