Dal miglioramento strutturale dei porti di pesca alle
iniziative per garantire la sicurezza in mare; dal potenziamento delle
strutture di trasformazione e commercializzazione del pesce all'adozione
di marchi di qualita' e freschezza; dai progetti in grado di sfruttare le
potenziali sinergie tra attivita' di pesca e turismo (il cosiddetto ittiturismo)
all'innovazione tecnologica e di prodotto delle imprese di acquacoltura.
Sono alcuni degli interventi previsti del primo Piano regionale della pesca
marittima e dell'acquacoltura che la giunta ha approvato su proposta
dell'assessore all'agricoltura, Tito Barbini, competente in materia.
"Il primo piano, perche' le competenze sulla pesca ci sono state trasferite solo con la riforma Bassanini - spiega Barbini - Questo documento comprende tutti gli interventi che potremo realizzare nei prossimi tre anni, con le risorse comunitarie, nazionali e regionali che avremo a disposizione". Risorse che saranno rilevanti: la Toscana infatti potra' contare sui contributi del fondo strutturale Sfop (Strumento finanziario operativo pesca), che ammonteranno a circa 18 miliardi per il periodo 2000-2006, in grado di attivare investimenti per circa 40 miliardi; sui finanziamenti nazionali del Piano triennale della pesca e dell'acquacoltura (solo per il 2000 si prevede circa un miliardo); e sulle risorse regionali stanziate con la legge sull'acquacoltura, circa 800 milioni l'anno.
"Finanziamenti - spiega ancora Barbini - che serviranno a rilanciare realta' rilevanti per l'economia sia della costa che di aree montane con una forte tradizione di allevamento ittico. Realta' che vantano un grande patrimonio di esperienza e professionalita' ma che oggi devono far fronte alla difficile concorrenza di paesi stranieri e di altre regioni italiane. Una sfida che potra' essere vinta solo sul terreno dell'innovazione e della qualita', allo stesso modo di tanti altri settori della produzione agroalimentare toscana.
Tutto questo sempre
con un rigoroso rispetto degli equilibri ambientali, in particolare per
quanto riguarda i prelievi di pesce nel nostro mare".
Le potenzialita', spiega l'assessore, sono infatti rilevanti, sia che si punti
su nuovi produzioni (per esempio molluschi e crostacei) che su nuove
tecniche (per esempio la maricoltura), o sulla promozione e
commercializzazione dei prodotti, magari adottando marchi di qualita' o
migliorando la presenza nella grande distribuzione.
Tra i vari interventi del Piano, la realizzazione di barriere artificiali per la
conservazione delle risorse ittiche e di aree appositamente attrezzate per la
pesca nei nuovi porticcioli turistici; attivita' di perfezionamento delle
tecniche di allevamento, da realizzare assieme all'Arsia; iniziative di
formazione e aggiornamento professionale; l'adeguamento di strutture per
la conservazione del pescato e la vendita all'ingrosso.
Un settore in difficolta', costretto a fare i conti con una
fase critica che certamente non riguarda solo la Toscana, ma che in questa
regione e' complicata da problemi specifici di invecchiamento della flotta
peschereccia e di insufficiente adeguamento strutturale; ma anche un
settore che resta di grande vitalita' e importanza per l'economia della
costa toscana e per il quale non mancano rilevanti potenzialita' di
sviluppo.
E' questa la "fotografia" della pesca marittima toscana disegnato
dal Piano regionale nella sua parte conoscitiva. "Una fotografia in
chiaroscuro - spiega l'assessore all'agricoltura, Tito Barbini - che registra
problemi quali la diminuzione delle risorse ittiche e la concorrenza di
paesi stranieri, ma anche punti di forza quali quelli legati ai crescenti
consumi, e che per la Toscana indica precise direttrici di sviluppo, in
termini di investimenti in professionalita', in tecnologie, in maggiori
capacita' di promozione e commercializzazione".
Queste le cifre della pesca marittima in Toscana:
La flotta.
Il Piano valuta la consistenza della flotta marittima toscana in
871 imbarcazioni (il 4,5 per cento del totale nazionale), per un
tonnellaggio complessivo di circa 10 mila Tsl. Si tratta di numeri in
costante diminuzione a partire dal 1983, anno in cui le unita' registrate
erano 1.096.
Si tratta in genere di piccole imbarcazioni, in linea con una pesca che in
Toscana si caratterizza prevalentemente come artigianale: le unita' con
una stazza superiore alle 100 tonnellate costituiscono solo lo 0,5 per cento
del totale, mentre l'81 per cento risulta al di sotto delle 10 tonnellate.
Ma soprattutto si tratta di una flotta "invecchiata": il 53 per cento delle
unita' ha infatti un'eta' superiore ai 20 anni, mentre le imbarcazioni di piu'
recente costruzione (con meno di 10 anni) costituiscono solo il 10 per
cento.
