Don Milani a 40 anni dalla morte al Castello Pasquini di Castiglioncello

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 agosto 2007 15:39
Don Milani a 40 anni dalla morte al Castello Pasquini di Castiglioncello

Mercoledì 22 agosto, alle 18 alla Limonaia nel Parco del Castello Pasquini di Castiglioncello, il giornalista e scrittore Mario Lancisi presenterà il suo libro dal titolo "Don Milani. La vita" edito da Piemme. Oltre all’autore, parteciperanno all’incontro Alessandro Franchi - Assessore alla Cultura Comune di Rosignano Marittimo, Vincenzo Brogi - Dirigente Area Servizi alla Persona Comune di Rosignano Marittimo, Gianfranco Simoncini - Assessore all'Istruzione, alla Formazione e al Lavoro Regione Toscana, Monsignor Antonio Cecconi - Vicario generale dell'Arcidiocesi di Pisa.

Carlo Rotelli leggerà alcuni brani del libro.
Don Lorenzo Milani (1923-1967), sacerdote ed educatore, è stato il fondatore della scuola di Sant'Andrea di Barbiana, il primo tentativo di istruzione a tempo pieno espressamente rivolta alle classi popolari. A lungo frainteso e ostacolato dalle autorità scolastiche e religiose, don Milani è stato una delle personalità più significative del dibattito culturale del dopoguerra e la sua vita rappresenta per molti una testimonianza di scelta radicale in favore degli ultimi.

I progetti di riforma scolastica e il tema della libertà di coscienza, anche nei confronti del servizio militare, compaiono in molte sue opere. Sulla base di documenti editi e inediti, di testimonianze e interviste ai suoi allievi ancora oggi viventi, viene ricostruita la parabola umana e spirituale di un grande protagonista del Novecento: il prete scomodo che ancora oggi riesce a far salire fino a Barbiana, un grumo di case e una chiesetta nel Mugello, dove operò don Lorenzo Milani, politici come Veltroni e Bertinotti, ministri come Fioroni e cardinali come Mons.

Antonelli. Umili visitatori ma anche Premier di governo, cardinali, ministri, leader politici, intellettuali. Al priore di Barbiana si è rifatta sia la riforma della scuola del ministro ulivista Luigi Berlinguer che quella della polista Letizia Moratti. Di don Milani tessono gli elogi a sinistra ma anche nel centrodestra non mancano gli estimatori, da Silvio Berlusconi a Pierferdinando Casini. Il prete scomodo e esiliato nel 1954 dalla Chiesa fiorentina ha preso la sua rivincita? Da eretico a santo? A 40 anni dalla morte di don Lorenzo Milani (26 giugno 1967) e dell’uscita di Lettera a una professoressa (maggio 1967), Mario Lancisi cerca in questo libro di dare una risposta a questi interrogativi.

Don Milani. La vita, edito da Piemme, con prefazione di don Luigi Ciotti, risulta così la più documentata e aggiornata biografia sul priore di Barbiana. Utilizzando testimonianze inedite e studi poco conosciuti, Lancisi focalizza aspetti nuovi o trascurati della vita di don Milani. Come per esempio quello della sua morte. Tutti gli scritti tendono a sorvolare sulla fine del priore. L’ultimo mese di vita del priore è stato invece fondamentale. Don Lorenzo offrì il suo corpo malato e agonizzante come lezione di vita.

Ai suoi ragazzi disse che avrebbe potuto prendere un infermiere, ma preferiva farsi assistere da loro perché imparassero cosa è la morte, come muore un uomo. Due giorni prima di morire chiamò i ragazzi attorno al suo letto di morte. e disse loro “Ragazzi, un grande miracolo sta avvenendo in questa stanza. Un cammello che passa nella cruna di un ago”. Il 26 giugno don Lorenzo morì. In quelle ultime parole il priore offrì la chiave interprativa per capire la sua vita. “Si muore nello stesso modo in cui siamo vissuti”, confidò don Lorenzo a Edoardo Martinelli, uno dei suoi ragazzi.

La morte svela la vita. L’agonizzante priore scelse la parabola del cammello che passa dalla cruna dell’ago per dare il senso dei suoi 44 anni. Lancisi affronta anche gli anni giovanili. E’ stato scritto che a 20 anni don Milani si convertì e si fece sacerdote compiendo una cesura netta con il suo mondo di appartenenza – ricco, ateo e colto -. Una sorta di san Paolo sulla via di Damasco. “Si è molto discusso se la sua conversione sia stata un’irruzione repentina, improvvisa e misteriosa nel mondo della fede, o non piuttosto il frutto di una maturazione lenta, progressiva.

Sono molti gli indizi che sembrano far propendere per la seconda ipotesi, nel senso che Lorenzo fin da ragazzo si distinse per una certa irrequietezza nei confronti del proprio mondo borghese e per una spiccata sensibilità verso i poveri e i più deboli”, scrive Lancisi. Che nel suo libro riporta diverse testimonianze di giovani che lo hanno frequentato nei suoi soggiorni a villa “Gigliola”, a Montespertoli, dove il futuro priore di Barbiana trascorse la sua adolescenza. Il ritratto che ne scaturisce è quello di un Lorenzo a disagio con il suo mondo di appartenenza e, in qualche misura, già proiettato verso la scelta dei poveri, che caratterizzerà la sua esperienza sacerdotale.

Non manca neppure un’approfondita analisi del suo rapporto con la Chiesa. Attingendo a fonti poco conosciute, come un bel libro di Massimo Toschi (Don Milani e la Chiesa, Polistampa), che ha potuto visionare i diari del cardinale Ermenegildo Florit, ho cercato di ricostruire meglio i rapporti tra il priore di Barbiana e la sua Chiesa. Quello che emerge è un rapporto ad un duplice livello. Di estrema chiusura a livello fiorentino: Florit non capì don Milani. Tra loro due ci fu un muro. Ma anche un rapporto di comprensione a livello vaticano, dove Giovanni XXIII e Paolo VI guardarono con una certa simpatia, anche grazie alla mediazione di mons.

Loris Capovilla, segretario di Roncalli, al giovane prete toscano. Successe così che mentre Florit minacciò di sospendere a divinis don Milani, Paolo VI si preoccupò di fargli avere soldi e cure per la grave malattia che lo condurrà alla tomba. L’ingresso agli incontri è gratuito. In caso di pioggia gli incontri si svolgeranno presso l’auditorium del Castello Pasquini 2° piano.

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