Gli uomini del Nucleo Agroalimentare Forestale di Roma del Corpo forestale dello Stato, a seguito di una lunga indagine iniziata nel settembre del 2010 e finalizzata a verificare la filiera di qualità dell’olio extravergine di oliva, hanno riscontrato, presso diversi stabilimenti di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata, per un valore di circa 4 milioni di euro.
L’ipotesi degli investigatori è che i documenti siano stati contraffatti per ingannare sulla vera natura del prodotto che, secondo la Procura di Firenze, conterrebbe olio di oliva deodorato, di bassa qualità e dal valore commerciale tre volte inferiore a quello etichettato come extravergine. La deodorazione è un’operazione di rettifica dell’olio di oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili di scarsa qualità in oli di oliva senza difetti, ma che una volta subito questo trattamento non possono più essere commercializzati come oli di oliva extravergine.
Questa pratica illecita diventa quasi obbligatoria quando passa molto tempo tra la raccolta dell’oliva e la sua trasformazione, visto che potrebbero insorgere fermentazioni dannose alla qualità del prodotto, o in caso di super-maturazione delle olive o ancora nei casi di cattiva conservazione delle stesse. La Procura di Firenze, che sta svolgendo indagini approfondite su una nota azienda estera proprietaria dal 2005 di alcuni importanti marchi italiani di olio extravergine di oliva per accertare i reati di frode in commercio e di falso materiale, ha chiesto di effettuare accertamenti analitici idonei a verificare la vera natura del prodotto nell’ambito dell’udienza di incidente probatorio del 15 marzo prossimo. Un nuovo metodo diagnostico, recentemente acquisito dal Consiglio oleicolo internazionale (C.O.I.), consente di accertare, attraverso la presenza del livello di alchil esteri nell’olio, la deodorazione del prodotto che così spiegherebbe la manomissione dei documenti e la presenza di alcune sostanze all’interno dell’olio che non dovrebbero essere presenti in concentrazioni tali in un olio di qualità.
Proprio di recente l’Unione Europea ha stabilito un limite per la concentrazione degli alchil esteri stabilendo delle soglie massime, superate le quali un olio non potrà essere etichettato come extravergine, a garanzia della qualità del prodotto e dei consumatori europei. I limiti introdotti prevedono che un extravergine è tale se la somma degli esteri etilici e metilici da acidi grassi è inferiore a 75 milligrammi per chilo. L’introduzione di tali parametri chimici consentirà di scoprire se il tipico condimento mediterraneo è genuino oppure se è stato ottenuto da olive di scarsa qualità o se è stato miscelato con oli deodorati.
L’indagine del Corpo forestale dello Stato, che ha permesso di scoprire l’esistenza di oli commerciali etichettati come extravergine di oliva con un contenuto elevato di alchil esteri e di qualità più scadente, ha reso necessaria una maggiore trasparenza nel settore per poter salvaguardare i prodotti del Made in Italy. L’obbligatorietà di esplicitare in etichetta l’origine degli oli extravergine di oliva è stata rafforzata in modo più organico dalla recentissima legge dello scorso febbraio sull’etichettatura e sulla qualità dei prodotti agroalimentari, che costituisce un ulteriore strumento normativo a disposizione degli investigatori e a garanzia dei consumatori.
Quest’ultima operazione del Corpo forestale dello Stato si inserisce nella vasta ed intensa attività complessiva di sicurezza agroalimentare che negli ultimi anni è stata particolarmente incisiva, sulla base delle Direttive del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, finalizzate a difendere la qualità dei prodotti per i consumatori, a contrastare le illegalità del mercato a tutela dei produttori e a perseguire le contraffazioni e le adulterazioni degli alimenti a danno dei cittadini.