Firenze Capitale: il potere in Toscana, tra Torino e Roma

di Rosa Marchitelli

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 novembre 2015 12:53
Firenze Capitale: il potere in Toscana, tra Torino e Roma

Dopo la visita del Papa dello scorso martedì, Firenze si renderà nuovamente protagonista sulla scena nazionale con l'arrivo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Salone dei Cinquecento mercoledì 18 novembre. Fu esattamente nello stesso giorno del 1865 che alla presenza di Vittorio Emanuele II, la nuova Camera dei Deputati si insediò nel grandissimo e suggestivo Salone di Palazzo Vecchio. 

Un novembre ricco di eventi e celebrazioni. 150 anni fa però, i tumulti non mancarono e si contarono 30 morti e quasi 200 feriti per le strade di Torino. Bene dunque ripercorrere le tappe più salienti che portarono Firenze ad essere Capitale d'Italia dal 1865 al 1870. Con la Convenzione di Parigi del 15 settembre 1864 francesi e italiani tornano al tavolo delle trattative abbandonato nel 1860. Le notizie sulle precarie condizioni di salute di Pio IX accelerano il processo e si decreta il trasferimento della Capitale italiana da Torino a Firenze.

Nessun proclama ufficiale, ma un articolo, il quinto, che sancisce la delicata decisione coincidente con la promessa di Napoleone III di ritirare gradualmente le truppe da Roma. Nonostante la testimonianza storica circa i dubbi socio-politici sollevati durante la stesura della Convenzione, ancora si pensa che il grande passo fu reso possibile da un accordo non scritto, frutto di un compromesso massonico tra toscani e piemontesi. Firenze che contava circa 120mila abitanti si preparava ad ospitarne altri 30mila.Ciò che era certo per gli italiani era che Firenze sarebbe stata una Capitale temporanea.

In vista della guerra con l'Austria, una città più interna e protetta era sicuramente più adatta a far fronte al pericolo.In Italia, fu Gioacchino Pepoli, nipote di Murat e parente di Napoleone III, a condurre le trattative per il trasferimento della Capitale. In un rapporto scritto nel 1864 per l'allora Presidente del Consiglio Marco Minghetti, evidenziò quanto l'Unità d'Italia potesse essere messa in dubbio se la Capitale fosse rimasta a Torino vista dai nemici come città fonte di instabilità.

La questione della Capitale non era soltanto strategica, ma si espandeva alla scelta sulla forma dello Stato. Il capoluogo toscano rappresentava un modello moderno, una città-stato autonoma e indipendente.Se Roma era l'emblema dello Stato centralistico, Firenze era simbolo di libertà rappresentata da figure di spicco come Girolamo Savonarola, il frate domenicano che si ribellò più volte contro la corruzione e la troppa ingerenza politica della Chiesa.Nonostante le cronache narrino di un clima particolarmente festoso all'arrivo del Re alla Stazione fiorentina, l'allora prefetto, il Conte Giordano Cantelli raccontò di “molta indifferenza e una discreta preoccupazione.” Neanche Giosuè Carducci, poeta e autorevole intellettuale toscano, fu molto contento del radicale cambiamento: la città di Dante e culla dell'arte e degli artisti si stava trasformando in una “uggiosa Capitale di uno Stato accentrato.”Lo sconvolgimento non fu indifferente anche dal punto di vista architettonico, tant'è che quel periodo dette via al cosiddetto “Risanamento di Firenze”.

L'architetto Giuseppe Poggi fu investito dell'incarico di progettare il nuovo assetto della città. Più che di risanamento si trattava forse di una volontà di modernizzazione quasi esasperata: interi quartieri medievali furono sventrati e furono abbattute le mura trecentesche di Arnolfo di Cambio per fare spazio ai nuovi viali larghi 40 metri. Un'opera grandiosa rappresentata ancora oggi dalla terrazza del piazzale Michelangelo. Alcuni dei Palazzi della città furono riservati all'insediamento dell'Esecutivo.

Il Presidente del Consiglio La Marmora scelse come sede Palazzo Medici Riccardi insieme al ministro dell'Interno; il Salone dei Cinquecento fu riservato ai lavori della Camera dei Deputati e del Ministero degli Affari Esteri; il teatro mediceo degli Uffizi spettò invece al Senato della Repubblica.Ad oggi, 150 anni dopo, ci si chiede cosa resti degli anni di Firenze Capitale. C'è un aspetto che non si può assolutamente sottovalutare ed è quello della lingua: la proclamazione di Firenze Capitale ha fatto sì che il fiorentino, già considerato dialetto illustre e sinonimo di eleganza, diventasse la lingua ufficiale dell'Italia unita.

Parlare il dialetto fiorentino voleva dire parlare l'italiano, tutti i personaggi che hanno fatto sì che Firenze diventasse Capitale d'Italia hanno reso ai toscani in generale e ai fiorentini in particolare un regalo non indifferente. Non tutti sono a conoscenza della storia di Firenze Capitale ma, nonostante si trattasse di un periodo di transizione, il 2015 è un anno ricco di celebrazioni e la presenza del Presidente Sergio Mattarella di mercoledì al Salone dei Cinquecento è sinonimo di quanto Firenze sia stata ed è ancora città ricca di storia e tradizione.

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