Teatro Goldoni: 'Il vero amico' con Lorenzo Lavia

Da mercoledì 8 a domenica 12 aprile

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 aprile 2015 19:20
Teatro Goldoni: 'Il vero amico' con Lorenzo Lavia

Da mercoledì un nuovo Goldoni al Teatro Goldoni. Lorenzo Lavia, sulle orme del padre Gabriele Lavia che lo mise in scena nel ’78-’79, dirige e interpreta Il vero amico, bel testo del 1751 sul tema amore-amicizia, fra i meno noti e rappresentati del drammaturgo veneziano. Accanto a lui, Massimo De Francovich, di recente in Lehman Trilogy, spettacolo-testamento di Luca Ronconi, Gianna Giachetti e Francesco Bonomo. Un Goldoni fuori da manierismi e dalle smancerie, da battute e ventagli, che si mostra ironico spettatore del reale e creatore di parole rilevatrici delle inquietudini morali, di ieri e di oggi.

A sei anni si aggirava incuriosito dietro le quinte quando suo padre Gabriele Lavia dirigeva e interpretava Il vero amico di Carlo Goldoni. Oggi Lorenzo Lavia debutta da regista e protagonista di questa bella e divertente commedia che Goldoni, nelle sue Memorie, afferma di aver tratto da un aneddoto storico, in accordo con il pubblico di Venezia che lo vide rappresentato nel 1751 durante il carnevale. Sul palco del teatro di via Santa Maria il drammaturgo veneziano si è già affacciato in questa stagione con Gli innamorati, regia di Andrée Ruth Shammah.

“Mio padre debuttò dove ho debuttato io l’estate scorsa, al Festival Teatrale di Borgio Verezzi, in Liguria”, ricorda Lorenzo Lavia, “oltre a lui c’erano Ottavia Piccolo, Renato De Carmine, Giampiero Bianchi, e anche mia madre Annarita Bartolomei. Mi ricordo bene tutti gli spettacoli fatti da papà, ho una memoria precisa e di quello, in particolare, ho un ricordo abbastanza lucido. Si rideva molto. Anche nel mio si ride, ma ha un finale più cupo, è venuta fuori l’anima più dark di Goldoni. Siamo in due mondi completamente diversi. Una cosa, però, ci unisce: io ho lavorato sul suo stesso copione.”

Il vero amico Florindo (Lorenzo Lavia) si innamora corrisposto di Rosaura (Federica Rosellini), promessa sposa di Lelio (Francesco Bonomo), suo amico fraterno e vi rinuncia – o sembra farlo – per amicizia. Ma a guardare meglio ognuno di loro ha un difetto: Lelio sembra amare più la dote che Rosaura e Florindo forse fugge da una Rosaura un po’ troppo spregiudicata. E Goldoni fa per Beatrice (Gianna Giachetti), che “per ragion d’età, tuttavia per amor si umilia e si illude”, Ottavio (Massimo De Francovich), un avaro ‘episodico’, e per tutti gli altri personaggi, li rovescia, mostrandone il lato d’ombra. Nella vicenda i momenti esilaranti si alternano a quelli seri, il grottesco al caricaturale: un attento e fine osservatore come Goldoni non poteva lasciarsi sfuggire quanto di comico e paradossale accadesse nella società del suo tempo.

“Ho voluto mettere in scena Il vero amico perché fa ridere”, afferma Lavia, “senza falsi giri di parole è stato questo il primo motivo per la scelta del testo. Carlo Goldoni verso la metà del Settecento cominciò a porsi il problema dello scarso successo delle sue opere all’estero, come diceva lui ‘talvolta compatite’, e attribuì la colpa al fatto che il suo fosse un teatro ‘più di dialogo, che di intreccio’. Ecco, Il vero amico è l’esatto opposto: ha un trama molto divertente, fatta di equivoci, con un personaggio di nome Ottavio, anche lui padre, anche lui ‘avaro’ come Arpagone, anche lui con il grande problema della cassetta, che è fondamentale per lo svolgimento della storia.”

In Francia fu al centro di un vivace scandalo letterario: Diderot, che venne accusato di averne attinto spunti per II figlio naturale, a sua volta accusò Goldoni di plagio proprio nei confronti de L'avaro di Molière. Questo fatto ha permesso a Lorenzo Lavia di “tradurre” e “trasportare” in scena Il vero amico.

“Goldoni non accettò la parola ‘plagio’, dicendo che si trattava di storie diverse”, spiega Lavia, “però, con grande onestà intellettuale, in una lettera di risposta a Diderot ammise la citazione, il gesto d’affetto nei confronti de L’avaro. Ma questo ‘gesto d’affetto’ è molto importante all’interno della commedia. È proprio partendo da questo punto che ho risolto il mio ‘problema’ di dover tradurre/tradire il testo: ho aggiunto in due punti dello spettacolo delle battute prese da L’avaro, nella versione di Cesare Garboli, diretta e interpretata da mio padre nel 2003-2004 (io facevo Cleante), che traduce e tradisce il testo originale, ma ce ne apre anche un mondo più nascosto, senza toccare le parole scritte da Goldoni e soprattutto il mio primo intento, che resta quello di far ridere il pubblico.”

Florindo diventa trionfatore della più violenta passione in grazia dell’amicizia, facendo a una così rara virtù il sacrificio del cuore “e a taluno parve sorprendente e difficile tal carattere”, scrive Goldoni. Di fatto, Il vero amico sembra apparentarsi a molto teatro europeo, in particolare all’ambiguità di Marivaux, e sottende alla tipica comicità goldoniana, costruita sulla ripetizione di equivoci e sorprese, una sorta di sguardo cinico e disincantato sui protagonisti che vengono esposti alla crudezza di una lettura non sentimentale di una storia di sentimenti.

Può accadere pertanto che, presi dall’intreccio brillante o dalla ‘verità’ dei personaggi, non ci si accorga di sorridere e di ridere un po’ anche di noi stessi.

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