On The Road Festival" a Pelago dal 10 al 13 Luglio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 giugno 2003 14:46
On The Road Festival

On The Road Festival è una manifestazione della durata di 4 giorni, che il Comune di Pelago dedica da 15 anni alla musica e alle arti della strada, nota come un irrinunciabile appuntamento annuale per buskers, musicisti, giocolieri, compagnie di teatro di strada, pittori, madonnari e poeti, alla ricerca di uno spazio libero e disponibile ad accogliere esibizioni artistiche e musicali di qualsiasi tipo.
Il Festival, tra i primi sul territorio nazionale ad aver affrontato questo argomento, si è prefisso fino dai suoi esordi di far emergere il “popolo” della musica e delle arti della strada, mettendo in evidenza la grande diffusione, sia pure sotterranea, del fenomeno e la sua complessità socio-culturale.


Il “Premio Comune di Pelago per musicisti della strada”.
Agli artisti della strada, che costituiscono la struttura portante del Festival, il Comune di Pelago riserva un concorso a premi, abbinato al festival e aperto a tutti i musicisti senza limiti di età, nazionalità o genere o stile musicale. Gli artisti devono esibirsi in luoghi, appositamente attrezzati, nelle strade e nelle piazze di Pelago e al termine delle esibizioni una qualificata giuria di noti rappresentanti della musica, dello spettacolo, della cultura e dell’informazione assegna cinque premi in denaro di Lit.

€ 775.00 ciascuno.
L’iscrizione al concorso è gratuita e dà diritto agli artisti ad esibirsi liberamente senza alcuna limitazione, salvo quelle esposte nel regolamento del concorso che viene inviato a tutti i partecipanti, allegato alla lettera di conferma dell’iscrizione.
Agli artisti iscritti il Comune di Pelago fornisce gratuitamente vitto e alloggio (in campeggi). I premi vengono assegnati tenendo conto sia della qualità artistica, sia della capacità dei concorrenti a coinvolgere e intrattenere il pubblico.
I concorrenti devono essere presenti per almeno due giorni al Festival e, in caso siano stati premiati, avranno diritto di esibirsi sul palco centrale a conclusione del festival in un concerto riservato ai vincitori.


Concerti e produzioni speciali
Durante i quattro giorni del Festival sono anche previsti concerti di artisti professionisti affermati e molte iniziative spettacolari, tra cui produzioni originali di spettacoli allestiti espressamente per l’occasione di cui nel corso del Festival viene effettuata la “prima” nazionale.
Blues Corner
Nell’ambito del Festival è inoltre e allestito uno spazio per musica dal vivo, il “BLUES CORNER & NEW TREND”. Questa platea specializzata è dedicata agli amatori del genere e per quattro giorni dalle 18.00 a notte alta vengono eseguiti concerti no-stop di musicisti famosi o sconosciuti che suonano blues e che si interessano alle nuove tendenze della musica di oggi.



L’anno in corso è il cinquantesimo anniversario della scomparsa dello zingaro manouche Django Reinhard (1910-1953), unanimemente riconosciuto il più grande chitarrista Jazz di tutti i tempi. Con questo concerto, On The Road Festival intende ricordare la sua grande musica che ha deliziato intere generazioni di jazz-musicofili e porgere omaggio al contributo che ha saputo dare alla dignità culturale e artistica del suo popolo.
ZIGANI, ZINGARI, GITANI, SINTI, ROM….MUSIC ON THE ROAD
Per quanti sforzi si facciano, non è facile trovare una denominazione che si adatti esattamente alle popolazioni migranti che da mille anni vagano incessantemente per il globo, abbastanza diverse tra loro, ma che si somigliano per il tipo di vita che conducono, per la lingua che parlano e per l’eredità culturale che conservano.

In italiano sembrerebbe corretto parlare di zigani o zingari, benché questi nomi siano spesso rifiutati dagli interessati, che ne rilevano una connotazione dispregiativa e che, in ogni caso, loro stessi non usano. Tra i gruppi zigani che da più tempo si spostano o risiedono in Europa, si segnalano per numero e importanza i Gitani Andalusi di Spagna, i Gitani Catalani, numerosi nel sud della Francia, i Gitani Baschi e i Sinti, a loro volta divisi in Manouche di Alsazia e Sinti piemontesi. Quest’ultimi due importanti gruppi sono ancora in buona parte nomadi e si spostano perennemente in Europa e su tutto il nostro territorio nazionale.

I Rom, che sono stati gli ultimi ad arrivare da noi (il loro nome deriva da una parola zigana che significa uomo e non da Romania), provengono dall’Europa orientale e si dividono in vari sottogruppi le cui denominazioni corrispondono ai mestieri rispettivamente praticati: Kalderash (calderai), Tchurari (costruttori di setacci per farine) e Lovari (mercanti di cavalli)..L’origine e la provenienza del popolo zigano è stata oggetto, nel corso dei secoli, delle ipotesi più varie e fantasiose.

Discendenti di Caino o di Cam, forse figli di una delle tribù perdute d’Israele, pronipoti dei Magi della Caldea o della Siria, di “certe” popolazioni di Nubia, dell’Egitto dei Faraoni, della Bulgaria, della Valacchia, etc. Oggi la maggior parte degli esperti, dopo aver analizzato la loro lingua e la loro musica, è concorde nel situare la terra d’origine degli zigani nel nord dell’India, dove ancora vivono tribù nomadi le cui caratteristiche etniche e linguistiche sono molto vicine a quelle di questo vasto popolo.

