Domenico Quirico, a Firenze racconta i giorni da ostaggio in Siria

Lunedì 14 aprile alle 18 all'auditorium Stensen di Firenze, l'incontro con l'inviato della Stampa, Domenico Quirico e il suo "Paese del Male"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 aprile 2014 14:18
Domenico Quirico, a Firenze racconta i giorni da ostaggio in Siria

«Per conoscerlo, il Male, venite con me nelle stanzette sudice, nella botola infame e nelle luride prigioni dove dei siriani tenevano sempre la luce accesa perché la voglia di dormire, irresistibile e agognata, venisse interrotta e pesasse tanto da far dimenticare tutto e ogni cosa. Conoscerete gli uomini che mi hanno umiliato, in quanto occidentale e in quanto cristiano, per cinque mesi, imponendomi una solitudine insoffribile» Domenico Quirico

Sarà l'evento speciale promosso da Oxfam Italia, in chiusura del Middle East Now di quest'anno. Lunedì 14 aprile alle 18 all'auditorium Stensen ( in viale Don Minzoni 25/c) è infatti in programma un altro appuntamento da non perdere con la presentazione del libro, dell'inviato della Stampa Domenico Quirico, il "Paese del Male"edito da Neri Pozza, che per la prima volta viene presentato in città.

L'incredibile racconto dei suoi 152 giorni da ostaggio in Siria, scritto assieme al compagno di prigionia Pierre Piccinin da Prata. L'appuntamento sarà inoltre l'occasione per scoprire il lavoro di Oxfam Italia sulla crisi in Siria assieme al responsabile emergenze umanitarie dell'ong, Riccardo Sansone. A moderare l'incontro sarà invece il giornalista fiorentino, Jacopo Storni.

IL LIBRO

Nella storia della letteratura, numerose sono le pagine capaci di condurre il lettore davanti all'«ineffabile vergogna», al mistero di «incomprensibile e cieco dolore» del male. Nulla però eguaglia per potenza narrativa le pagine di coloro che hanno realmente vissuto l'offesa del male; gli eventi, le azioni, i piccoli gesti in cui si manifesta; l'umiliazione, per dirla con Primo Levi, di poter morire «per un pezzo di pane» oppure «per un sì o per un no». Il 6 aprile 2013 Domenico Quirico e Pierre Piccinin da Prata imboccano un sentiero pietroso che serpeggia tra le montagne e i ciliegi in fiore piantati sui contrafforti dell'Anti-Libano e penetrano in Siria.

Sono in compagnia di coloro di cui vogliono narrare le gesta: i miliziani dell'Armata siriana libera, gli oppositori di Bashar Assad, i ribelli, i rivoluzionari. Al loro passaggio i petali bianchi si staccano dagli alberi e fluttuano nell'aria fresca della primavera. Qualche giorno dopo, nei pressi della città di al-Qusser, in una notte buia in cui nulla sembra vivere, l'Armata siriana libera li consegna a un gruppo di incappucciati che, sparando raffiche di mitra, li trascinano sul loro pick up.

Seguono cinque mesi di strazio e di ira, di furia e rancore, di miserevole ingiustizia, resa ancora più tale perché inflitta da coloro che si credevano amici. Mesi trascorsi in stanzette sudice, in botole infami e luride prigioni, dove la luce è sempre accesa perché la voglia di dormire pesi tanto da far dimenticare ogni cosa; e dove il carceriere ordina di ripetere complicate parole arabe, mulinando il bastone, oppure si diverte a fingere di sparare alla tempia del prigioniero prima di andare a dirigere la preghiera, in prima fila, al suo Dio.

Mesi in cui si diventa non il Nemico da rispettare, ma il Cristiano da disprezzare, l'Occidentale da schernire con un riso stridente e lacerante; mesi in cui non resta che la nausea di appartenere al genere umano. Le pagine che seguono sono la cronaca sconvolgente di questa prigionia. Sono pagine che colpiscono al cuore e, ad un tempo, insegnano qualcosa di fondamentale: che non possiamo volgere lo sguardo altrove se, non lontano da noi, l'orrore della guerra è penetrato a tal punto nell'animo degli uomini da trasformare un paese intero in una terra desolata in cui il male «dispiega tutti i suoi stati; l'avidità, l'odio, il fanatismo, l'assenza di ogni misericordia», e in cui «persino i bambini e i vecchi gioiscono ad essere cattivi».

DOMENICO QUIRICO

Domenico Quirico è giornalista de La Stampa, responsabile degli esteri, corrispondente da Parigi e ora inviato. Ha seguito in particolare tutte le vicende africane degli ultimi vent'anni dalla Somalia al Congo, dal Ruanda alla primavera araba. Ha vinto i premi giornalistici Cutuli e Premiolino. Ha scritto quattro saggi storici per Mondadori (Adua, Squadrone bianco, Generalie Naja) e Primavera araba per Bollati Boringheri. Presso Neri Pozza è uscito da poco Gli Ultimi. La magnifica storia dei vinti.

GLI INTERVENTI DI OXFAM PER L'EMERGENZA SIRIANA

Ad oltre tre anni dall'inizio del conflitto siriano Oxfam (che per l'occasione ha aderito alla campagna globale #WithSyria), ha già portato assistenza umanitaria ad oltre 900 mila persone nei campi profughi di Libano e Giordania e all'interno della stessa Siria.In Libano, quasi il 65% dei rifugiati vive al Nord e nella valle della Bekaa in rifugi provvisori, tende o baracche di plastica e lamiera senza riscaldamento, acqua e luce elettrica. La scarsa igiene inoltreaggrava le condizioni di salute.

Oxfam sta distribuendo aiuti in denaro e voucher che permettono ai rifugiati di acquistare beni essenziali, carburante, coperte e vestiti, così che ne tragga vantaggio anche l'economia dei paesi ospitanti: in questo modo 65.000 rifugiati potranno affrontare la propria vita quotidiana con maggiore serenità. Nei campi profughi palestinesi del Libano, che ora ospitano anche migliaia di siriani, Oxfam offre inoltre sostegno psicologico a donne e bambini, che più di tutti soffrono il trauma della lontananza da casa e dell'esclusione.

In Giordania Oxfam lavora nel campo profughi di Zaatari, garantendo acqua e servizi igienici. L'aiuto arriva inoltre ai profughi che abitano negli insediamenti informali nel distretto di Balqa, nella valle del Giordano lungo il confine con la Siria, qui le famiglie sono costrette a vivere in tende o baracche, o a condividere locali per cui pagano affitti esorbitanti. In Siria infinel'associazione sta riparando le reti idriche e sta fornendo cisterne mobili e strumenti per la potabilizzazione dell'acqua.

A Damasco ad esempio lo scorso novembre, grazie a due generatori si sono potuti riattivare due impianti di trattamento delle acque che erogano oggi acqua pulita per più di 500.000 persone.

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