Grano di Toscana: tra prezzi crollati ed import, ce ne siamo accorti?

Enrico Rabazzi per Cia e Attilio Tocchi per Confagricoltura invitano tutti gli agricoltori a partecipare al presidio per la difesa di un prodotto di eccellenza

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 luglio 2016 15:09
Grano di Toscana: tra prezzi crollati ed import, ce ne siamo accorti?

 Giovedì 28 luglio dalle 10 alle 13, Cia e Confagricoltura unite sotto la sigla di Agrinsieme, hanno deciso di manifestare "tutta la rabbia e il sostegno verso i produttori di grano costretti a subire l’ennesimo crollo del prezzo del prodotto", attraverso un sit in organizzato a Grosseto davanti al palazzo del Governo. I presidenti Enrico Rabazzi per Cia e Attilio Tocchi per Confagricoltura invitano tutti gli agricoltori a partecipare al presidio per la difesa di un prodotto di eccellenza, ma anche del lavoro di tanti agricoltori che "rischiano di subire danni difficilmente ammortizzabili da un prezzo divenuto intollerabile e insostenibile". Ma il prezzo del pane è crollato? La pasta costa meno? Quali grani si usano in Toscana? I produttori toscani si dicono schiacciati tra il crollo dei prezzi e l'aumento dell'import.

Nelle scorse ore a Pisa si è tenuto un incontro del GIE Cerealicoltura della Cia Toscana, per fare il punto della situazione e per programmare le prossime iniziative: "Servono soluzioni urgenti, i produttori di grano continuano a essere oggetto di un’azione di speculazione che non ha precedenti, con il grano duro pagato 18 euro al quintale, largamente al di sotto dei costi produttivi, e perdite fino al 50% sulla scorsa campagna di commercializzazione. Le misure annunciate nei giorni scorsi dal ministro Martina, che pur andando nella giusta direzione, rischiano di essere insufficienti e tardive, considerato il livello di sofferenza raggiunto nelle campagne.

Senza un'inversione di marcia sui prezzi pagati agli agricoltori e senza un freno immediato alle importazioni spregiudicate dall'estero, il rischio che si corre è quello di una progressiva marginalizzazione della produzione di grano in un Paese che, paradossalmente, esporta il 50% della pasta che produce".

I presidenti di Cia e Confagricoltura tuonano: “Assistiamo all’ennesimo esempio di attentato alla agricoltura italiana di qualità, rappresentata dalla nostra cerealicoltura. In provincia di Grosseto questo è un problema che riguarda più di 1,5 milioni di quintali e che genera un volume d’affari di oltre 50 milioni di euro, indotto compreso. Apprezziamo – spiegano Rabazzi e Tocchi – l’impegno mostrato dal Governo nel recente tavolo ministeriale di filiera che ha messo a disposizione dieci milioni di euro per gli investimenti nella logistica, ma si tratta di una cifra assolutamente insufficiente, tenuto conto che servirebbe a finanziare appena un terzo della produzione maremmana.

Contributi che non possono essere dati alle aziende come integrazione perché sarebbero computati nel de minimis e quindi rischiano di non raggiungere chi vive davvero la crisi.” Rabazzi e Tocchi per far comprendere la portata del problema fanno alcuni esempi “Con una quotazione di 14 euro al quintale, ampiamente al di sotto dei costi produttivi, si raggiunge un valore corrispondente agli anni ’80. Questo significa che un chilo di pane ha un costo pari a quattordici chili di grano e con un chilo di farina si produce un chilo e duecento grammi di pane.

Non si tratta di crisi ma si può parlare di una vera e propria paralisi che riguarda molte aziende maremmane a cui rimangono solo le briciole del pane prodotto con la loro farina. Tale situazione come Cia e Confagricoltura non l’accettiamo e faremo di tutto per sostenere la redditività dei produttori già penalizzati da una annata tra le peggiori degli ultimi dieci anni e per avere risposte adeguate dal Governo e da un mercato cinico che, fregandosene del sacrificio di chi lavora la terra, è disposto ad acquistare all’estero prodotti di dubbia qualità per poi immetterli sul mercato a prezzi ridicoli”

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