Persistono comunque ancora molti interrogativi sulle ragioni per cui gli zigani hanno abbandonato il loro paese natale, forse si è trattato di pressioni delle popolazioni guerriere (anche loro nomadi) che, intorno all'anno 1000, hanno invaso l'India del nord e gran parte del continente asiatico.
Nell’attraversare questi paesi la loro lingua si arricchisce di nuovi vocaboli e la loro cultura musicale di nuovi strumenti: per esempio strumenti a corda persiani e turchi, da cui deriveranno le famose chitarre e i violini zigani.


La considerazione che, da sempre, ha goduto la musica zigana presso i non-zigani, non è mai venuta meno e pare che nemmeno il passare del secoli sia riuscito ad incrinarla se, ancora oggi, le viene unanimemente riconosciuta in tutti gli ambienti musicali occidentali. Franz Liszt amò e studiò approfonditamente la musica zigana con il suo particolare stile che ritroviamo nelle sue composizioni. Insuperabili nella danza erano le zigane di Istanbul e le Nawar in Egitto, ma la danza più significativa, espressione del dolore per le tante sofferenze e insieme della gioia di vivere degli zigani, è senza dubbio il flamenco dei gitanos di Andalusia.

Fra i più convinti apprezzatori dell’arte del flamenco vi furono il compositore Manuel de Falla e il poeta Federico Garcia Lorca. L’incontro tra la musica zigana e il jazz, a differenza delle altre tappe fondamentali della storia culturale degli zingari, è ascrivibile ad un luogo e ad una data abbastanza precisi: era l’estate del 1931, quando un eccezionale chitarrista, che si guadagnava da vivere suonando nei locali del sud della Francia, ascoltò per la prima volta, a Tolone, alcuni dischi di Louis Armstrong, di Duke Ellington, del violinista Joe Venuti, etc.

Ne fu così colpito da consacrare la tutta la sua vita di artista alla realizzazione di un Jazz particolare, un Jazz europeo. Il chitarrista in questione, che si chiamava Jean Django Reinhnardt, apparteneva infatti ad una famiglia di zigani Manouche Gatskéné i cui membri costituivano da soli una piccola orchestra ambulante. Django fu l’iniziatore e il geniale realizzatore della congiunzione tra l’allora nuova musica delle popolazioni afro-nord-americane e l’espressione propria della pratica strumentale dei manouche (i negri d’Europa, come li definiti lui stesso); una congiunzione che ha permesso la realizzazione di uno stile unico e precipuo la cui originalità musicale ha segnato in modo indelebile la storia del Jazz.

Artista eclettico e attivo, Django coinvolse in questa sua impresa molti altri musicisti, zigani e no, dando luogo ad un’avventura musicale che è stata descritta come un’ evento straordinario e che ancora coinvolge i molti musicisti manouche che non hanno mai cessato di seguire la via indicata da Django. Il quartetto del chitarrista Lulù Weiss il cui cognome coincide in parte con quello del padre di Django segnato all’anagrafe come Jean Reinhardt Weiss è il leader di un gruppo, composto, come in genere tutti i gruppi manouche, da due chitarre, violino e contrabbasso, che con grande abilità tecnica e senza complessi produce una musica dalle più diverse origini, preoccupandosi solo di mettere in buona evidenza il loro tradizionale stile musicale, personalizzando e riconducendo qualsiasi brano al loro particolare stile fatto di swing, improvvisazione e stemperato nelle struggenti melodie tipiche del carattere musicale degli zingari.

Molti dei temi musicali sono noti, standars occidentali che molti grandi artisti hanno interpretato, ma ancora una volta qui si compie quello straordinario fenomeno che pervade tutta la musica degli zigani: un genere non-zigano che viene assorbito e rimodellato dalla cultura zigana a sua immagine e somiglianza, fino a farlo diventare e permanere zigano.
Nella stessa serata il concerto proseguirà con le affascinati sonorità del Taragot (tipo di clarinetto) del Taraf di Caransebes, una piccola orchestra Rumena specializzata nell’interpretazione della musica popolare per le nozze e per le feste del villaggio.

Gli strumenti principali di tutti i Taraf (dal turco = orchestra) sono i clarinetti rumeni, ma a questi si aggiungono frequentemente strumenti ad arco (violini e contrabbassi) e la chitarra ritmica. Nella loro musica compaiono ritmi e sonorità orientali e mediterranee, danze di Valachia e dei Balcani che costituiscono, nel loro insieme, la base di tutta la cultura musicale degli zigani europei e su cui si fonda anche la musica dei manouche e del suo più importante esponente Django Reinahardt.
Il concerto riunisce musicisti di differente provenienza, tutti però legati da uno stile comune che nelle varie aree geografiche assume nomi e modi di espressione diversi.

In Europa dell’est s’identifica nei nostalgici glissati e nelle folgoranti danze rumene, in Andalusia nei trascinanti ritmi del Flamenco, in Alsazia nel “swing manouche” o “gipsy jazz”, ma di fatto è sempre l’inconfondibile “suono” degli zigani che in forme diverse si manifesta e s’impone all’ascolto.

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