Enrico Brizzi e Matteo Renzi e ''La vita quotidiana ai tempi del Silvio''

La presentazione alla Feltrinelli di Firenze ha richiamato un folto pubblico di nostalgici degli anni '80 cresciuti a merendine e Bim Bum Bam, lettori del primo romanzo dell'autore emiliano e cresciuti nell'era della televisione privata.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 novembre 2010 23:18
Enrico Brizzi e Matteo Renzi e ''La vita quotidiana ai tempi del Silvio''

Enrico Brizzi è il giovane diciottenne che nel 1994 scriveva quel romanzo generazionale fondato su Alex ed Aidi (Adelaide) che si intitolava, forse anche ingiustamente, "Jack Frusciante è uscito dal gruppo". Quale gruppo? Il gruppo c'era, vita vissuta, erano i Red Hot Chili Peppers, il musicista era Jhon e non Jack, ma questo conta poco tanto chi correva in bicicletta per le strade di Bologna era Alex che aveva voglia e desiderio di uscire fuori dagli schemi, dai luoghi comuni, da tutto, ed entrare nella vita della bella Adelaide.

Dopo due anni arrivò il film con Accorsi, Stefano e Placido, Violante, quella ragazza solare, carina, angelica ed al contempo diabolica non il burbero babbo mostro sacro del cinema nostrano. Enrico oggi ha trentasei anni, quasi trentasette ed è brizzolato. Il tempo passa. Non per i lettori che lo aspettano alla Feltrinelli di Firenze custodendo gelosamente sopra le gambe o sotto al braccio copie di quel romanzo che ha affascinato e coinvolto innumerevoli giovani pensieri, prima della Moccia generation.

Ma la serata è dedicata ad una chiacchierata tra Enrico Brizzi e Matteo Renzi, sindaco di Firenze ed oramai rodato, esperto, bravissimo, critico letterario sull'ultima opera dello scrittore emiliano "La vita quotidiana ai tempi del Silvio" (Laterza, 2010, pagg. 314, 12 Euro) Un arco storico non di trionfo ma di malcelato sconforto che accompagna la vita del giovane Enrico educato all'interno della classica famiglia anni '70, attenta a tutto e a tutti, a parlare senza farsi troppo capire, a mantenere contegno e rispetto, a valutare il sacrificio in base al parere fiero dei nonni professori in casa, dove gli elettrodomestici servono, ma anche no, ed il televisore a colori compare ai tempi dei Mondiali dell'82 "Ci sono molti aspetti in comune tra me ed Enrico - esordisce Matteo Renzi - uno di questi è che anche mio padre decise di comprare il tv color a fine giugno di quell'anno per vedersi, nonostante la brutta prova degli azzurri nelle prime fasi del mondiale, delle belle partite colorate.

Un altro è che mia nonna che compie 90 anni adesso è stata anche per me una figura importante, così come lo è stata l'esperienza negli Scout perché solo affrontando i sentieri di montagna puoi capire veramente quale sia il vero senso della vita" Le similitudini non si fermano a questo, la generazione è la stessa e quindi gli usi, i costumi, le abitudini sono quelle proprie di un periodo che attraversava una fase di crescita e di cambiamento, che andava da Berlinguer a Uan di Bim Bum Bam passando per Benigni e Bonolis che a quel tempo sembrava già colto, però doveva misurarsi con un pupazzo che non voleva andare a scuola, e soprattutto meno sarcastico, ma forse sarà stata la felpa al posto della giacca, Benigni invece era uguale. Brizzi cita Mario Monicelli traendolo dalla serata evento di "Rai per Una notte" quando gli italiani sovversivi e volgari si sono ricordati quale fosse la strada per il circolino di quartiere ed hanno sentito il grande maestro tuonare: "Gli italiani sono fatti così: vogliono che qualcuno pensi per loro.

E poi... Se va bene, va bene. Se va male, ecco che lo impiccano a testa sotto. Questo è l'italiano." "Passaggio che ci fa pensare a piazzale Loreto - dice l'autore - ma anche alle monetine lanciate a Craxi in un periodo in cui la mia generazione iniziava a prendere coscienza di cosa fosse la parola politica" Matteo Renzi annuisce, sorride a testa bassa sfogliando quel libro mentre Brizzi pesca dalla memoria i veterani di Dallas piuttosto che i programmi tv, i giochi a quiz, i personaggi dell'epoca.

