​Silenzi di Guerra, dibattito a Firenze sulla Prima Guerra Mondiale

Lo spettacolo teatrale è anche un libro edito dalla romana Argo e trae ispirazione da una vicenda realmente accaduta tra Pisa e Gorizia

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 novembre 2016 16:54
​Silenzi di Guerra, dibattito a Firenze sulla Prima Guerra Mondiale

"Posso curare i soldati. Prendete me al posto di lui. A che vi serve un bambino? Cambiate il nome sulla cartolina, che vi costa? Franco al posto di Daniele. Un uomo per un uomo. Abbiate pietà". Così “Silenzi di Guerra” lo spettacolo teatrale diretto e interpretato da Renato Raimo in scena al Teatro Puccini di Firenze il 30 novembre prossimo, ha offerto lo spunto per il dibattito sulla Prima Guerra Mondiale proprio in quello che fu il ritrovo dei Futuristi del primo Novecento, il Caffè Storico Letterario “Giubbe Rosse” di Firenze.

All'incontro erano presenti l'autore Renato Raimo, il giornalista e storico Enrico Nistri, la Storica dell'Arte Susanne E.L. Probst e il Vicepresidente dell'associazione “Lupi di Toscana” Paolo Napolitano.

Protagonisti due uomini: un padre e un figlio; un professore universitario di anatomia patologica e un giovane appena maggiorenne chiamato al fronte a combattere contro gli austriaci. Raimo vestirà i panni del padre, Franco Ferrara che quando una sera vede sul tavolo la cartolina di convocazione alle armi dapprima non riesce a trovare le parole giuste per rincuorare il figlio e poi decide di affrontare personalmente la guerra e di raggiungerlo al fronte per riportarlo a casa. “Un ruolo che ho fortemente amato e voluto - racconta Raimo- .

Il dolore troppo spesso è stato appannaggio di donne, fidanzate e vedove. In un momento storico in cui la figura maschile è spesso, e giustamente, messa in discussione e accostata a tristi vicende di cronaca, ho voluto mettere un uomo, Franco Ferrara, dinanzi a se stesso, ai propri errori di genitore, ai silenzi, alla perdita, ai sentimenti. A quel punto ciò che è restato è un padre, non più imprigionato dentro stereotipi di orgoglio e negazione”.

A fare da eco a Raimo, lo storico Enrico Nistri: “Questo genitore mi ricorda molto il comportamento delle mamme degli anni 80 che accompagnavano i figli fino all'ingresso delle caserme e che portò all'eliminazione del servizio militare”. Ma l'Italia sarebbe potuta rimanere fuori dalla guerra? Su questa domanda si è incentrato l’intervento di Nistri: “Probabilmente no, perché eravamo inseriti in un sistema di alleanze: se avessero vinto, gli austriaci si sarebbero vendicati del nostro mancato intervento, altro che regalarci Trento e Trieste. E' chiaro che la guerra non può essere una cosa bella però mi sembra giusto onorare l'eroismo di chi l'ha combattuta e non fermarsi ai lamenti sull'inutile strage.

Uno spettacolo teatrale e, quindi, un libro, che ha richiesto uno studio approfondito e attenzione filologica agli elementi storici grazie anche a collaborazioni illustri come quella con lo sceneggiatore Arturo Andreoli. Memorabile la divisa e l’equipaggiamento militare originali del protagonista che veste i panni di un fante dei Lupi di Toscana.

“Forse non tutti sanno che nei Lupi di Toscana c'era il nonno di Papa Bergoglio, un sottufficiale addetto alle trasmissioni”, così Paolo Napolitano il Vicepresidente dei Lupi di Toscana ha introdotto la storia del reggimento dagli anni in cui era chiamata la Brigata Granatieri fino alle gloriose imprese che li vide protagonisti durante la conquista del monte Melino nel primo conflitto mondiale. L’episodio in cui si racconta riceveranno il battesimo di Lupi. “Il nemico, vedendo i fanti balzare di roccia in roccia sotto il fuoco delle mitraglie, preso da sgomento fuggì gridando: Die Wolf! (I Lupi!)”.

Un mito quello dei Lupi di Toscana definitivamente consacrato da Gabriele D’Annunzio,”Un intellettuale che sapeva usare gli strumenti della comunicazione - ha ricordato Susanne E.L. Probst - e che già cinquantenne si arruolò nei Lupi di Toscana. D'Annunzio scrive Fu come l'ala che non lascia impronte, al primo grido avea già preso il monte: questo ancora oggi il motto dei Lupi di Toscana”. 

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