Intramoenia: è davvero questo il problema della sanità toscana?

L'unico modo per reperire nuovi fondi per l'Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi? Gelli (Pd): “Da Rossi solo demagogia. Pensi a far rispettare una buona legge”. Donzelli (Fratelli d'Italia): "Presidio sociosanitario e libera professione intramuraria mai realizzati nell'immobile Asl: dove sono finiti gli 8,4 milioni finanziati dallo Stato?"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 marzo 2016 19:34
Intramoenia: è davvero questo il problema della sanità toscana?

FIRENZE- Davvero abolire la libera professione è una necessità del Sistema sanitario pubblico? Oppure è solo un argomento demagogico alle orecchie dei cittadini stanchi delle liste d'attesa? La vicenda giudiziaria in corso sul presunto condizionamento delle attività chirurgiche ha certo creato imbarazzo negli uffici regionali. Eppure grazie all’attivazione di una terza sala, a giugno 2014 e al costante impegno di tutto il personale, a fronte di un continuo aumento della domanda, l’attesa cardiochirurgica era più che dimezzata e in progressiva riduzione. Non solo, ma sinora il presidente della Regione Toscana aveva sempre espresso la massima fiducia nei confronti del cardiochirurgo Pierluigi Stefano e progettava di incrementare l'offerta chirurgica di Careggi nei prossimi mesi.

Eppure il tema è stato lanciato proprio nei giorni scorsi da Enrico Rossi:  "In Toscana abbiamo dato alla parola intramoenia il significato che le è proprio, riportare dentro le mura pubbliche delle aziende sanitarie la libera professione e regolarla con atti forti che, ricordo, sono stati impugnati dai sindacati sanitari che hanno regolarmente perso i ricorsi davanti al giudice. Proprio per l'esperienza che abbiamo avuto ribadisco la mia convinzione sulla necessità di superare questo regime". "Ci sono medici che con l'attività libero professionale ormai quintuplicano i loro stipendi perché operano in settori dove è possibile esercitare l'intramoenia.

Ci sono altri medici, altrettanto bravi, che non vanno oltre il regolare stipendio, sia per scelta, perché preferiscono dedicarsi interamente al malato, sia perché nelle loro specialità è impraticabile l'attività libero professionale" ha proseguito Rossi. "Questo produce sperequazioni e tensioni all'interno del mondo sanitario. Per le visite specialistiche si è registrata una diffusione così forte della libera professione che viene percepita dai cittadini come una sostanziale privatizzazione della sanità.

Infine, con la libera professione, per quante regole si possano mettere, niente potrà far uscire il servizio pubblico dall'imbarazzo di rivolgersi al cittadino con la risposta ormai classica che a pagamento la prestazione si ottiene in pochi giorni mentre nel regime pubblico ordinario occorrono a volte settimane e mesi. Questo è un colpo ferale non solo alla credibilità del servizio sanitario pubblico ma anche alla stessa dignità e autorevolezza del mondo medico e degli operatori sanitari." Per Enrico Rossi "ad aggravare il quadro, si aggiungano le normative previste per gli extramoenisti, a cui è consentito servire due padroni in concorrenza tra loro.

In tempi di esaltazione di tutto ciò che è privato, è persino troppo ovvio ricordare che nessun privato consentirebbe ai propri dipendenti di aprire bottega in proprio all'interno delle sue mura e ancor meno di essere per metà tempo alle dipendenze della concorrenza. Quanto alle liste d'attesa, è evidente che l'attività libero professionale intramoenia o extramoenia finirà per non giovare all'attività ordinaria a cui hanno accesso i cittadini che non possono permettersi di pagare. In tempi nei quali aumentano la povertà assoluta e relativa, l'intramoenia consolida e accentua le disuguaglianze, spingendo in alcuni casi persino a rinviare le cure.

