Il teatro a Monticchiello

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 luglio 1999 22:13
Il teatro a Monticchiello

Dal 24 luglio al 14 agosto, nella Piazza del Teatro di Monticchiello, piccolo e suggestivo centro nel cuore della Val d'Orcia, la Compagnia Popolare del Teatro Povero presenta Quota 300, il nuovo autodramma che riconferma lo stretto legame tra la vita e la storia della comunità del borgo con il teatro.
Scritto e interpretato dalla gente del paese, diretto da Andrea Cresti, lo spettacolo, che è sponsorizzato dal Monte dei Paschi di Siena, avrà inizio alle ore 21.30, con repliche tutte le sere eccetto lunedì 26 luglio e lunedì 22 agosto.
Il teatro a Monticchiello è nato in piazza e proprio la piazza, che del borgo rappresenta da ogni punto di vista il centro, si trasforma ogni anno in un sorprendente palcoscenico.

Ma al di là della sua funzione scenica, essa è da sempre il centro di aggregazione civile, di confessione, di decisioni, di autoanalisi.
Il teatro, erede di antiche e non dimenticate solidarietà, è il segno attuale più vistoso della vitalità del borgo, della capacità da parte delle comunità di ritrovarsi e di riaffermarsi. Ogni anno sono stati affrontati temi di grande attualità, che hanno tratto spunto e attinto alla genuina civiltà contadina. Quest'anno, con Quota 300, il borgo affronta il difficile e attualissimo tema della "razionalizzazione" dell'impiego delle risorse.
Lo spettacolo 1999 del Teatro Povero di Monticchiello ha come titolo "Quota 300" e affronta il tema attualissimo della "razionalizzazione" dell'impiego delle risorse, secondo cui non solo a livello d'impresa e di finanza ma anche nel campo sociale e culturale ogni investimento deve sottostare e rigidi criteri di economicità e produttività al punto che, al di sotto di determinate soglie, non è più giustificato erogare anche i servizi più essenziali e al limite mantenere in vita comunità troppo esigue.
È proprio entro questo orizzonte estremo che si apre la scena: una famiglia, una tra tante, sta abbandonando la propria casa e il proprio paese e fra l'indispettito e il rassegnato variamente commenta questo singolare destino intrecciato alle forme della "favolistica" moderna.

I bambini, intenti a fare i compiti ascoltano con curiosità la conversazione e si mostrano diffidenti e perplessi. Allora il nonno si sente autorizzato a raccontare la sua favola antica di Campriano dove un astuto contadino riesce a vendere ad ingordi "speziali" oggetti miracolosi che scatenano i loro appetiti destinati a restare atrocemente delusi. Ed è sull'onda di questa ancestrale consapevolezza che gli abitanti del villaggio riescono a disinnescare ogni minaccia facendo balenare davanti ai creduli ministri della modernità il possesso di un oggetto miracoloso (la moderna trombetta dell'antica favola di Campriano) capace di resuscitare i morti e di moltiplicare a piacimento il numero degli "abitanti".

Naturalmente gli agenti del "potere", affascinati saranno pronti ad accettare ogni richiesta pur di non lasciarsi sfuggire l'"affare". La favola, così impostata, tocca problemi acuti della società contemporanea ma anche, maliziosamente, il senso di oltre trent'anni di teatro fatti a Monticchiello. Sarà compito dello spettatore, al di là del piacere del testo e della fascinazione della scena, scegliere la "morale" che più si attaglia al suo "sentimento" o "risentimento" verso la modernità e il Teatro povero di Monticchiello.

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