Abolite le province anche in Toscana, chi ci guadagna adesso?

Potrebbero esserci ripercussioni sui servizi ai cittadini anche nell'area metropolitana della provincia fiorentina

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 marzo 2014 16:11
Abolite le province anche in Toscana, chi ci guadagna adesso?

 La legge approvata al Senato in realtà non abolisce le province e non produce risparmi, come ha chiarito anche la Corte dei Conti, ma crea una grandissima confusione tra chi dovrà assicurare ai cittadini i servizi essenziali. Un provvedimento legislativo confuso, contraddittorio, ingiusto, immotivato e al limite della aberrazione giuridica. Ridicolo che restino in carica gli assessori, (tutta gente non eletta ma “nominata” dai presidenti di Provincia) fino al gennaio 2015 e debbano invece cessare dalle funzioni a fine maggio 2014 solo i consiglieri provinciali.

Ma come si fa a sostenere, come dice Renzi, che con questa legge si eliminano emolumenti e stipendi per 3000 "politici" nelle province quando in realtà finora lo "stipendio" lo hanno preso i presidenti e gli assessori mentre i consiglieri provinciali, (eletti dai cittadini in libere elezioni) hanno percepito solo modestissimi gettoni di presenza che, in media, non arrivano a 1200 euro netti all’anno per ciascuno. Questa legge è una buffonata anche perché se, come sembra ormai sicuro, verrà varata la legge di modifica costituzionale con la cancellazione della parola “Province” dalla Carta Costituzionale, tutto quello che c’è scritto nelle legge Del Rio diventa roba completamente inutile.

Una riforma vera sarebbe stata quella che prevedeva l’accorpamento delle Province piccole e degli uffici periferici dello Stato, con un efficace dimezzamento e risparmi concreti. Ma Renzi e la maggior parte dei partiti non ha avuto la forza nè la voglia di opporsi alle alte burocrazie dello Stato e alla incredibile capacità di resistenza dei parlamentari attualmente in carica che tutto vogliono "riformare" tranne ridurre effettivamente il loro numero e i propri stipendi. Si apre ora uno scenario istituzionale confuso, che non produce risparmi ma anzi porta l’aumento della spesa pubblica.  Nella fase transitoria sarà un disastro, perché non ci sono norme chiare per dare concreta attuazione alle decisioni legislative.

Gli effetti si vedranno da subito sul peggioramento e in alcuni casi la cancellazione di importanti servizi erogati dalle AmministrazionI provinciali anche perché i servizi sono già a rischio, a causa del " furore" contro le Province che ha giustificato in questi anni tagli drammatici alle risorse. Una riforma in controtendenza con quanto accade nel resto dei Paesi Europei: questa Legge va nella direzione opposta. L'UPI (Unione delle Province Italiane) ha più volte ma inutilmente fatto sapere a deputati e senatori italiani che in Germania, le Province sono 400, 16 le regioni e oltre 12 mila comuni, in Francia le Province sono 100, e amministrano insieme a 26 Regioni e 36 mila comuni; in Spagna ci sono 17 Regioni, 50 Province e 8.000 Comuni.

Con questa legge cosi confusionaria si da vita alle città metropolitane che in Italia diventano 10, più almeno altre 5 che certamente nasceranno nelle regioni a Statuto Speciale, mentre nel resto dell’intera Europa sono meno di 20: di cui 2 in Francia, 2 in Germania, 2 in Spagna. Le Province italiane costano allo stato e ai cittadini solo l'1,27% della spesa pubblica. Tutto il restante 98% sono spese delle amministrazioni centrali, del parlamento, dei ministeri, delle regioni e dei comuni.

Alessandro Corsinovi, fiorentino, consigliere alla Provincia di Livorno

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