Amnesty International a Viareggio: 35 persone, mascherate con un richiamo alle storie di minori migranti nei centri di detenzione in Italia, sfilano tra i carri del Carnevale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 febbraio 2007 13:45
Amnesty International a Viareggio: 35 persone, mascherate con un richiamo alle storie di minori migranti nei centri di detenzione in Italia, sfilano tra i carri del Carnevale

Il corteo di Amnesty International al Carnevale di Viareggio 2007 è dedicato ai bambini e adolescenti migranti detenuti in Italia. Al contrario dei loro coetanei italiani, non hanno la possibilità di sfilare mascherati. I loro diritti in quanto minori, fra cui quello di poter giocare in libertà, sono come invisibili.
Ogni anno centinaia di minori arrivano in Italia attraversando il Mediterraneo su piccole barche insicure, insieme a più ampi gruppi di adulti: viaggiano da soli o fra le braccia dei genitori richiedenti asilo.

Provengono da Eritrea, Etiopia, Somalia, Tunisia, Marocco, Iraq e altri paesi in cui violenza e povertà ne hanno causato la partenza.
Dopo l’arrivo, l’Italia li tiene molti giorni nei centri di detenzione per migranti, nonostante le norme internazionali stabiliscano che la detenzione dei minori è una misura eccezionale da applicare solo in casi estremi. Le leggi italiane li trascurano e le statistiche non li contano, rendendoli invisibili.
Secondo le informazioni raccolte da Amnesty, i minori detenuti nei centri per migranti irregolari e richiedenti asilo sono centinaia ogni anno.

Dalle testimonianze provenienti da essi stessi, dai loro genitori, dagli operatori delle organizzazioni non governative e dagli avvocati, emergono allarmanti denunce circa le condizioni inadeguate dei trasferimenti, l’illegittimità della detenzione, la mancata separazione dagli adulti e l’insufficiente accesso alle informazioni sui diritti e sull’accoglienza. Le loro storie sono riportate nel libro Invisibili: minori migranti detenuti all’arrivo in Italia, a cura di Amnesty International (EGA Editore, con prefazione di Andrea Camilleri).

Per proteggere la loro sicurezza, i nomi attribuiti non sono quelli autentici e la nazionalità non viene menzionata.
Uno di loro è Eron. Assieme a due coetanei, prima di affrontare il mare su una piccola barca con altre 180 persone, Eron ha attraversato molti confini. La sua etnia è perseguitata nel suo paese di origine ed Eron non poteva rischiare di affrontare un periodo di arresto e una detenzione arbitraria come era successo a suo fratello. Per questo è fuggito e ha raggiunto l’Italia.

Eron ha raccontato ad Amnesty di essere stato condotto, dopo l’arrivo sul territorio italiano, in un grande fabbricato: “Non so cosa fosse, sembrava una scuola. Avevano messo dei materassini a terra e ci hanno fatto dormire lì. Non potevamo uscire perché gli agenti erano vicino alle porte”. Dopo il primo giorno trascorso così, Eron ha dovuto viaggiare per diverse ore su un pullman, assieme agli altri richiedenti asilo arrivati con lui, per essere trasferito in un altro centro di detenzione del Sud Italia, dove racconta di essere rimasto per un mese.

“Lì mi hanno fatto dormire in una roulotte, con due uomini adulti. Faceva molto freddo, era inverno, ci avevano dato una coperta militare per ciascuno ma era troppo corta e dovevamo dormire sempre rannicchiati per coprirci tutti. Certe notti era così gelido che abbiamo dormito insieme per sentire meno il freddo”. Dopo quel mese difficile Eron è riuscito a trovare accoglienza in un centro per minori dove ancora vive. Ha un regolare permesso di soggiorno e frequenta un corso di formazione adatto alla sua età.

Lily è stata molto fortunata: è rimasta nel centro di detenzione con sua madre 12 giorni. La loro situazione burocratica era un po’ diversa da quella degli altri e il tempo di attesa per avere il permesso di soggiorno valido e poter lasciare il centro è stato più breve. Tuttavia la mamma di Lily ricorda molto bene quel periodo: “Non potevamo uscire dal centro, ci dicevano che dovevamo stare lì, nel container. Insieme a me e a Lily c’era una coppia con un bambino, per fortuna ci conoscevamo già da prima, altrimenti sarebbe stato ancora più imbarazzante.

Nel container non c’erano né una culla né un seggiolone, e così dovevo tenere Lily sempre in braccio, quando era sveglia”. Era piena estate: “Dovevamo stare lì, era caldissimo ma cosa potevamo fare? Siccome nel centro non c’erano alberi, noi facevamo così: mettevamo il letto fuori, dove cadeva l’ombra del container, e lo giravamo man mano che girava l’ombra. Così Lily non prendeva troppo sole”. Ora Lily e la sua mamma vivono in un centro di accoglienza per donne con bambini piccoli, colorato e confortevole.

Stanno aspettando di sapere se, per l’Italia, sono rifugiate oppure no.
Amnesty chiede che i minori non vengano mai detenuti, se non in casi estremi e rispondenti al loro superiore interesse, e che la detenzione di migranti e richiedenti asilo non sia generalizzata e rispetti gli standard internazionali. Amnesty chiede inoltre che i centri di detenzione e i dati statistici siano resi accessibili al monitoraggio indipendente delle organizzazioni non governative e che l’Italia adotti, finalmente, una legge organica in materia di asilo, conforme agli standard internazionali, ponendo così fine al vuoto di tutela che favorisce il perpetrarsi di queste e di altre violazioni.

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