Un protocollo tra Comune e soprintendenza ai beni archeologici per lo scambio di informazioni su cosa c'e' nel sottosuolo fiorentino

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 marzo 2006 16:19
Un protocollo tra Comune e soprintendenza ai beni archeologici per lo scambio di informazioni su cosa c'e' nel sottosuolo fiorentino

Firenze, 01 Marzo 2006- Una conoscenza puntuale di quanto nasconde il sottosuolo fiorentino in materia di reperti archeologici. E' questo l'obiettivo del protocollo di intesa siglato dal Comune e dalla Soprintendenza ai beni archeologici per la "tutela e la valorizzazione delle aree di interesse archeologico". Si tratta di un accordo innovativo, fortemente voluto sia dall'assessorato all'urbanistico sia dalla Soprintendenza, che consentirà da un lato di conoscere la città non soltanto dal punto di vista storico e architettonico ma anche archeologico e dall'altro di dare maggiori certezze a chi deve realizzare interventi sul territorio fiorentino, ad iniziare dalle opere pubbliche.

L'intesa pone infatti le basi per mettere in relazione le informazioni possedute dalla Soprintendenza con quelle dell'Amministrazione comunale: in concreto è stata elaborata la carta delle aree soggette a tutela e valorizzazione del sottosuolo, il primo frutto del lavoro congiunto dei due enti, che diventerà parte integrante del Piano Strutturale e sarà implementata da ulteriori informazioni provenienti sempre dalla Soprintendenza in seguito a successivi ritrovamenti. Il risultato pratico sarà quindi che per chi deve realizzare un'opera potrà sapere, consultando il Piano Strutturale e comunque gli uffici comunali, se l'area interessata è sottoposta a tutela oppure se viene considerata a "rischio" per quanto riguarda eventuali ritrovamenti di reperti di interesse archeologico.

Ovviamente non si parte da zero. Già adesso chi realizza opere con scavi in aree pubblica nella zona compresa entro la cerchia dei viali deve chiedere il nulla osta preventivo della Soprintendenza. Negli altri casi, invece, esiste un vincolo generico che prevede l'obbligo per chi rinviene qualcosa di avvisare i tecnici della Soprintendenza. Il rischio però è che, per scarsa conoscenza di chi effettua l'intervento, vadano persi quei reperti che a prima vista non sembrano importanti. Questo protocollo compie un importante passo in avanti nell'ambito della cosiddetta "archeologia preventiva" introdotta dal "Testo Unico in materia di Beni culturali" e successivamente confermata dal nuovo "Codice dei Beni culturali".

Individuando le cosiddette "aree a rischio" sulla base di ritrovamenti e di segnalazioni, sarà possibile prevenire sia i danni al patrimonio archeologico sia gli inevitabili allungamenti dei tempi dei lavori in caso di ritrovamenti in cantiere. In concreto chi deve effettuare interventi edilizi che prevedono scavi nelle aree a rischio, al momento in cui chiederà l'autorizzazione al Comune, sarà avvisato dell'obbligo di contattare la Soprintendenza. Spetterà poi alla Soprintendenza indicare le eventuali prescrizioni (anche sulla base dell'effettiva probabilità di trovare reperti) o semplicemente chiedere a chi effettua i lavori una particolare attenzione nelle operazioni di scavo.

Tutto questo andrà anche a vantaggio del cittadino, dei professionisti, delle imprese e di tutti i soggetti, compresi gli enti pubblici, che devono realizzare opere e lavori: con il parere preventivo infatti sarà possibile tener conto in anticipo degli eventuali vincoli dal punto di vista archeologici, programmare i lavori di conseguenza ed evitare le interruzioni dei lavori necessarie in caso di ritrovamenti imprevisti. Si tratta ovviamente di un lavoro in continua evoluzione che, nelle intenzioni dell'Amministrazione comunale, da un lato contribuirà a migliorare la conoscenza archeologica della città e dall'altro offrirà a chi sta realizzando la nuova città uno strumento importante per la progettazione.

(mf)

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