L'obiezione di coloro che temono che alcuni professionisti potrebbero allontanarsi a causa dell'impossibilità di svolgere la libera professione è facilmente superabile: basta prevederecontratti speciali e esclusivi che premino, in base a valutazioni oggettive, i capaci e quelli che lavorano di più, i professionisti migliori".

L'abolizione dell'intramoenia potrebbe aiutare il personale del sistema di emergenza urgenza a superare la precarietà dei rapporti contrattuali, che attualmente prevede tre diverse forme di contratto: i dipendenti, gli incarichi a tempo determinato e i rapporti di convenzione?

Oppure il risparmio conseguito servirà per l'acquisizione di Villa Ragionieri di proprietà della Unipol, già avviata dalla Asl 10 e ora proseguito dalla Regione? Nel futuro Polo integrato per la salute della donna dell'Area vasta centro a Sesto Fiorentino confluiranno le professionalità di Careggi e della Asl di Firenze e di Prato, successivamente di Pistoia ed Empoli. Una nuova struttura che nell'Area vasta si aggiunge al patrimonio pubblico e riduce ulteriormente la presenza di sanità privata.

Nel raggio di 50 chilometri la Regione finanzia ben 10 strutture osperaliere pubbliche: Careggi e il Meyer, S.M. Annunziata a Ponte a Niccheri, l'Ospedale S.Stefano a Prato, l'Ospedale S. Giuseppe a Empoli, l'Ospedale S. Jacopo a Pistoia, l'Ospedale di Borgo San Lorenzo, l'Ospedale Serristori a Figline Valdarno, il Nuovo S. Giovanni di Dio a Torregalli e l'Ospedale S. Maria Nuova a Firenze. Un regime di monopolio ormai incontrastato, in cui rimane operante quasi solo Villa Donatello a Firenze.

"Un presidio sociosanitario e una struttura per la libera professione intramuraria nello stesso immobile, tra viale Giovine Italia e via dei Malcontenti: dal costo di 12,4 milioni di denaro pubblico, nessuno dei due è oggi in vita, nonostante la Regione abbia ricevuto complessivamente dallo Stato un finanziamento da 8,4 milioni di euro". E' quanto ha denunciato il capogruppo di Fratelli d'Italia in Regione Giovanni Donzelli in un sopralluogo che si è svolto oggi nell'immobile di viale Giovine Italia, dove sarebbero dovuti nascere i due presidi sanitari.

"Nell'edificio di Montedomini è in progetto da alcuni anni di realizzare, con ingresso da via dei Malcontenti, il presidio sociosanitario - sottolinea Donzelli - per un costo complessivo previsto di 7,6 milioni, finanziati per metà con soldi dello Stato e per metà grazie ad un mutuo. Eppure i lavori, che si sarebbero dovuti concludere nel 2014, sono ancora a zero. Lo scorso anno l'area era stata transennata per consentire le opere, poi il consorzio di cooperative che aveva vinto l'appalto è fallito.

Nel cortile interno, però, è rimasto un cantiere che oltre ad essere pericoloso per chi lavora nella sede della Società della salute che ha sede nello stesso edificio, impedisce le uscite di sicurezza e antincendio a norma di legge. In tutto questo due settimane fa la Regione ha annunciato che sposterà gli uffici dell'assessorato alla sanità nel presidio di Santa Rosa, che quindi sarà chiuso e che avrebbe dovuto essere sostituito proprio dal nuovo di Montedomini". "E' completamente abbandonata, in completa decadenza e invasa dalla sporcizia, la parte dell'immobile acquistato dalla Regione per destinarla alla libera professione intramuraria - aggiunge Donzelli - servizio per cui lo Stato ha erogato uno specifico finanziamento da 4,6 milioni di euro (degli 8 complessivi ottenuti per tre immobili: oltre a viale Giovine Italia anche via Garbasso e via Salvanti a Calenzano, entrambi inutilizzati ad oggi come strutture 'intra moenia').