Sfoglia con avidità il primo cittadino e potresti pensare ad una lettura frettolosa dell'ultimo minuto che possa dare nuovi spunti ed invece si esalta, cerca i punti chiave tra le pagine che ha già letto attentamente e lascia indietro persino i fans più accaniti costretti a rincorrerlo mentre lui indica le pagine, le piega, le segna, se le tiene tra l'indice ed il medio per non perderle, si sistema sulla sedia e riprende a raccontare di come l'Italia sia cambiata in maniera impercettibile con i modi di dire, di intendere, di vivere la vita quotidiana basati su ben altre fondamenta, ispirate a modelli artefatti. La serata è intitolata "Enrico Brizzi dialoga con Matteo Renzi" in realtà i due non parlano mai tra loro ma sempre con il pubblico ed è meglio così, perché altrimenti qualcuno si sarebbe sentito escluso dalle chiacchiere di due ragazzi che guardano al passato prima di Silvio Berlusconi e ci ritrovano Sandro Pertini, poi guardano avanti e vedono, forse, Sandro Bondi ed allora si soffermano sull'eroe Presidente con la lettura di un passaggio del libro in cui Brizzi racconta della sua lettera inviata a Roma per gli auguri al Capo dello Stato, paragonandola a quella per Babbo Natale piuttosto che al Mulino Bianco per la tazza della colazione, salvo l'inattesa risposta giunta dal Colle che suscita all'interno di una famiglia degli anni '80 una gioia incontenibile da condividere con tutti i parenti vicini e lontani.

Agli occhi di un ragazzino invece quelle poche parole "Sentitamente ringrazio" restano indigeste, "troppo poche, tutto qui? - si domanda il piccolo Brizzi - Non mi ha neppure invitato a giocare nei giardini del Quirinale!" Silvio Berlusconi scende in campo, tralasciando l'ormai celeberrima battuta di Benigni su cosa si facesse scendendo in campo al tempo del "qui una volta era tutta campagna", il fatto è che "Fino ad un attimo prima sembrava impossibile potesse accadere" dice Brizzi. "E fino ad un attimo prima che finisca sembrerà impossibile il poter uscire dal Berlusconismo" replica Renzi, che continua "io credo che lui sia un genio nello stravolgere le cose, ha un che di perversamente geniale, guardiamo al caso di Ruby, lui con quella disgraziata battuta sulle donne ed i gay ha semplicemente distolto l'attenzione da un fatto grave sul quale si era concentrata l'attenzione pubblica spostandola su un duello becero, portando tutto sul piano della barbarie della politica" Modelli attuali che screditano i dogmi di sempre: "Adesso sei un grande se ti comporti in un certo modo - spiega lo scrittore - se diventi famoso anche solo per un lasso di tempo marginale, se riesci a raggiungere dei traguardi in modo non propriamente lecito, il riferimento è ai personaggi di una televisione che ha distorto le coscienze, fino ad un immaginario stravolto" Non manca lo spazio per una stoccata di Renzi ad una sinistra che durante l'era Berlusconica ha passato il tempo a litigare.

Applausi da parte del pubblico, applaudono in due, ma forte, a nome di tutti, o quasi, sono lo zoccolo duro, ci può stare. Renzi conclude esprimendo un forte messaggio di speranza, "perché se ti poni delle domande su come siamo stati, allora forse non tutto è perduto". Oramai il libro lo ha raccontato tutto con maestria e passione, una signora tra la folla non lo segue più e chiude le pagine, "troppo forte il sindaco - dirà poi - le sa tutte". E le sapeva tutte anche alla Ruota della Fortuna, ma voleva andare a Doppio Slalom, ha confessato.

Questo avviene sotto lo sguardo sorpreso ed ammirato di Brizzi che cerca di rispondere all'istrionico Renzi raccontando di Maurizio Costanzo e del suo cane lupo, di Marzullo e di Catherine Spaak e delle tante ospitate televisive che all'inizio ti sconvolgono e ti sdoppiano e non capisci dove sei finito, ma che a lungo andare ti mimetizzano e ti rendono quasi insofferente. L'ultima battuta è di Brizzi che chiude con l'aneddoto dedicato al suo "quasi omonimo Fabrizio Frizzi" (tranquilli, c'è chi ancora non ha capito l'omonimia ed è seduto alla Feltrinelli con gli occhi al bel soffitto decorato) per quella partecipazione a "Cominciamo Bene" in cui l'autore si è trovato per caso spinto da un amico che non sarebbe partito l'indomani con lui per i sentieri dell'Appennino ma aveva gran desiderio di vederlo in Televisione. In quella puntata era presente un sedicente Autostoppista in cerca di avventura che però si rivela essere refrattario alle telecamere, al video, al microfono, a tutto e preso da un attacco di panico si alza in diretta per dire: "Non ce la faccio, voglio uscire dalla trasmissione". Commento dell'autore "Credo sia la più bella frase che abbia mai sentito, carica di significato in quel preciso momento.

Chi di noi in questa società televisiva non ha mai sentito il bisogno, anche solo per un istante, di voler uscire dalla trasmissione?". Niente da fare, anche l'autostoppista è uscito dal gruppo. di Antonio Lenoci

Notizie correlate
In evidenza