Fusioni dei Comuni: la proposta di risoluzione Pd

Anci: "conciliare autonomia con nuove sfide". Fattori e Sarti (Si): “Necessario rispettare la volontà dei cittadini. E’ antidemocratico forzare i meccanismi per imporre operazioni decise altrove”. Mugnai (FI): «E le comunità? Serve l’espressione del territorio tramite voto». “Nessuna imposizione, ma apriamo un confronto vero: lo sviluppo locale ha bisogno di istituzioni forti”, spiega il consigliere regionale Bezzini. San Gimignano dice "no" alle imposizioni dall'alto

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 aprile 2016 22:34
Fusioni dei Comuni: la proposta di risoluzione Pd

La risoluzione approvata dal Consiglio regionale della Toscana, trattando delle fusioni volontarie, vuole conciliare l'autonomia e la storia di ciascun Comune con le nuove sfide che gli amministratori si trovano ad affrontare: è in questo stretto, non facile ma necessario percorso che si devono cercare le risposte, caso per caso.

Quello delle fusioni dei Comuni è uno dei principali temi su cui ANCI si sta confrontando e impegnando, sia a livello nazionale che locale. La posizione dell'associazione è chiara: massimo rispetto per le scelte dei territori e nessuna volontà di imporre alcunché: i sindaci e le comunità sono e devono essere al centro delle scelte. D'altra parte però, non si può neppure ignorare che fare le cose insieme, unire le forze, fondere le esperienze rappresentano oggi la strada maestra per ridurre i costi, razionalizzare le spese, offrire ai cittadini servizi sempre migliori ed efficienti. Questo vale soprattutto per i piccoli Comuni, che sono realtà fondamentali del nostro tessuto sociale ed economico, ma vale anche per tutte le comunita'. Anci concorda ed è decisa a fare la propria parte attiva: per questo i sindaci possono trovare in ANCI sempre la massima collaborazione e il massimo sostegno.

Apprendisti stregoni nell’architettura istituzionale: è suppergiù così che il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Stefano Mugnai ha definito stamani in aula di Consiglio regionale l’atteggiamento amministrativo del Pd riguardo alla proposta di risoluzione sulle fusioni dei Comuni: «Voi pensate di essere ingegneri istituzionali – ha affermato rivolto ai banchi della maggioranza – e invece siete solo alchimisti che decidono sulle teste delle comunità locali nelle comode stanze del Consiglio regionale.

Per pensare di modellare le comunità bisogna starci. Se non ci si sta, bisogna ascoltarne l’espressione con un metodo forse per voi passato di moda anche a livello nazionale: il voto». La posizione critica espressa con nettezza da Forza Italia non è sulle fusioni in sé, tutt’altro, ma sul metodo di una proposta di risoluzione che muove verso una legge definita da Mugnai «come un drone, pilotato da lontano e che arriva dall’alto». «Noi siamo da sempre favorevoli alle fusioni dei Comuni come strumento di semplificazione istituzionale.

Lo eravamo anche negli anni in cui voi eravate invece innamorati dalle Unioni dei Comuni che invece moltiplicava enti, poltrone, costi d’apparato, nel costume di rispondere a qualunque esigenza con la creazione di un nuovo organismo. Come per le Società della Salute, no? Ora ok – concede il capogruppo azzurro – vi siete convertiti sulla via di Damasco alla fusione. Bene. Solo che siete diventati più zelanti di chi lo era dalla prima ora e volete imprimere un’accelerazione inappropriata per i territori». «Le fusioni – ha proseguito Mugnai – hanno senso se sono frutto della volontà popolare.

Se essa manca, i vostri progetti mirabolanti rimangono a mezz’aria. Voi intendete far passare il concetto della comunità unica tra i comuni oggetto di fusione, ma non è come dite voi: la comunità unica nasce semmai un secondo dopo la fusione. Non prima. Prima abbiamo davanti comunità singole con volontà distinte che vanno tenute in considerazione una per una, senza le prevaricazioni previste in questa proposta di risoluzione. Qui ho sentito vivere con fastidio l’espressione che arriva dai territori e dai sindaci, ma non sono polemiche strumentali: è il tessuto profondo di comunità toscane che, dinanzi a questa proposta-drone, sono spaventate.

Non è accettabile. Dare spazi di convenienza per arrivare alle fusioni è giusto, ma va salvaguardata la volontà popolare espressa di tutte le comunità interessate; tutte, qualunque sia il numero dei comuni interessati».

“Le fusioni non possono essere obbligatorie ma volontarie e per essere davvero volontarie devono venir scelte dalla maggioranza dei cittadini di ciascuno dei comuni oggetto di fusione: non ha senso contare i voti complessivi, in questo modo i comuni grandi fagocitano quelli più piccoli. Non possono essere i cittadini di un Comune a decidere cosa succederà in un altro Comune. Altrimenti non parliamo di fusioni ma di vere e proprie annessioni dei comuni più piccoli da parte dei più grandi.

