Lettera aperta ai giornali on line toscani

Di Nicola Novelli, fondatore di www.nove.firenze.it, dal 1997 la prima testata giornalistica web fiorentina

Nicola
Nicola Novelli
23 giugno 2014 00:40
Lettera aperta ai giornali on line toscani

Martedì 17 giugno al Consiglio regionale della Toscana si è svolto un convegno dedicato all'informazione toscana on line. L'occasione la presentazione del censimento delle testate on line, commissionato dal Comitato regionale della Comunicazione. Un primo passo delle istituzioni regionali verso il nuovo medium in continua ascesa di ascolto e gradimento. Un'occasione importante per i giornali web locali per raccontare le rispettive esperienze e mettere in luce la rilevanza strategica del proprio ruolo per il futuro economico del territorio.

E' forse maturo un salto di qualità di un mondo, quello del giornalismo on line, che in Toscana ha sinora stentato ad alzare la propria bandiera e proporsi come interlocutore autorevole per la classe dirigente? Il momento è sicuramente favorevole. L'Ordine dei Giornalisti della Toscana, presieduto da Carlo Bartoli, è stato il primo in Italia a rendersi disponibile a un'apertura al giornalismo digitale, che oggi è rappresentato da un consigliere regionale e dal presidente Consiglio di Disciplina. L'Associazione Stampa Toscana, il sindacato dei giornalisti toscani, sin dall'inizio della presidenza di Paolo Ciampi, è stata promototrice di iniziative di studio e analisi del nuovo fenomeno on line, con una disponibilità al dialogo e al confronto senza precedenti nel paese.

Le condizioni sono dunque propizie perché i giornali on line toscani, i loro direttori, editori e le redazioni, prendano coscienza della funzione essenziale che possono svolgere per la società toscana e finalmente decidano di auto-rappresentarsi con orgoglio.

Approfondimenti

Se non lo hanno fatto sinora è stato forse a causa dell'imbarazzo per una dimensione d'impresa non ancora soddisfacente? E perché mai? I due maggiori brand del mondo, Apple e Google, sono l'espressione del mercato digitale immateriale e hanno costruito le loro fortune negli ultimi anni proprio grazie alla distribuzione di concetti immateriali, in tutte le lingue e in ogni mercato nazionale. Sarebbe dunque naturale che queste dinamiche economiche si manifestassero in purezza anche in Toscana, uno dei pochi territori al mondo che da sempre esprimono un patrimonio concettuale immateriale georeferenziato (basti pensare a concetti come Rinascimento e Umanesimo).

Infatti i grandi oligopolisti del mercato digitale stanno facendo utili proprio con il patrimonio concettuale immateriale di cui siamo custodi e depositari da secoli. In questo scenario globale le gazzette digitali nate in Toscana negli ultimi 20 anni sono le avanguardie di un nuovo spazio antropico in cui le comunità rimodelleranno le relazioni materiali consolidate nel tempo. Ed è fondamentale che la nostra comunità maturi la consapevolezza che, ogni volta che le istituzioni pubbliche preferiscono come interlocutore un oligopolista californiano a un operatore locale corrono il rischio di cedere un pezzo di sovranità culturale all'estero.

Se allora i giornali on line svolgeranno una funzione strategica per il futuro dell'economia locale, perché il loro mercato non decolla? Proviamo a isolare alcuni fattori specifici e condizionanti del contesto italiano. Il primo è il gap digitale nazionale. Se il 40% della popolazione italiana non è ancora on line non è solo per ragioni infrastrutturali. Possiamo azzardare che una parte di quel 40% sia costituita, almeno sino ad oggi, anche da una parte della classe dirigente del paese, economica e politica, cioè gli spender che decidono gli acquisti sul mercato pubblicitario nazionale? Con l'aggravante, rispetto ad altri ambiti del mercato digitale (musica, giochi, ecc.) che il giornalismo digitale non può più essere la tribuna politica che ha rappresentato il giornalismo tradizionale negli ultimi 100 anni.

Dunque sinora il web ha offerto poco appeal alla classe dirigente? Chi non conosce la rete, non si riconosce (non si specchia) in essa e dunque non investe su di essa. Ci sono interessanti segnali che fanno sperare che questa frattura culturale si stia colmando, anche grazie al recente cambio generazionale della classe politica.

Comunque è sopratutto l'arretratezza infrastrutturale a tenerci lontani dai paesi evoluti: ancora oggi l'area non urbana del comune di San Casciano (a 20 chilometri da Firenze) non è dotata di ADSL e pure il centro storico di Firenze ha centrali Telecom piuttosto arretrate, tanto che la qualità del segnale ADSL sulla rete di rame si può misurare su Google Maps in termini di distanza metrica delle utenze dalla centrale telefonica più vicina. Nei giorni scorsi la rete Wind fisso-mobile nazionale è caduta.