La distribuzione territoriale. La flotta toscana presenta una distribuzione
territoriale fortemente dispersa in un complesso di porti e approdi: una
polverizzazione legata al carattere prevalentemente costiero delle attivita'
di pesca e alla presenza di numerosi centri marittimi di limitate
dimensioni. Il litorale toscano e' suddiviso in quattro Compartimenti
marittimi:
Marina di Carrara : 34 imbarcazioni, con una stazza totale che
rappresenta solo l'1 per cento della flotta regionale, dedite principalmente
alla pesca artigianale e alla piccola pesca;
Viareggio: con Viareggio (134 imbarcazioni) e Forte dei Marmi (15)
come porti principali, il tonnellaggio medio piu' elevato (17) e una
rilevante attivita' di strascico;
Livorno: che comprende tutta la costa da Marina di Pisa all'Argentario e
raccoglie il 60 per cento della flotta toscana (436 imbarcazioni);
Portoferraio: che comprende tutta la parte insulare del litorale toscana,
escluse la Gorgona e il Giglio (99 imbarcazioni).
La pesca.
La flotta toscana e' caratterizzata da un raggio di azione
limitato, rispetto ad esempio alle capacita' operative delle flotte adriatiche,
e deve fare i conti anche con risorse ittiche meno abbondanti o piu'
sfruttate (si segnalano ad esempio un'"elevata pressione di pesca" per il
nasello e la triglia e un "eccessivo sforzo di pesca" per il pesce spada). La
pesca artigianale rappresenta l'89 per cento delle licenze. Lo strascico
rappresenta la quota maggiore della produzione sia in termini quantitativi
(42 per cento del totale) che di valore (55 per cento della produzione).
La produzione e' stimata in circa 130 miliardi di lire annui (4,2 per cento
del totale nazionale).
Ricordiamo infine che la pesca nell'Alto Tirreno e' caratterizzata anche
dalla presenza di pescatori proveniente da altre regioni (Sicilia, Campania,
Marche ed Abruzzo).
Negli ultimi anni ha registrato una straordinaria crescita,
tanto da raddoppiare la produzione e da arrivare alle 4.215 tonnellate del
1998, ma questi risultati non permettono di vivere di rendita.
L'acquacoltura toscana - e' la situazione che emerge dal quadro
conoscitivo del Piano regionale - deve infatti guardarsi attentamente da
una concorrenza interna ed internazionale sempre piu' minacciosa, sia per
quanto riguarda la troticoltura (con la grande tradizione degli impianti del
Nord Italia) sia per quanto riguarda gli allevamenti di acqua salmastra e
marina di paesi mediterranei (in particolare Grecia, Spagna e Turchia).
"Concorrenza - spiega l'assessore all'agricoltura, Tito Barbini - che puo'
essere vista anche in positivo, come uno stimolo all'innovazione, come
una grande sfida, per i produttori come per gli amministratori, sempre piu'
chiamati a scommettere sulla qualita'.
Anche di fronte a una concorrenza
capace di proporre prezzi molto contenuti, la Toscana puo' vincere questa
scommessa, puntando sulla diversificazione della produzione,
sull'innovazione tecnologica, sulla promozione".
La produzione. E' realizzata in un totale di 48 impianti e punta
soprattutto a specie di pregio. E' infatti costituita principalmente da
spigole, orate e da altre specie allevate in intensivo (2.300 tonnellate),
anguille (115), trote (1.500). L'allevamento del sarago, poco sviluppato in
Italia, in Toscana rappresenta il 13 per cento del totale nazionale.
L'acquacoltura toscana, che era di 2.500 tonnellate nel 1996, rappresenta
oggi il 3,5 per cento della produzione nazionale di pesce, per un valore di
circa 44 miliardi.
Ricordiamo che in Toscana e' ancora praticamente nullo il contributo della
maricoltura, sia per quanto riguarda l'allevamento di molluschi (con
l'eccezione di un'attivita' sperimentale da poco avviata ad Orbetello) e
crostacei, sia per quanto riguarda le tecniche innovative di allevamenti di
specie marine in gabbie galleggianti o sommerse.
La distribuzione territoriale. E' concentrata sostanzialmente in due aree:
a nord, nella zona compresa tra la Garfagnana e le pendici delle Apuane
(province di Massa Carrara e Lucca), con impianti di acqua dolce che
producono principalmente trote, salmerini e, in misura minore, carpe e
storioni; e a sud, lungo la fascia costiera di tutta la Maremma, con
allevamenti intensivi di specie come la spigola, l'orata e l'anguilla.
Molti,
in particolare, gli impianti intorno alla laguna di Orbetello.
Mentre gli allevamenti in acqua salmastra e marina, in genere piu' recenti,
sono all'avanguardia dal punto di vista tecnologico e produttivo, e' piu'
forte l'esigenza di rinnovamento delle strutture e delle tecniche di
produzione negli allevamenti di acqua dolce. Per tutto il settore si presenta
come un passaggio decisivo la capacita' di investire nella produzione di
nuove specie ittiche, nella trasformazione del pesce destinato al mercato
alimentare, nella valorizzazione dei prodotti, anche attraverso marchi di
garanzia della qualita' e della freschezza, Il Piano prevede anche la
possibilita' di incentivare le produzioni di molluschi e crostacei e
sottolinea le potenzialita' della maricoltura.