Il paradosso del cinghiale

Anticipato ad oggi l'inizio della caccia in braccata

Nicola
Nicola Novelli
18 agosto 2017 05:47
Il paradosso del cinghiale

E' un vero paradosso il destino del cinghiale in Toscana. La sua carne è ormai offerta nei menù dei ristoranti di tutti i maggiori centri turistici, eppure le associazioni degli agricoltori lamentano i danni alle coltivazioni provocate dall'inarrestabile incremento della popolazione di questo mammifero selvatico.

Da sempre apprezzato come cibo, ma allo stesso tempo considerato un animale fiero dai contadini, il cinghiale è una presenza costante nell'immaginario toscano. Tanto che nel film Hannibal di Ridley Scott, il pur temibile protagonista corre il rischio di essere sbranato proprio da un branco di cinghiali affamati. Sarà anche per questa ribalta hollywoodiana che la carne di cinghiale viene proposta ai turisti molto più che quella di cervo, capriolo, fagiano?

A quanto pare nei ristoranti di tutta la Toscana, ormai anche nei centri storici e non più solo nelle trattorie di campagna, il cinghiale piace praticamente a tutti, grazie alla sua carne magra, saporita e sopratutto ideale sia a pranzo che a cena, perché può venire cotta molto prima di essere servita a tavola senza perdere in gusto e consistenza. E dunque ecco il suo sugo in abbinamento alla pasta fresca quale simbolo della più autentica tradizione gastronomica. Ma da dove arriva tutta questa carne di cinghiale per soddisfare una tale richiesta? Di sicuro non dai soli cacciatori regionali. Vediamo perché.

La sottospecie autoctona di cinghiale, il Sus scrofa majori della Maremma, era quasi estinta nei primi anni del '900. Ma negli ultimi decenni del secolo, la popolazione di cinghiale venne contaminata con l'introduzione a scopo venatorio di esemplari provenienti dall'Ungheria (in virtù delle loro maggiori dimensioni), poi meticciati con le popolazioni autoctone. Sta di fatto che lo scorso anno gli abbattimenti in Toscana non hanno superato quota 100.000. E' immaginabile che buona parte della carne offerta dalla grande distribuzione non sia locale, ma arrivi probabilmente dai Balcani.

Dunque a causa della crisi della passione venatoria, che in Toscana vede un inarrestabile aumento dell'età media dei cacciatori, e del tasso di riproduzione del cinghiale che varia dal 120% al 300% all'anno, il prelievo negli ultimi anni e l'abbandono dei territori montani da parte dell'uomo non sono più sufficienti a frenare la proliferazione di una specie considerata tra le 100 più invasive e dannose a livello planetario. Le stime ci parlano di una popolazione di oltre 200.000 cinghiali e di almeno altri 240.000 tra cervi, daini, caprioli e mufloni per un dato che è fra i più alti d'Europa, con un numero stimato di nascite annue di 250 mila cinghiali.

Qualora il loro habitat confini con aree rurali, i cinghiali non esitano a lasciare nottetempo la copertura boschiva e avventurarsi nelle piantagioni, dove oltre a fare incetta dei prodotti coltivati devastano anche il terreno con il loro scavo, provocando danni ingenti. Quest'anno in particolare, la prolungata siccità ha determinato la mancanza di cibo ed acqua nelle campagne e nei boschi, portando nelle aziende agricole e persino nei centri abitati ancora più cinghiali ed ungulati alla ricerca del cibo. Ecco che le associazioni degli agricoltori parlano da tempo di emergenza ungulati in Toscana. Il loro numero cresce in modo esponenziale e le barriere che dovrebbero tenerli lontani dai i frutti, o l'impiego di repellenti, rappresentano solo una modesta forma dissuasiva.

E' ormai cronaca anche fiorentina quella di cinghiali che lasciano i boschi per sortite notturne, o mattutine nelle periferie, o nelle discariche, dove non esitano a nutrirsi del materiale organico dell'immondizia, causando danni ai veicoli che transitano. La situazione è diventata incontrollabile con rischio anche per gli esseri umani. Si stima che gli incidenti sulle strade italiane correlati alla presenza di cinghiali e caprioli abbiano raggiunto una media annua di quasi 700. Come quello avvenuto in A11 nella notte fra il 2 e 3 gennaio 2017, all'altezza del casello di Prato ovest, che ha coinvolto un'auto condotta da una giovane donna per fortuna rimasta illesa, che ha investito un cinghiale.

Per questo la Regione Toscana ha appena modificato il Piano di controllo delle popolazioni di cinghiale anticipando gli interventi in braccata già tra il 18 agosto e il terzo sabato di settembre, nei giorni di lunedì e venerdì. Gli interventi saranno concentrati in aree dove vi sono vigneti, oliveti, seminativi. La modifica normativa è anche il frutto della clamorosa manifestazione dello scorso anno in Piazza Duomo a Firenze, dove gli agricoltori toscani condussero alcuni esemplari di cinghiali sotto le finestre della Giunta regionale.

Sarà sufficiente questo provvedimento per frenare il disequilibro crescente della popolazione di cinghiali? Difficile esserne certi. Si tratta di animali dalla dieta onnivora e molto varia. Allora prepariamoci al paradosso: che un giorno o l'altro i giornali locali ci raccontino di un branco di cinghiali sceso in città, sorpreso a trafugare cibo negli scaffali di un supermercato di periferia. Magari corredando l'articolo con la foto emblematica del primo cinghiale cannibale, cioè immortalato con in bocca un luccicante barattolo di Ragù di Cinghiale.

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