Turismo: 40 mila lavoratori non sanno se avranno gli ammortizzatori sociali a fine estate

Lettera all'Inps di Filcams Cgil Toscana, ipotesi sciopero a Ferragosto. Redi Piombino: Simoncini invita l'azienda a una riflessione ulteriore. Crisi del cotto, Bugli: "Muoversi tutti assieme: istituzioni, lavoratori e proprietà"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 giugno 2015 19:05
Turismo: 40 mila lavoratori non sanno se avranno gli ammortizzatori sociali a fine estate

In Toscana circa 40mila lavoratori stagionali del turismo, quest'anno, iniziano la stagione senza sapere quali ammortizzatori sociali potranno avere a fine estate e soprattutto di quale entità economica e per quanti mesi. A lanciare l'allarme è la Filcams Cgil Toscana: “Non è accettabile che questi lavoratori non sappiano cosa accadrà loro dopo la fase lavorativa. Il turismo, soprattutto in estate, è un settore fondamentale dell'economia italiana, questi lavoratori ne sono parte fondamentale e il Governo ha il dovere di dare certezze.

Come sindacato seguiremo le evoluzioni della questione, e senza risposte siamo pronti a mobilitarci”. Autorevoli esponenti del Governo, a partire dal Ministro del Welfare Giuliano Poletti, si erano espressi pubblicamente nelle settimane scorse garantendo che, quantomeno per il 2015, i lavoratori stagionali (in special modo quelli che lavorano strutturalmente 6 mesi e che con l’Aspi vedevano riconosciuta una indennità per gli ulteriori 6 su base annua) avrebbero mantenuto le stesse tutele.

Ad una analisi della circolare INPS 94/15 però risulta quantomeno problematico (per non dire impossibile) rintracciare tale garanzia. Mentre i lavoratori interessati attraverso il web minacciano uno sciopero per Ferragosto, mentre fioriscono le scuole di pensiero fra chi sostiene che le garanzie vi siano per quest’anno e chi no, la Filcams Cgil nazionale, con la stagione estiva ormai iniziata, ha ritenuto di tentare la via del chiarimento diretto con l’INPS, inviando all'istituto una lettera per una richiesta di incontro su Naspi e lavoro stagionale.

La situazione della Redi (ex Dalpex) è stata affrontata venerdì a Piombino in due successivi incontri con l'assessore alle attività produttive credito e lavoro Gianfranco Simoncini e il sindaco di Piombino Massimo Giuliani e un rappresentante della Provincia di Livorno. Al primo incontro, convocato nel Palazzo Comunale, hanno partecipato le organizzazioni sindacali provinciali e di categoria. Successivamente assessore e sindaco hanno incontrato i vertici del gruppo Redi. "Abbiamo preso atto – ha detto l'assessore Simoncini al termine della riunione – delle ipotesi industriali che prevedono una profonda riorganizzazione, con 33 esuberi.Condividendo la preoccupazione dei sindacati, ho fatto presente ai rappresentanti dell'azienda che l'area di Piombino che si sta rilanciando dopo le difficoltà legate alla Lucchini e che si aprono grazie all'accordo di programma, con la reindustrializzazione dell'area e il rilancio delle attività portuali che potrebbero essere utili anche per Redi in particolare per le attività logistiche.

Ipotesi di spostamento all'estero di alcune attività sarebbero per altro poco comprensibili alla luce degli investimenti che l'azienda ha fatto anche recentemente. Alla luce di queste opportunità ho chiesto all'azienda una riflessione ulteriore sulle decisioni prese, impegnandomi a convocare un nuovo incontro entro una decina di giorni" . "La riunione è servita a fare il punto sulla situazione – aggiunge il sindaco Giuliani – e per avviare i necessari approfondimenti da parte dei sindacati e delle istituzioni sul percorso da intraprendere.

Stiamo facendo di tutto per trovare una soluzione che permetta di scongiurare questo drastico ridimensionamento che, in una fase difficile come l'attuale, rischia di aggravare la già pesante situazione occupazionale del comprensorio. Sono al fianco dei lavoratori che rischiano in prima persona e mi rendo disponibile, insieme alle altre istituzioni, a portare avanti tutte le iniziativi utili a scongiurare la delocalizzazione annunciata».

Sul cotto fiorentino e come rilanciarlo la Regione chiama sindacati e imprenditori a sedersi di nuovo attorno ad una tavolo per confrontarsi su quello che si può fare. Ma occorre che tutti facciano la loro parte. "E deve essere un tavolo operativo con tempi stretti – sottolinea l'assessore alla presidenza della Toscana, Vittorio Bugli – perché non c'è più da tempo da perdere. E dovranno essere definiti i punti su cui impegnarsi, il 'chi fa cosa'". Si tratterà di valutare se la strada sarà quella di un marchio comune, di un sostegno per l'accesso al credito o di un aiuto per l'innovazione tecnologica.

