Don Milani, "prima di tutto prete"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 novembre 2000 19:41
Don Milani,

"Don Lorenzo non si è mai tolto la tonaca perché era il segno distintivo del suo essere soldato di Cristo". Il Presidente della Provincia Michele Gesualdi è intervenuto stamani al convegno degli obiettori di coscienza promosso a Borgo San Lorenzo e a Barbiana da Pax Christi, in collaborazione con Aon e Loc, quasi un pellegrinaggio alle radici dell'obiezione di coscienza. "Per la verità faccio fatica a parlare di lui - ha detto Gesualdi, che di don Milani è stato allievo - Siamo di fronte a uomo di Dio esigente, sacerdote del Dio di Abramo e della chiesa di Cristo.

Questo lo ha fatto divenire uomo per gli altri, gli ha fatto fare il prete tenendo gli occhi ben sgranati su quanto gli avveniva intorno e modellare il suo apostolato per rispondere ai bisogni dei suoi poveri".
L'obiettivo principale di don Lorenzo? "Evangelizzare, salvarsi e salvare le anime. Lo ha sempre fatto come prete con una consapevolezza profonda di essere uomo dei sacramenti". Se non si parte da questa constatazione, e cioè "che don Lorenzo apparteneva alla sua Chiesa e ai suoi poveri", non si colgono fino in fondo le sue prese di posizione, inserite nella prospettiva del passaggio "dal particolare di Barbiana all'universale.

Qui la figura del padre, del maestro e del prete si fondevano insieme, diventando tutt'uno".
Tutti gli scritti di don Milani "sono nati da esperienze sofferte e dall'esigenza di insegnare ai suoi ragazzi, a Calenzano come a Barbiana. Niente in don Lorenzo parte dall'astratto o dal puro pensiero. Si trattava per lui di dare una risposta concreta a fatti che riguardavano il suo popolo, la sua comunità che a Barbiana coincideva con la scuola". Il priore di Barbiana "di fronte a ogni ragazzo personalizzava il suo insegnamento perché considerava di avere sempre davanti a sé un'anima da salvare".


Da queste esigenze nasce anche la lettera ai Cappellani sull'obiezione di coscienza. "Don Lorenzo - ha ricordato Gesualdi - non poteva accettare che i cappellani militari accusassero di viltà ragazzi che pagavano con la galera ideali alti. Non poteva sopportare che un prete insultasse così i ragazzi. Di fronte a questa ingiuria si sentì impegnato a insegnarci a reagire al prete che sbaglia". Anche per questo don Milani, obbediente alla Chiesa, studiava e approfondiva tutto.
"Da questa sua visione larga nascevano affermazioni che ci colpivano - ha continuato il Presidente della Provincia - come quando una volta disse che le chiese protestanti erano in alcuni campi più avanti di quella cattolica, perché su temi come l'obiezione di coscienze si erano già impegnate.

Anche le chiese protestanti, diceva, sono fatte di eroi che cercano Dio e compiono scelte con la propria coscienza. La chiesa cattolica, di cui si sentiva figlio, diceva che è la madre dei peccatori e degli umili ai quali insegna come comportarsi con il proprio magistero. Don Lorenzo, inoltre, ispirato da un monoteismo radicale, diceva che la maggior parte degli uomini credono in Dio: una parte di essi chiama Dio la propria coscienza, un'altra parte, che è una piccola parte, non crede ma è una parte 'malata'".

Nell'intervento di Gesualdi è anche emersa l'alta considerazione nella quale si teneva Gandhi a Barbiana, oltre che Savonarola e San Francesco: il mahatma era definito "un santo di religione indiana".
Il convegno di Borgo e Barbiana portava il titolo "Voi non vi rassegnerete…". Gesualdi, a riguardo, ha parlato dell'impegno della Provincia di Firenze in azioni di pace, come quelle condotte in Terra Santa, ora minata da conflitti violenti:"In questo momento - ha detto - non serve schierarsi, ma adoperarsi con segni di dialogo e di aiuto concreto per far rinascere la speranza tra i due popoli".

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