In questa maniera è palesemente violata la libertà di decisione di una comunità, la libertà di affermare la propria identità territoriale e la propria visione di gestione del territorio e organizzazione dei servizi. Se poi si vogliono forzare arbitrariamente i meccanismi democratici per operare fusioni di enti locali che sono state decise altrove, aiutando queste operazioni con allettanti incentivi economici, si abbia il coraggio di assumersi tutta la responsabilità del caso e si eviti la farsa del referendum“.

Questo il commento di Tommaso Fattori e Paolo Sarti di Si Toscana a Sinistra a seguito dell’approvazione della risoluzione proposta dal PD in Consiglio regionale. “Esiste davvero la pressante esigenza di ridurre in modo drastico il numero dei Comuni in Toscana? Sembra che l’unica bussola che oggi guida il PD sia il "gigantismo burocratico", a tutti i livelli: si vogliono costruire macro-Regioni, macro-comuni, macro aree vaste per l'organizzazione sanitaria, macro ATO di livello regionale per la gestione dei servizi, senza ricordare che gli ATO si chiamano "ambiti territoriali ottimali" perché dovrebbero essere definiti in modo da permettere di gestire in modo ottimale un servizio, farli dunque coincidere con i confini amministrativi è del tutto privo di senso.

A giustificazione del gigantismo e della centralizzazione si porta sempre il risparmio che ne conseguirebbe, ma facciamo attenzione perché l‘esperienza ci mostra che spesso la grande struttura significa burocratizzazione, sprechi e minore efficienza. E significa perdita di democrazia e allontanamento delle scelte dai territori e dalle comunità. Dopo di che è arduo tornare indietro". "Se ci guardiamo intorno, vediamo che nel resto dei grandi paesi europei il numero dei comuni è di gran lunga superiore al numero dei comuni italiani, anche nei paesi in cui sono state fatte in passato fusioni.

In Germania, paese con territorio poco più grande di quello italiano, maggiore uniformità territoriale e forte articolazione federale, esistono ben 12.000 comuni contro i nostri 8.000. In Francia esistono 36.500 Comuni. In Spagna ci sono 8 mila comuni proprio come in Italia. In pratica, in Italia c'è un comune ogni 7.500 abitanti, in Germania uno ogni 7.200, in Francia uno ogni 1.700 e in Spagna uno ogni 5.600. La media europea è di un comune ogni 4.100 abitanti, quasi la metà della media italiana.

Insomma, di cosa stiamo parlando? A quale modello europeo s’ispira il gigantismo burocratico del PD renziano? Oltretutto la Toscana, nel quadro nazionale, è un esempio di estrema parsimonia, con 279 Comuni contro i 1528 della Lombardia, i 581 del Veneto o i 1202 del Piemonte, con un comune ogni 13,200 abitanti, ossia 4 volte la media europea!”. “Non dimentichiamo che i Comuni sono le istituzioni democratiche di maggior prossimità, più vicine alle persone. Spesso nei piccoli comuni i Municipi sono un fondamentale punto di riferimento per gli abitanti.

Insomma, sono presidi di democrazia, fondamentali anche dal punto di vista economico e sociale. Sui comuni e sulle bellezze dei nostri territori dovremmo investire di più anziché smantellare forzosamente e alla cieca il sistema delle autonomie locali. Piuttosto dovremmo promuovere strutture snelle di coordinamento intercomunale per organizzare i servizi pubblici in maniera omogenea ed efficiente e per definire coerenti politiche di area". “L’utilità delle singole operazioni di fusione andrà valutata caso per caso, ma comunque dovrà essere una decisione volontaria della maggioranza dei cittadini di ogni singolo Comune, adeguatamente informati e ascoltati attraverso un percorso che preceda le consultazioni referendarie”.

"In questi giorni mi hanno scritto 14 sindaci della provincia di Siena, molti del PD, altri provenienti da liste civiche o dal centro destra, per chiedermi di votare no alla risoluzione del PD in consiglio regionale sul riassetto delle autonomie locali: io invece voterò convintamente sì, e cerco di spiegare perché": inizia così la risposta del Consigliere regionale Pd Simone Bezzini ad alcuni sindaci della provincia di Siena in merito al tema delle fusioni dei comuni. "Lo sviluppo locale ha bisogno di istituzioni forti - spiega Bezzini - dopo il superamento delle province, sul quale com’è noto ho sempre avuto un parere critico, tra pochi mesi saremo chiamati ad esprimerci sul referendum costituzionale che sposterà l’asse dalle Regioni verso lo Stato e da quello che rimane in carico delle Province, alle Regioni.