Ancora su questo fronte nulla si muove, nonostante i riflettori sulla vicenda siano stati posti, oltre che dalla commissione regionale d'inchiesta degli immobili Asl che ha chiuso i suoi lavori poco più di un anno fa, dalla Magistratura e dalla Corte dei Conti. Siamo davanti ad uno spreco pazzesco di denaro pubblico, quello che salta all'occhio con maggiore evidenza - conclude Donzelli - è che i responsabili delle scelte che hanno portato a questa situazione hanno fatto tutti carriera e ricoprono oggi alte cariche politiche o all'interno della Asl: Enrico Rossi che da assessore alla sanità è diventato governatore, Luigi Marroni che da direttore della Asl di Firenze ad assessore ed ora addirittura Ad della centrale di acquisti della pubblica amministrazione (Consip), l’ex funzionaria dell’assessorato alla sanità Carla Donati che è diventata direttrice dell’organizzazione della giunta regionale e il dirigente della Asl Pierluigi Tosi che è oggi direttore delle Scotte di Siena.

Continueremo ad indagare e a far luce su questa vicenda, perché i cittadini sappiano dove sono finiti i loro soldi e far sì che queste risorse vengano finalmente utilizzate nell'interesse pubblico".

“Non capisco come mai Enrico Rossi, dopo 16 anni ai vertici di una Regione importante come la Toscana, prima come assessore alla Sanità e poi come presidente, e dopo aver guidato anche la commissione Salute delle Regioni, proponga solo ora di abolire l’intramoenia. Evidentemente, su un tema così complesso, si è svegliato in grave ritardo dopo un sonno lungo quasi due decenni. Non saprei come altro commentare le sue parole se non usando il termine demagogia”. Questo il commento del deputato e responsabile Sanità Pd, Federico Gelli, alla proposta lanciata dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, su una proposta di legge d’iniziativa popolare per abolire l’intramoenia.

“Con l’abolizione dell’intramoenia i bravi professionisti potrebbero uscire fuori dal sistema sanitario pubblico in favore di quello privato. In questo modo, col tempo, si rischia di creare un sistema duale con strutture private di eccellenza e strutture pubbliche di serie B. Inoltre - aggiunge Gelli - anche dal punto di vista economico le strutture pubbliche non potrebbero più contare su una voce di ricavi pari a 1,15 miliardi proprio in un momento in cui vengono interessate da quei Piani di rientro dal deficit previsti dalla legge di stabilità 2016.

Siamo sicuri di non fare un regalo al privato in questo modo?”. “Prima di parlare di abolizione dell’intramoenia, ci si preoccupi di far rispettare quanto già previsto da una buona legge, fatta da un Governo di centrosinistra e votata quasi all’unanimità da tutto Parlamento. L’intramoenia, ricordiamo, non deve essere una ‘scorciatoia’ obbligata per avere subito una prestazione che non si riesce ad ottenere in regime ordinario ma è esclusivamente una possibilità in più offerta al cittadino.

In questo modo viene tutelata la garanzia di libertà di scelta tanto del cittadino quanto del medico. Il tutto in una cornice di qualità garantita dal Servizio sanitario nazionale, e di trasparenza dovuta dalla tracciabilità economica delle prestazioni. A tutto questo aggiungo - prosegue Gelli - che legge si poneva anche l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa con norme precise che regolavano la quantità delle prestazioni che si possono effettuare in libera professione, assicurando che il ricorso ad essa fosse il frutto solo di una libera scelta del cittadino e non la conseguenza di carenze nell’organizzazione delle strutture sanitarie.

Infine, sempre per combattere le liste d’attesa, la legge prevedeva anche che ogni Regione dovesse fissare tempi medi massimi di attesa, costantemente monitorati, e l’obbligo, in ogni caso, di erogare le prestazioni urgenti al massimo entro 72 ore dalla richiesta. Il presidente Rossi è riuscito a mettere in atto tutto questo prima di arrivare a parlare di abolizione?”, ha concluso Gelli.

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