Sergio Scatizzi: 100 anni dalla nascita

Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Sergio Scatizzi, il maestro fiorentino dell’informale

17 luglio 2018 11:28
Sergio Scatizzi: 100 anni dalla nascita
Giacomo Ferri e Sergio Scatizzi nell’appartamento del maestro, in Via Maggio a Firenze

Sono già passati nove anni dalla morte del maestro Scatizzi che, fino all’ultimo momento, nonostante la sedia a rotelle, ha continuato a dipingere i suoi paesaggi, i suoi fiori ed i suoi astratti.

La sua verve creativa non ha ceduto il passo all’età avanzata e, sinceramente, ho avuto modo di vedere svariati dipinti, anche nel suo studio, realizzati nei suoi ultimi due o tre anni, che poco avevano da invidiare a quelli di 20 anni prima.

Certamente si notava, in molte delle sue ultime creazioni, la mano ormai stanca seppur sempre sapiente, ma quello che impressionava era il suo continuo fermento mentale, che dava vita sempre a nuove opere talvolta dei capolavori paragonabili allo Scatizzi sessantenne più che novantenne.

Sergio Scatizzi ha dipinto per più di 70 anni, è stato silente osservatore della storia, trovandosi a vivere il ventennio fascista, la guerra, la nascita della Repubblica e via via le vicende politiche e quelle drammatiche che il nostro Paese ha vissuto: dalla rinascita del dopoguerra alle rivoluzioni studentesche, dal rilancio culturale, sociale ed economico agli Anni di Piombo.

Sicuramente l’arte di quest’uomo, simbolo del genio fiorentino, è stata permeata e si è evoluta proprio grazie o a causa di tutti questi eventi, mutando il suo desiderio di ritrarre il reale, come si può vedere dalle sue opere giovanili, fino ad arrivare ai primi informali già alla fine degli anni ‘40 ed inizio dei ‘50.

Forse proprio le vicende drammatiche hanno influito, inconsciamente, la scelta pittorica di dipingere quei paesaggi informali che lui traduceva con “terre volterrane” e che lo hanno reso famoso a livello nazionale.

Scatizzi ha goduto, fin da adolescente, della vicinanza coi maestri del ‘900, a partire sicuramente da De Pisis, con cui ebbe un profondo legame d’amicizia, Mario Mafai mentre abitava a Roma ed Ottone Rosai, conosciuto all’inizio degli anni ‘50, lo hanno influenzato nelle prime scelte stilistiche: i nudi maschili sono assai vicini a quelli del De Pisis, mentre i primi paesaggi toscani sono di gusto “rosaiano”, il tutto sempre e comunque con la sua impronta personale, già molto evidente.

Gli anni ‘50, come accennavo poco sopra, sono caratterizzati dalla sperimentazione pittorica iniziata con la fine della Seconda Guerra Mondiale, sperimentazione che, maturando, lascia il posto al vero e proprio stile di Sergio Scatizzi. Un periodo di fermenti artistici toscani ma, soprattutto, nazionali, dove il distacco dalla pittura classica del primo ‘900 è evidente al nord come al sud dello stivale e la pittura informale influenza diversi artisti inizialmente “figurativi”, come si può vedere dal gruppo di artisti di Corrente, collezionati da Alberto della Ragione, che noi fiorentini ben conosciamo e dove si ritrova, ad esempio, Ennio Morlotti; proprio con Morlotti, si narra, nacque la diatriba su chi dei due avesse ispirato l’altro.

Questo breve excursus sulla vita di Scatizzi, non vuole assolutamente figurare come una lezione, ci tenevo a ricordare un po’ della sua storia e di quanta importanza abbia avuto Scatizzi per Firenze e viceversa, di quanto fosse forte il legame di questo artista col suo territorio, come lo evidenzia proprio la sua pittura, ricca di riferimenti a Firenze ed alla Toscana, ricca di ispirazioni al Rinascimento ed i suoi artisti.

Sembra strano ma, proprio dall’arte del Rinascimento, Sergio Scatizzi trae maggiore ispirazione, dalle situazioni e dai colori dei dipinti del ‘600 fiorentino, uno fra tutti il Cecco Bravo.

Chiunque sia stato almeno una volta in casa del maestro, non ha potuto fare a meno di notare la sua passione per la superba pittura secentesca e per l’antiquariato, di cui si circondava abbondantemente.

Concludo con una breve riflessione sul mercato dell’arte e su questo maestro, fiorentino d’adozione, che ha lavorato per oltre 60 anni nella città di Firenze.

Fintanto che Scatizzi era in vita, sono stati tanti i mercanti e le gallerie che hanno guadagnato vendendo le sue opere, direi che alcuni hanno vissuto proprio grazie alle opere del maestro e tante erano le richieste di suoi dipinti.

Il problema principale del mercato di questo artista è, ed è stato, che l’interesse economico rivolto alle sue opere riguardava quasi esclusivamente la nostra regione e ciò lo ha relegato ad avere un interesse estremamente circoscritto.

L’avvento della crisi economica, arrivata da noi in Italia nel 2009, che ha coinciso con l’anno della scomparsa del maestro, ha influito gravemente sul suo mercato così come sul mercato della stragrande maggioranza di artisti di valore basso e medio basso.

Il mercato di un artista si compone da diversi fattori che possono influenzare positivamente il valore delle sue opere quindi, sostanzialmente, un aumento della domanda, tra i vari fattori è assolutamente importante quello di avere una continua visibilità delle opere e questo lo si può avere solo tramite una continua realizzazione di mostre ed eventi, sempre di maggior livello e, soprattutto, a livello nazionale.

Quello che ho notato in questi anni, è stata la carenza, principalmente da parte delle istituzioni, fiorentine e toscane, della volontà di ricordare Sergio Scatizzi promuovendolo nel territorio regionale e nazionale.

Con l’occasione di questa ricorrenza, mi auguro di essere smentito prima della fine del 2018.

Concludiamo questo ricordo del maestro con una suggestione visiva che invita alla riflessione artistica mostrando un dipinto di Scatizzi del 2007 in omaggio a Cecco Bravo contrapposto ad una natura morta con figura virile opera del Cecco Bravo. 

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