Spari razzisti: togliete il silenziatore a quelle pistole

Ieri a Firenze l’ennesimo delitto a sfondo razziale. La città non sente il dovere di esprimere il proprio sdegno?

Nicola
Nicola Novelli
06 marzo 2018 08:01
Spari razzisti: togliete il silenziatore a quelle pistole

FIRENZE- Racconta Primo Levi che ad Auschwitz i nazisti, per parlare del pasto degli ebrei, usavano lo stesso verbo che si usa (in lingua tedesca) per gli animali, anziché quello appropriato agli esseri umani. Un po’ la stessa derubricazione espressa dall’assassino di ieri sul ponte Vespucci, che ha spiegato il suo gesto criminale con il bisogno di manifestare la propria frustrazione, senza fare troppo danno agli altri. Perciò fra i vari passanti incrociati sull’affollato lungarno a mezzogiorno avrebbe scelto il male minore, quello di “sparare a un negro”.

Per ore questo atto di implicito razzismo è stato derubricato dalla stampa all'azione casuale di un folle. Da colleghi giornalisti che, magari, manifestavano invece la loro perplessità sul significato del gesto in privato, sul proprio profilo Facebook. Infine ci ha pensato la comunità senegalese a classificare correttamente il delitto. Una piccola folla, per lo più di commercianti ambulanti colleghi della vittima, si è radunata su ponte Vespucci e da lì ha marciato in un corteo spontaneo verso Palazzo Vecchio, dove il sindaco era impegnato in conferenza stampa per annunciare il lutto cittadino per la morte naturale del capitano della Fiorentina. Frustrati dal silenzio della città i manifestanti sono tornati indietro, in direzione della stazione SMN, abbandonandosi al teppismo per sfogare la loro rabbia.

Nelle ore successive, sui social network, tanti fiorentini si sono divertiti a commentare la reazione dei senegalesi sulle fioriere collocate nei mesi scorsi nel centro storico. Con espressioni di odio razziale nei loro confronti (anche la redazione di Nove da Firenze ha dovuto cancellare un commento sulla propria pagina Facebook) non riequilibrate dalle scarse parole di cordoglio per la morte del senegalese.

Dunque giovedì Firenze si appresta a celebrare il lutto cittadino per la morte naturale di un calciatore della Fiorentina, ma non trova il modo di esprimere la propria solidarietà nei confronti della vedova senegalese che perse il proprio partner nel 2011 in piazza Dalmazia per mano del suprematista Gianluca Casseri e che ieri ha perduto anche il suo attuale uomo per mano di un altro italiano, fanatico delle armi (come si può desumere dal suo profilo social). Tragica coincidenza vuole, appunto, che Idy Diene, il senegalese ucciso ieri, sia cugino di Modou Samb, assassinato in piazza Dalmazia, è che fosse diventato il padre adottivo della figlia, una bambina di sei anni.

Stampa e politica sembrano voler mettere il silenziatore anche a questo delitto, derubricandolo a follia individuale, come un mese fa a Macerata, quando un iscritto della Lega di Matteo Salvini è stato protagonista di un atto terroristico a sfondo razzista, che ha mandato all’ospedale numerosi immigrati africani. Il sindaco di Firenze ieri non ha trovato il tempo di convocare una apposita conferenza stampa per stigmatizzare l’omicidio ed esprimere solidarietà alla comunità senegalese. E anche il presidente della Regione Toscana, esponente di Liberi e Uguali, ha indicato come causa della tragedia di Firenze la concessione facile del porto d’armi. Invece il vero pericolo, che dovrebbe fare paura a tutti, sono le armi letali che vanno diffondendosi nell’Italia del 2018, le parole di odio razziale espresse ormai da molti, impuniti, in ogni occasione.

Quanti spari razzisti dovranno ancora echeggiare in questo paese sordo e reazionario, prima che la sua parte sana tolga la sordina a queste pistole, facendo un passo avanti a difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche?

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