Movida: Firenze tra diritto e divieto

La nostra è ancora una città accogliente per i giovani?

Nicola
Nicola Novelli
29 giugno 2021 08:48
Movida: Firenze tra diritto e divieto

Una città nella morsa del post-lockdown governa il suo patrimonio artistico con divieti. Ma dopo i vincoli alla movida, si è registrata l’esplosione della rabbia giovanile.

Nei giorni scorsi il Sindaco ha emanato un'ordinanza tesa a bloccare le movide. in alcune piazze della città. Ma ora si lamentano gli esclusi. I residenti di San Niccolò domandano perché nell'elenco delle zone con restrizione non abbia inserito il rione che si estende dal ponte a San Niccolò al ponte alle Grazie.

Discorso simile a piazza San Jacopino, dove dopo l'allentamento delle restrizioni per la pandemia sono tornati a manifestarsi i vecchi problemi. E anche qui i residenti si lamentano di essere stati escludi dall'ordinanza del sindaco. Nei giorni scorsi sono state danneggiate auto, sbarbando gli specchietti, mentre sabato notte in via Cassia e via Spontini alcuni scooter sono scaraventati a terra. In tutti e due i casi i soggetti poi rintracciati e fermati dalla Polizia di Stato sono stati accertati essere ubriachi.

Approfondimenti

Da anni, intere aree della città sono martoriate dalla movida tanto da richiedere continui interventi delle Forze dell’Ordine, la rimozione quotidiana di tonnellate di rifiuti (che non sono solo i contenitori di vetro ma anche contenitori di plastica tipo cannucce, bicchieri, bottiglie eccetera), lavaggi delle urine sversate dai partecipanti.

Movida con risse ed eccessi nelle piazze del centro e nei luoghi di ritrovo sono cronache diffuse anche in altre città, a cui le amministrazioni pubbliche in genere rispondono con il “tradizionale” metodo dell’ordine pubblico e dei divieti. Anche a Firenze la risposta per ora è improntata a chiudere le piazze, definire orari e limitare la mobilità. Ma a forza di estendere i blocchi da una zona all'altra dell'abitato si rischia di far esplodere la reazione.

Da un anno e mezzo la limitazione dei rapporti tra coetanei e l’impossibilità di svolgere attività ricreative in luoghi pubblici, ha costretto le giovani generazioni segregate in casa, talvolta in difficoltà economiche e con la preoccupazione per il futuro dei familiari. Adesso presumiamo che siano usciti indenni da una bufera di sofferenza interiore e che non abbiano accumulato energie negative.

Non ci sono formule certe, ma è possibile immaginare una strategia di riduzione del danno, senza limitarsi a concepire il semplice divieto di esprimere le più elementari libertà? Forse non siamo così generosi da regalare la città ai ragazzi, ma almeno proviamo a non togliere loro fiducia nel futuro.

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