Ma un'idea l'assessore l'ha ben chiara: un'idea maturata incontrando maestranze e proprietari e visitando stamani, assieme ai sindacati e ai sindaci del posto, tre aziende storiche tra l'Impruneta e Greve in Chianti. Tre aziende raccolte in un fazzoletto di poche centinaia di metri lungo la strada di piano del Ferrone: prima la Sannini spa, poi la Manetti e quindi la Palagio Engineering. Doveva esserci il presidente Enrico Rossi, impegnato però in riunioni a Roma. "La battaglia – dice Bugli - non è solo quella di salvaguardare quattro o cinque preziose aziende e gli operai e tecnici che vi lavorano.

La battaglia è quella di salvare un prodotto storico come il cotto, che se non viene prodotto più in questi territori non è più il cotto e quindi se ne cancella la storia". Una battaglia di difesa culturale e di identità storica su cui mobilitare non solo il mondo dell'economia: una battaglia come quelle per difendere i cipressi della Toscana, il paesaggio delle sue colline o un muro antico. Del resto il cotto si produce all'Impruneta fin dal 1098 e il Brunelleschi scelse gli artigiani dell'Impruneta nel 1419 per le tegole e i mattoni della cupola del duomo di Firenze. Per salvare il cotto, è convinzione dell'assessore, serve però l'unione tra tutti gli attori coinvolti.

Occorre capire se il problema è di mercato, di liquidità insufficiente a far fronte agli investimenti necessari o l'una e l'altra cosa. Ci sono analisi, già fatte, da ricomporre. Magari serve un marchio condiviso. "Di certo – sottolinea l'assessore - non hanno senso confini o campanilismi". E infatti non a caso, nel giro tra le tre aziende del cotto di stamani, proseguito poi al cementificio Sacci, hanno partecipato tutti e tre i sindaci della zona: Impruneta, Greve in Chianti e San Casciano in Val di Pesa. Già persi quattrocento posti di lavoro.

I numeri sono terribili e non lasciano scampo. Lungo la strada del Ferrone, in un fazzoletto di poche centinaia di metri dal 1929 diviso tra due comuni, sfilano cataste di mattoni, embrici e tegole. Fanno capolino anche giare, orci e anfore per arredare i giardini. Ci sono lastre pavimenti e rivestimenti verticali per pareti ventilate. Ognuno si è specializzato. Ma molte fabbriche sono oggi silenziose e lavorano appena quattro mesi l'anno. Nel 2001 le fornaci di cotto fiorentino contavano 550 addetti.

Nel 2010 erano scesi a 450. L'anno scorso superavano di poco i 150. Ci sono anche isole felici, come la Manetti del Ferrone (comune di Greve in Chianti) che non ha mai fatto un'ora di cassa integrazione, sette generazioni e mezzo dal 1820 e che, accanto ai mattoni, realizza orci artigianali per la fermentazione del vino che spedisce in California. Ma tanti operai hanno perso il lavoro negli ultimi anni e dei 150 addetti del settore molti sono finiti in cassa integrazione od hanno contratti di solidarietà.

"Una situazione da cui si può uscire solo tutti assieme e che certo alla lunga non può giovare neppure a chi finora non ha sofferto troppo". "Certo – conclude Bugli – questo percorso può essere fatto solo assieme anche alle aziende".

«Le chiedo di prendere a cuore questa situazione, anche a fronte della presentazione, da parte dell'Azienda, di un ormai prossimo Piano Industriale al Ministero, che dovrebbe avvenire entro il prossimo 15 giugno». E’ quanto scrive il sindaco di Volterra Marco Buselli in una lettera inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in merito alla vicenda Smith. «Per quanto ci riguarda, con la necessità di mantenere la Smith a Saline di Volterra, siamo a disposizione per concordare con tutti gli altri soggetti istituzionali strategie alternative che si possano mettere in campo – scrive il primo cittadino -, nel caso che la multinazionale volesse comunque chiudere o ridimensionare lo stabilimento, per superare questa grave crisi che non riguarda solo i lavoratori coinvolti e le loro famiglie, ma un intero territorio».

«Considerato che per il territorio della Val di Cecina i duecento lavoratori di Saline di Volterra sono un numero enorme – spiega Buselli al Presidente Mattarella -, che non potrebbe essere riassorbito dal tessuto produttivo locale, con ricadute gravissime dal punto di vista sociale ed economico su tutta la zona, mentre per il colosso americano dell'energia sono solo una piccola percentuale degli oltre centoventimila che hanno in varie parti del pianeta. La perdita di questo stabilimento, ma anche un suo eventuale dimezzamento, rappresenterebbe un altro tassello della decadenza non giustificata né motivata di una città che è tuttora una delle più rappresentative della storia d’Italia».

A concludere la lettera anche un invito, rivolto al Presidente a visitare Volterra.

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