La lingua italiana: storia, testi, strumenti

Il libro di Claudio Marazzini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 giugno 2015 19:33
La lingua italiana: storia, testi, strumenti

Il libro di Claudio Marazzini “La lingua italiana – Storia, testi, strumenti” edito dalla Società editrice il Mulino di Bologna, rivisto ed aggiornato, ed acquistabile al prezzo di 31 eruo, offre un corso completo ed integrato per lo studio della storia e della lingua italiana.

La prima parte contiene informazioni importanti per chi si accosta alla materia, mentre la seconda parte, ricostruisce le diverse fasi della storia culturale, sociale e politica della nostra lingua.Per quanto attiene al problema linguistico le lingue di maggiore prestigio influenzano le altre, esercitando un’azione che si manifesta nei “prestiti”. Il rapporto con una lingua diversa produce anche i “calchi”, che possono essere di due tipi: il primo è il “calco traduzione”, quando si traduce alla lettera una parola straniera); il secondo è il calco semantico, quando una parola italiana assume un nuovo significato traendolo da una parola straniera, come accaduto per “autorizzare, che un tempo significava “rendere autorevole”.Tutta la terminologia dell’informatica è fittamente intessuta di parole inglesi, prestiti o calchi, perché tutta la tecnologia dell’informatica è stata sviluppata lontano dall’Italia: è quindi naturale che il relativo linguaggio settoriale sia di importazione.Tra le lingue con cui l’italiano è stato maggiormente in relazione, al primo posto stanno quelle europee, prima il provenzale e il francese, poi lo spagnolo e l’inglese..Tra le lingue moderne, il francese fin dalle origini ha avuto maggiori rapporti con l’italiano e gli ha dato il più alto numero di parole, con influenza maggiore fra ‘700 e ‘800.

Il periodo di forte penetrazione degli anglismi comincia nell’800 e raggiunge il culmine nella nostra epoca. Il tedesco invece è stato molto meno importante. Fondamentale invece nel Medioevo il rapporto con l’arabo. Voci arabe ricorrono nel lessico della marineria, del commercio, nella medicina, nella matematica (zero, tariffa, sciroppo), e sono arabi molti nomi di stelle.

E’ sbagliato mettere in secondo piano la lingua comune e d’uso, legata alla comunicazione quotidiana. Il linguaggio letterario invece ha influito spesso in maniera determinante sulla lingua italiana comune. Sono stati gli scrittori a fornire gli elementi sui quali grammatici e teorici hanno poi stabilito la “norma”.

Il notaio è senz’altro fra i protagonisti della fase iniziale della nostra storia linguistica: molti dei primi documenti del volgare sono stati scritti da notai, e proprio a costoro si deve la scelta di introdurre il volgare al posto del latino.Inoltre, i notai sono stati tra i primi cultori dell’antica poesia italiana.Il mercante medievale era certo meno istruito ma non gli mancava la conoscenza delle lingue straniere. Non sapeva il latino, ma leggeva, per proprio divertimento. Il suo rapporto con la scrittura era invece più sostanziale, aveva a che fare con la sua professione.

Lo strumento della lingua scientifica fu per lungo tempo solo il latino. La base delle conoscenze sulla natura, del resto, era costituita dagli autori classici come Aristotele e Plinio. Ci volle tempo perché il volgare potesse competere col latino strappandogli il monopolio della cultura.Dante ebbe la lungimiranza di antivedere una simile trasformazione, e scrisse in volgare il Convivio, opera di filosofia e poesia. Ma fu Galileo Galilei il protagonista della svolta che promosse al più alto livello scientifico l’uso del volgare toscano.Il linguaggio scientifico moderno ha accentuato i caratteri specifici che lo distinguono dalla lingua comune, oltre che da quella letteraria, ed è quindi fortemente codificato, rivolto a specialisti.

Esso risulta “economico” proprio grazie alla concentrazione di parole specialistiche. Oggi, molto spesso chi scrive saggi scientifici, usa l’inglese, una lingua internazionale come lo è stato per anni il latino. Se questa tendenza dovesse estendersi, andremmo purtroppo incontro a una progressiva perdita del linguaggio scientifico italiano.

Accanto alle grammatiche, l’altro grande presidio della norma linguistica è rappresentato dai dizionari. La concezione moderna di un vocabolario aperto alle innovazioni è molto diversa da quella che fu propria della più antica produzione lessicografica italiana, la quale, invece, ebbe l’obiettivo la definizione di un corpus chiuso di parole.

Per uno stato, la scelta di una lingua ufficiale può significare una scelta di campo di grande portata storica. In Piemonte, durante il periodo napoleonico, fu introdotto il francese al posto dell’italiano: la francesizzazione si interruppe solo per la caduta dell’Impero.

L’italiano popolare è l’italiano di chi non riesce a staccarsi dal dialetto e per conseguenza contamina i codici. I linguisti parlano di “varietà diastratiche” per indicare differenze che si riscontrano nell’uso dei diversi strati sociali.A partire dal ‘500, l’italiano letterario divenne lingua della comunicazione scritta ai diversi livelli della società. Da allora in poi, quanto più modesto è il livello culturale dello scrivente, tanto più emergono vistosi gli elementi legati al dialetto.Le varietà diatoniche della lingua sono definibili anche come varietà geografiche.L’italiano parlato nel nostro paese non è uniforme, ma varia da regione a regione.

etc.E’ interessante notare che molte tendenze innovative proprie dell’italiano di oggi si manifestano prima di tutto ad un livello diafasico medio-basso: è il caso del pronome “gli” al posto di “a lei”, dell’uso del “ci” davanti ad “avere” (c’hai), del che polivalente (“questo è il locale che si balla tutta la notte”), della dislocazione a sinistra (Carlo l’ho visto), dell’uso dell’imperfetto nell’ipotetica dell’irrealtà o dell’indicativo al posto del congiuntivo nelle dipendenti (se sapevo, venivo prima; credo che Mario non viene).

In sostanza il libro di Marazzini è interessante in quanto offre importanti piste di lettura e spunti di riflessione sulla nostra lingua che è in costante mutamento come dimostrano la presenza massiccia di nuovi neologismi.

Biagio Gugliotta

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