Toscana, basta arte meglio esporre vestiti, scarpe e lampredotto

Presentata a Firenze la ricerca di Confindustria Toscana in collaborazione con Klaus Davi

Antonio
Antonio Lenoci
14 ottobre 2014 17:22
Toscana, basta arte meglio esporre vestiti, scarpe e lampredotto

 Nei prossimi 20 anni il turismo del prodotto o dello shopping registrerà un vero e proprio boom. Il convegno "Una toscana attrattiva per far ripartire l'Italia", promosso in collaborazione tra Regione Toscana, Invest in Tuscany e Confindustria Toscana è stato il teatro di alcune riflessioni sul nostro futuro. Un consiglio è quello di esporre beni di consumo, dare al pubblico ciò che cerca e che vuole.

Insomma, non ci voleva molto a capirlo: da anni il popolo italiano si è accorto che al banchetto inaugurale, ci sono più visite che all'opera d'arte festeggiata. Dall'Ultima cena all'ultimo buffet.Secondo il Censis: quasi due terzi degli imprenditori toscani ritiene che vi siano potenzialità inesplorate. Anche se pensa che la vitalità delle imprese straniere in Toscana sia in calo. Il 75% del campione vorrebbe concentrare investimenti esteri sui settori del turismo, dell'agroalimentare, della moda. Spiega Giulio De Rita che gli imprenditori si mostrano preoccupati per l'effetto "shopping" delle imprese straniere ma, nello stesso tempo, riconoscono l'utilità di tali investimenti, pur consapevoli che il cuore del made in Italy deve restare in Toscana.

A decretare però scientificamente il nuovo trend del marketing turistico è Confindustria Toscana che, in collaborazione con Klaus Davi, ha svolto una ricerca sul percepito della regione da parte degli stakeholders e della stampa internazionale. Il turismo del prodotto potrebbe attrarre oltre 10 milioni di turisti ogni anno nel nostro Paese, se solo fosse adeguatamente valorizzato da istituzioni e privati.

Non mancano esempi internazionali: basti pensare ai Musei della Coca Cola ad Atlanta, della Vodka a San Pietroburgo, del Currywurst a Berlino o del Cioccolato a Bruxelles, ma anche alla Mostra itinerante di Jean Paul Gaultier nei più grandi musei del mondo, che ha attratto da sola oltre un milione di visitatori. In Italia Giovanni Rana potrebbe essere un Raffaello, mentre Amadori un Caravaggesco. Il Leonardo della situazione potrebbe dispensare culatelli insaccati in foulard finemente ricamati.

Per non parlare delle scarpe foderate di lardo di Colonnata, calde d'estate e stagionate d'inverno.Restiamo alle vere eccellenze nostrane e ricordiamoci di quanto piacciano ai nostri ammiratori e competitor il Museo Ferragamo o il Museo Gucci, il Museo Ferrari e quello della Pasta in Emilia Romagna, passando per i vari musei del vino e del tartufo in Toscana, fino ad arrivare al futuro Museo Armani.Per merito di grandi nomi ed ambasciatori di eccezione come Gucci, Ferragamo, Prada, ma anche come Pieraccioni o Sting e di produzioni enogastronomiche tipiche e di qualità, il "brand" Toscana potrebbe ulteriormente penetrare nei mercati emergenti.

Presenti alla giornata fiorentina dedicata a come far ripartire il turismo anche il presidente Enrico Rossi ed il regista Leonardo Pieraccioni che ha definito l'incontro una simpatica "Riuninone di condominio":."La presidenza della Regione – ha spiegato Rossi – ha un atteggiamento amichevole verso chi investe. Così ci si fa un buon nome".

Secondo lo studio presentato a Firenze, il turismo del prodotto potrebbe attrarre fortemente i mercati emergenti, soprattutto la Cina, i Paesi del Sud-Est asiatico, i Paesi dell’Est, i Paesi Arabi e l’India, vale a dire gli Stati più attenti ai valori dei brand. Una deriva culturale senza precedenti e destinata a trascinare il Paese nel frigorifero? Neanche per sogno. Secondo la ricerca, quello del prodotto, non è assolutamente un mercato antitetico al turismo culturale e a quello classico: anzi, la creazione dei musei di prodotto o dedicati a marchi di eccellenza, là dove è avvenuta, ha incrementato considerevolmente l’affluenza di turisti. Visitare gli Uffizi vestiti con estrema eleganza e pasteggiando Tartufo o Brunello, questo risulta essere veramente chic e terribilmente invitante.

Non può mancare, infatti, sempre secondo la ricerca, una contaminazione tra musei istituzionali e marchi di eccellenza privati: alcuni esempi sono la sfilata di Ferragamo al Louvre o la mostra dei gioielli di Cartier al Grand Palais di Parigi, mentre in Italia Stefano Ricci ha già sfilato agli Uffizi. "Manifestazioni di contaminazione - concludono Confindustria e Klaus Davi - che hanno trainato le realtà locali dove hanno preso forma. Un dato di fatto incontrovertibile, che dovrebbe spingere ancor più l’Italia, una volta liberata dalle pastoie della burocrazia, a proseguire su questa strada affinché il turismo del prodotto possa esplodere decisamente anche da noi".Passando dal Sovrintendente che bacchetta a destra e sinistra con sapienza e spirito di conservazione del patrimonio, al manager chiamato ad amministrare tutto con l'aiuto di finanziatori privati, questo futuro potrebbe essere molto vicino.La curiosità ci solletica la fantasia. E perché non poter vedere un Perseo che solleva maestoso una testa di porchetta? In fin dei conti il busto dell'eroe mitologico è già griffato "Benvenutus".

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