Piaccia o meno, è in atto un radicale processo di centralizzazione con il quale l’attuale classe dirigente deve fare i conti. È sempre più chiaro che servono istituzioni locali forti per avere una reale capacità di incidere nella programmazione dei propri territori, nelle politiche sanitarie, nei trasporti, nei servizi pubblici locali e in grado di interloquire con Firenze, Roma e Bruxelles. Credo che di fronte a questo quadro di radicale cambiamento chiudersi a riccio sia un errore e che anche i comuni non possano sfuggire a questa riflessione che non è contro nessuno, tantomeno contro i tanti sindaci dei piccoli comuni che svolgono un duro lavoro, spesso a titolo di volontariato”. “Non si può però pensare che tutto cambi per gli altri e non per noi.

– continua Bezzini - Certo, le fusioni non sono la panacea di tutti i mali, ma sono uno strumento nuovo che va conosciuto ed incentivato per far pesare di più il territorio sulle scelte che lo riguardano, con l'obiettivo di offrire servizi migliori ai cittadini. Le Unioni dei comuni possono essere un’altra opzione utile, purché ci si creda sul serio, rivedendone anche lagovernance, se necessario. Permettetemi una battuta: in una provincia dove Renzi ha preso più del 70% all’ultimo congresso del Pd mi sarei aspettato più apertura all’innovazione e meno conservazione". "Niente imposizioni dall’alto, ma apriamo un confronto serio e approfondito – invita il consigliere PD - è possibile che non ci possa essere un gruppo di lavoro tecnico-istituzionale che studi la possibilità di integrazione tra Siena ed i comuni limitrofi, magari valutando le diverse opzioni in campo: fusione, revisione dei confini o convenzioni? E’ possibile che studi analoghi non si facciano tra Colle e Poggibonsi? E’ possibile che non si possa rimettere su un binario costruttivo la discussione che si è sviluppata nel Chianti? O che si consideri l’opzione Unione dei comuni, non come escamotage, ma come reale integrazione delle strutture organizzative in grado di produrre risultati verificabili in termini di efficienza, efficacia ed economicità? E potrei proseguire con altri esempi riguardanti i nostri territori”. “La risoluzione del Pd può anche essere considerata non perfetta – conclude Bezzini - ma ha il merito di smuovere le acque e di avere aperto una discussione vera sul tema della riassetto degli enti locali.

Da rilevare, inoltre, che la risoluzione traccia un percorso per affrontare al meglio un quadro più complessivo di riordino e razionalizzazione dei livelli di governance dei servizi pubblici locali. Per questo ho deciso di votare a favore, e resto disponibile a proseguire la discussione nelle sedi istituzionali e politiche della mia provincia, coinvolgendo istituzioni, forze sociali e rappresentanza economica".

La città delle torri dice no all’ipotesi di fusione tra Comuni. E’ stato approvato a larga maggioranza in Consiglio comunale una mozione presentata dal Centrosinistra per San Gimignano contraria al riordino degli assetti istituzionali imposto dall’alto. «San Gimignano è e rimarrà in difesa degli enti locali così come li identifica la Costituzione, e cioè autonomie locali – sottolinea il sindaco Giacomo Bassi -. Così recita l’art. 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”.

Piuttosto che farci calare dall’alto operazioni di fusioni anacronistiche, lo Stato ci liberi dalla burocrazia imperante nelle amministrazioni comunali e porti avanti politiche serie e obbliganti sulle funzioni associate. Non può esistere nessun tatticismo economico o giustificazione storica che possa indurre a delle fusioni dei Comuni dettate dall’alto; deve esserci un percorso condiviso tracciato dal filo dell’identità territoriale e della rappresentanza. San Gimignano – conclude Bassi - è un Comune nato nel 1199 e finchè rimarrò sindaco non permetterò a nessuno di chiuderlo d’imperio». «Smantellare i piccoli Comuni e privare le realtà locali delle istituzioni di maggiore prossimità agli abitanti può costituire una grave ferita per la democrazia, può innescare processi di “desertificazione civica”, e contrasta con la necessità di rilancio economico e sociale delle aree rurali e interne» si legge nel documento approvato che poi esprime «dissenso sull’impostazione, di natura prettamente contabile-amministrativa e priva di ogni considerazione di altri valori, che caratterizza l’approccio che Governo centrale e regionale hanno assunto su questo specifico tema e sulle asserite, ma non dimostrate, rilevanti economie che scaturirebbero da processi di fusione». Nella mozione s’invita inoltre la Regione Toscana «ad abbandonare eventuali progetti di fusioni “imposte”, di fatto o per legge, a Comuni che le rifiutino, ed a valorizzare ogni elemento di natura sociale, territoriale ed economica che caratterizza ogni singolo Comune, nonché a sostenere la rete dei piccoli Comuni».

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