Il 26 maggio, la sete di notizie sugli scrutini elettorali ha messo in crisi molti siti internet. E' stata colpa dei server troppo deboli? C'è chi attribuisce il collasso al depeering deciso unilateralmente da Telecom un anno fa. Qualcuno risponderà “Sono eventi eccezionali”. Ma se accettiamo che la rete possa cessare di funzionare proprio in circostanze eccezionali, come grandi eventi, consultazioni elettorali, o calamità naturali, siamo sicuri di credere davvero nel valore strategico della rete per il futuro economico del nostro territorio?

Un anno fa la testata che dirigo ha fronteggiato un contenzioso contrattuale con Google sull'uso del servizio pubblicitario Adsense. La multinazionale ha interrotto improvvisamente l'erogazione dell'applicazione on line mettendo in crisi il magro bilancio del nostro giornale, contestandoci una inadempienza contrattuale. Noi abbiamo controbattuto a Google che era la loro condotta unilaterale a violare le norme del Codice Civile che regolano i rapporti commerciali. I nostri argomenti non dovevano essere del tutto infondati se, il giorno dopo, l'amministrazione di Google ha sottoposto a tutti i fruitori italiani di Adsense una modifica contrattuale che abbandonava il riferimento alle leggi nazionali, rinviando i futuri contenziosi legali alle corti britanniche.

Abbiamo risolto il contenzioso in pochi giorni, siamo stati reintegrati nel servizio pubblicitario e non avevamo alcuna intenzione di fare causa a un colosso multinazionale globale. Ma avremmo voluto rivolgere un quesito a un ente garante nazionale, o continentale. Ma qual'è il soggetto regolatore di un mercato immateriale a geometria variabile? Noi non siamo riusciti a capirlo. Perché il mondo digitale è cresciuto così velocemente in una dimensione economica difficile persino da comprendere, che le legislazioni nazionali sono perlopiù inadeguate a regolare il fenomeno.

La proposta fiscale del governo Letta era certo mal posta, ma la questione è di rilevanza assoluta e deve trovare una soluzione a livello UE. La Toscana può svolgere una funzione propositiva su questi temi?

Dunque i problemi del giornalismo digitale locale sono tutti colpa degli altri? I giornalisti digitali non hanno alcuna responsabilità?

Naturalmente no. La facilità di accesso al mercato è un peccato originale che ha limitato sinora il passaggio dalla fase pionieristica allo sviluppo di un fenomeno economicamente significativo. La natura caratteristica di micro-imprese riduce persino le capacità di accesso alle opportunità finanziarie offerte dagli enti pubblici. Corretta la nuova strada avviata un anno fa dalla Regione Toscana con il primo bando regionale di promozione dell'evoluzione imprenditoriale delle testate on line.

Anche perché l'ente ha deciso di smettere la strategia precedente in cui l'Amministrazione toscana si proponeva come operatore in proprio sul mercato dell'informazione, quando il paese dovrebbe aprirsi alla sussidiarietà delle funzioni sociali, informazione compresa. Perché una sola voce, per quanto autorevole, non può determinare da sola l'immagine e la reputazione digitali di un territorio come il nostro. L'immagine digitale di ogni soggetto, individuo, o collettività che sia, è il frutto di un mosaico di voci, definito sulla base dei parametri dell'algoritmo sovrano on line.

Smettere il tradizionale campanilismo dei toscani. E' giunto il momento di non avere paura di investire nel giornalismo digitale, o di unire le forze e fondere progetti diversi, per aggregare energie e pubblico in un'adeguata massa critica. E' il caso del network Qui.News fondato da Toscana Media Channel nel 2013, che un anno dopo marcia già verso l'obiettivo di 4 milioni di pagine viste al mese.

Aprirsi al mercato globale, un mondo multilingue in cui la Toscana deve saper auto-rappresentarsi a tutti i potenziali acquirenti. Da 200 anni la nostra immagine culturale è diffusa da ambasciatori del nostro patrimonio, intellettuali stranieri che hanno eletto la tradizione fiorentina a fondamento della civiltà occidentale. Non è scontato che questo stato di cose continui in eterno. Per arginare questo rischio epocale potremmo mettere in campo le comunità straniere in Toscana quale risorsa linguistica globale. Basta ai giornalini del ghetto degli immigrati. Apriamo le nostre redazioni ai giornalisti di altre lingue in grado di raccontare al mondo l'attualità toscana. Potrebbero i futuri bandi regionali incentivare questa frontiera dell'innovazione?

E' arrivato il momento che ogni operatore digitale toscano, in redazione, o davanti al proprio computer dia una risposta al quesito epocale: “Credo davvero nel giornalismo digitale come una risorsa strategica per il futuro economico del territorio? E, se sì, posso fare qualcosa per favorire questo sviluppo?”

Notizie correlate
In evidenza