Migranti: a Pontassieve in 14 accolti da una struttura privata

I flussi migratori sono un fenomeno complesso

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
29 luglio 2015 15:31
Migranti: a Pontassieve in 14 accolti da una struttura privata

Accolte anche sul territorio di Pontassieve 14 persone richiedenti asilo o protezione internazionale in fuga da conflitti e discriminazioni. I migranti sono ospiti di una struttura privata nei pressi dell’abitato di Acone che si è resa disponibile all’accoglienza. 

I giovani, tutti di età compresa tra i 18 e i 30 anni, provengono da alcune nazioni dell’Africa Occidentale (uno dalla Mauritania, 4 dalla Nigeria; 3 dal Burkina Faso; 4 dalla Costa d’Avorio e una coppia di giovani fidanzati dal Ghana). I giovani sono ospitati - tramite bando dalla Prefettura che sostiene economicamente l’intero progetto di accoglienza - per un periodo limitato, in attesa di espletare tutte le procedure necessarie al riconoscimento della protezione internazionale o asilo politico. Presentato a Roma un rapporto basato sulle storie e le testimonianze di centinaia di migranti forzati provenienti sia dall'Africa occidentale che dal Corno d'Africa, cerca tra l'altro di fornire elementi di comprensione di un fenomeno così complesso, al di là di pericolose e fuorvianti semplificazioni. 

Fuggire o morire. Rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso l’ Europa si basa infatti sulle informazioni raccolte da Medici per i Diritti Umani (MEDU) nei primi 6 mesi di attività del progetto “ON TO: Stopping the torture of refugees from Sub-Saharan countries along the migratory route to Northern Africa” presso i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) per richiedenti asilo in provincia di Ragusa e il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) di Mineo, in provincia di Catania.

Vengono inoltre riportati dati e testimonianze raccolti nel corso di undici mesi di attività presso alcuni insediamenti informali di migranti forzati a Roma: edifici occupati, baraccopoli, stazioni ferroviarie. Questo rapporto analizza in particolare le conoscenze acquisite sulle rotte migratorie e il traffico di esseri umani lungo il percorso verso il Nord Africa oltre che sul tipo di violenze e torture che i migranti subiscono nel corso di questo lungo viaggio. Dalle evidenze raccolte emerge che il business dell’ immigrazione nel deserto del Sahara, in Libia e nel Mar Mediterraneo risulta essere sempre più una rete proteiforme, gestita sia da gruppi di trafficanti altamente organizzati sia da individui non professionisti che agiscono autonomamente.

Il rapporto descrive inoltre le conseguenze psicologiche e fisiche del trauma vissuto dai migranti nel loro paese d'origine o nel corso del percorso migratorio. Secondo le testimonianze raccolte, tra le le forme più frequenti di tortura e di trattamenti inumani e degradanti vi sono: percosse e altre forme di traumi contusivi; privazione di cibo e acqua, pessime condizioni sanitarie; percosse ai piedi (falaka); sospensione e posizioni stressanti (ammanettamento, posizione in piedi per un tempo prolungato, ecc); minacce di violenze e di morte ai danni dei migranti o delle loro famiglie; violenze e oltraggi sessuali, oltraggi religiosi e altre forme di trattamenti degradanti; privazione di cure mediche; aver assistito ad episodi di tortura e trattamenti crudeli nei confronti di altre persone.

Le violenze si sono verificate nella maggior parte dei casi in Libia.Dall'analisi delle storie individuali, risulta evidente che la tradizionale dicotomia tra rifugiati e migranti economici sembra essere più un concetto astratto che uno strumento in grado di comprendere adeguatamente una realtà così complessa. E’ indubbio, ad esempio, che i richiedenti asilo provenienti dall'Africa occidentale partono in cerca di una vita migliore, ma allo stesso tempo la gran parte di loro – allo stesso modo degli Eritrei che fuggono da una dittatura brutale – è in fuga da una moltitudine di drammatiche circostanze che rappresentano spesso una minaccia per la stessa vita.

Indipendentemente dal paese di origine, molti di loro devono dunque essere senza dubbio considerati migranti forzati. I sistemi di accoglienza in Italia e in Europa devono necessariamente tenere in considerazione le molteplici vulnerabilità dei richiedenti asilo che hanno affrontato il viaggio dal momento che tali fattori permangono anche dopo l’arrivo.

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