Ravi Coltrane e la magia del sax

Con lo splendido concerto del sassofonista figlio d’arte, si è chiusa la XX edizione di Metastasio Jazz, che anche in questa ventesima edizione ha fatto registrare un grande successo di critica e di pubblico.

24 febbraio 2015 12:33
Ravi Coltrane e la magia del sax

PRATO - Il peso della storia, anche artistica, può essere pesante da portare, e un cognome come Coltrane farebbe correre un brivido freddo sulla schiena di chiunque. Eppure, il giovane Ravi è riuscito a maturare un personale stile jazzistico, costruito sul sax in costante dialogo con i partner, e creando un suono dalle calde tonalità contemporanee.

Grande serata conclusiva di Metastasio Jazz 2015 con le raffinate atmosfere del Ravi Coltrane Quartet e del suo jazz nel segno della continuità storica e dell’innovazione. Quasi due ore di concerto che hanno riportato a Prato, a detta di molti appassionati di vecchia data, l'atmosfera che si respirava negli anni Sessanta, ai tempi d’oro del jazz. Tempi che la rassegna diretta da Stefano Zenni, nonostante scenari e condizioni finanziarie profondamente diverse, cerca con impegno di riproporre ogni anno.

Classica formazione hard bop - oltre al sax di Coltrane il quartetto è composto da David Virelles al pianoforte, Dezron Douglas al contrabbasso, e Jonathan Blake alla batteria -, esprime un jazz che predilige il dialogo fra gli strumenti, utilizzando l’a solo con estrema parsimonia. Il risultato, è un jazz tecnicamente impeccabile, elegante nell’esecuzione, ma sempre e comunque sobrio, che del mainstream riprende armonie familiari mutuate dal blues, e le clade miscele di suoni.

Apre il concerto Quilly’s blade, composto dallo stesso Coltrane, che per l’occasione suona il sax sopranino; un brano dal gustoso retroscena, che attraverso le suo note narra la storia di un porcospino che s’innamora di un filo d’erba. Una storia poetica, fiabesca, che dà la misura della sensibilità artistica di Coltrane, formalmente legato all’hard bop (di cui dà personale lettura), ma concettualmente influenzato anche dal mondo onirico della filosofia orientale (forse ispiratogli dal proprio nome, scelto dal padre che ammirava il musicista indiano Ravi Shankar), con le sue parabole che sono metafora dell’uomo e del suo rapporto con l’ambiente naturale.

Il brano è introdotto da un incipit che è un’alba nel deserto, con il malinconico pianoforte di Virelles, la batteria “tremolante” di Blake e lo spagnoleggiante clarinetto di Coltrane; l’incedere lento di ogni singola nota avvolge il pubblico che, com’è abitudine nel jazz di Coltrane, è direttamente calato nella scena sonora costruita dal gruppo. Tale è l’affiatamento sul palco, da scaturirne un suono ben amalgamato, con i sapori di un Islay centenario; il giro armonico blues, mantenuto nel segno dell’hard bop, ha il respiro ampio di una ballata di Walt Whitman, corroborato dai lunghi fraseggi che Coltrane alterna al sax a virtuosismi con “svirgolate” armoniche, che strappano al pubblico più di un applauso, prima dell’ovazione finale.

A seguire, un altro brano originale, Word Order dall’album From the Round Box (2000), un brano di jazz acustico incentrato sul lirismo e caratterizzato da ipertoni e atmosfere lussureggianti. A questo proposito, spicca il sax lieve e “lunare”, a suggerire l’atmosfera rilassata di un cocktail sulla spiaggia, con la sabbia tiepida e il sole al tramonto. Da passaggi del genere si apprezza tutta la purezza di Coltrane al sax, il cui suono è una calda e seducente candela in una notte newyorkese, una via lattea di note gettata sul drappo blu del pianoforte in sottofondo.

La versatilità di Coltrane si conferma con Endless, composizione di Paul Motian dall’album Garden of Eden (2006).

Particolarmente toccante il brano For Turiya, che Charlie Haden scrisse per la madre di Ravi, Alice, nel 1976; Haden era infatti rimasto affascinato dalla maestria di Alice nel suonare l’arpa, e in questa canzone Haden volle suonare con lei, avendo in preparazione un album di duetti, Closeness.

Affascinante l’etimologia del brano: nella filosofia induista, il termine turiya indica uno stato di coscienza pura o l'esperienza della verità ultima. Come affermò lo stesso Haden, l‘a solo d’arpa in apertura del brano è una sorta di “ascesa in Paradiso”; nella versione di Ravi Coltrane, l’arpa è sotituita dal pianoforte di Virelles, che sviluppa un motivo sui toni gravi di mistica atmosfera simbolista, appena sostenuto dalle percussioni spazzolate di Blake, cui segue l’intenso sax di Coltrane, commovente nella grandiosità che evoca.

A spezzare il brano, un a solo di contrabbasso, così intimo da sembrare un lamento della memoria, vicino al blues “maledetto” di Robert Johnson; per intensità dell’esecuzione, questo a solo di Douglas ricorda la rivistazione dell’inno americano che Hendrix suono a Woodstock.

Coltrane ha chiuso il concerto con un omaggio a Charlie Parker, eseguendo la sua Segment, (un brano bebop antesignano dell’hard bop), che rievoca la Beat Generation e la sua insofferenza per le costrizioni; musicalmente parlando, le novità che Parker introdusse con il bebop, furono l’utilizzo delle note più "alte" degli accordi per suonare melodie assolutamente nuove, e il raddoppio del loro tempo, accorgimento grazie al quale acquistavano un’atmosfera inusitata. Come scrisse Jack Kerouac: il tempo è l’essenza della purezza del discorso, il linguaggio è un indisturbato flusso della mente; per esprimere il soggetto dell’immagine… occorre servirsi di spacchi che separano il respiro creativo come il musicista di jazz che prende fiato tra le varie frasi suonate”.

Ravi Coltrane fa questo e altro, e non stupisce che, spentasi l’ultima nota, una lunga ovazione abbia salutata la sua esibizione sul palcoscenico pratese, splendido suggello di una memorabile edizione del vennetannel di Metastasio Jazz.

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