Banca Etruria: una richiesta a Bankitalia da Enrico Rossi

Preoccupazione di Federcasse (BCC Credito Cooperativo) per gli effetti sull’industria bancaria italiana e sull’economia reale generati dalle modalità con le quali si è deciso di gestire la procedura di risoluzione delle banche commissariate. Asso-consum chiede il blocco dei patrimoni degli amministratori delegati. Cenni (Pd) su Banca Etruria: “Governo impegnato a verificare possibile tutela obbligazionisti più deboli”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 dicembre 2015 23:21
Banca Etruria: una richiesta a Bankitalia da Enrico Rossi

FIRENZE- L’Asso-consum, associazione per la difesa dei consumatori, degli utenti e dei cittadini, componente CNCU, alla luce del salvataggio dal rischio di default delle quattro banche, Banca Etruria, Banca Marche, Banca Carife, Banca Carichieti, attraverso l’applicazione del Bail in, per altro prematura rispetto a quanto previsto, ha inviato un ulteriore esposto alla Procura della Repubblica delle città di riferimento, rispettivamente Arezzo, Ancona, Ferrara e Aquila, chiedendo di prendere in considerazione l’eventualità di bloccare i patrimoni di tutti i componenti dei diversi organi collegiali (consiglio di amministrazione, revisore dei conti, collegio sindacale, etc.) che hanno contribuito, con la loro negligenza, all’attuale crisi finanziaria della banca.

Crisi che, come già messo in evidenza, ha avuto un peso consistente sulle tasche di azioni e obbligazionisti. “Non è giusto” afferma il presidente Aldo Perrotta “far pagare i consumatori e non chi ha generato questi deficit”.

Anche la Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali esprime viva preoccupazione per gli effetti sull’industria bancaria italiana e sulla capacità di finanziamento dell’economia reale generati dalle modalità con le quali si è deciso di gestire l’ultima fase della crisi di quattro banche da tempo commissariate (Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca dell’Etruria e del Lazio e Cassa di Risparmio di Chieti). Pur confermando che la prospettiva dell’Unione Bancaria sia il traguardo da costruire (anche se dovrà essere raggiunto tenendo conto delle diversità di finalità/dimensione/natura giuridica/rischiosità delle aziende di credito europee), Federcasse contesta nettamente le condizioni che hanno impedito il mancato coinvolgimento del FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi) nella risoluzione delle quattro banche in crisi, che dello stesso FITD sono consorziate.

Se quest'ultimo fosse intervenuto, non solo ex-ante, ma anche durante la risoluzione stessa, il costo a carico dell’intero sistema e delle BCC sarebbe stato nettamente inferiore. Pertanto è imperativo che le Autorità riconsiderino, da un lato, la corrente interpretazione della normativa sugli Aiuti di Stato che impedisce ai DGS di intervenire precocemente per impedire le crisi e, dall'altro, l'applicazione delle neo-recepite norme sulla risoluzione delle crisi che non sembrano escludere, anzi prevedono, la partecipazione dei sistemi di garanzia dei depositanti al finanziamento delle operazioni di risoluzione. In secondo luogo, il provvedimento, sostiene Federcasse, colpisce in modo pesantissimo e ulteriormente ingiusto quelle banche - come le BCC - che hanno sempre fatto fronte alle eventuali difficoltà in modo autonomo, grazie agli strumenti di tutela che la categoria si è dato, come il Fondo di Garanzia dei Depositanti - senza chiedere né interventi statali né il contributo delle altre banche.

“Volontariamente e dal 1978 – dice il Presidente di Federcasse Alessandro Azzi - ci siamo fatti carico di risolvere da soli e per tempo le nostre crisi. Volontariamente e velocemente, negli ultimi mesi – proprio a causa delle rigidità interpretative della Commissione delle norme sugli aiuti di Stato - abbiamo deciso di rimborsare con un contributo pro-quota volontario di tutte le BCC italiane i sottoscrittori delle obbligazioni subordinate delle banche in crisi. Se non avessimo fatto così, quegli investitori avrebbero perso tutto”. “Ricordo a questo proposito – dice ancora Azzi – la tutela che il Credito Cooperativo offre, grazie al Fondo di Garanzia degli Obbligazionisti” ai possessori di obbligazioni emesse dalle BCC per un limite massimo di 100 mila euro aggiuntivo a quello di pari importo per i depositanti.

"La vicenda del recente salvataggio di quattro banche Popolari colpisce fortemente centinaia di migliaia di risparmiatori. Nel solo caso di Banca Etruria, sono ben 36mila i toscani coinvolti, tra azionisti e obbligazionisti. Governo e Banca d'Italia hanno dato una soluzione alla crisi. Ma restano ancora aperti alcuni interrogativi e soprattutto non si salvaguardano i piccoli risparmiatori". E' quanto afferma il presidente della Regione Enrico Rossi intervenendo sul tema caldo degli effetti del salvataggio di Banca Etruria e delle altre banche popolari su tanti piccoli risparmiatori, anche toscani. Prosegue il presidente: "I punti critici, per quello che ho potuto appurare anche avvalendomi della collaborazione gratuita di esperti, sono principalmente tre: i parametri di svalutazione delle sofferenze bancarie; il tempo trascorso prima di intervenire per la soluzione della crisi; l'efficacia della vigilanza di Banca d'Italia su quanto stava accadendo". Perché, in questo caso, si chiede Rossi, "le sofferenze sono state svalutate all'82,5% e non al 60-65%, come per le altre banche (comprese quelle intervenute nel salvataggio)? Perché si è atteso fino a questo punto? Banca Etruria, nella quale sono coinvolti i risparmi di migliaia di piccoli depositanti che hanno sottoscritto le obbligazioni subordinate, aveva in totale circa 10 miliardi di attivo al momento del commissariamento.

Dopo 9 mesi di gestione straordinaria l'attivo si è ridotto a 7,1. Il tempo trascorso senza trovare una soluzione - dalla fine del 2012 Banca Etruria è sotto la lente di Bankitalia - ha contribuito ad aggravare la crisi fino a renderla irreversibile, con costi per l'erario che qualcuno ha già quantificato tra 1 e 1,5 miliardi". Oltre a sollecitare una risposta a questi interrogativi, Rossi avanza "un paio di proposte a tutela di gran parte dei piccoli risparmiatori che hanno sottoscritto le "obbligazioni subordinate" delle quattro banche".

"Innanzitutto - spiega - andrebbe fatta una divisione tra sottoscrittori "istituzionali" (es. Fondazioni, Fondi, Assicurazioni etc., certamente a conoscenza di cosa avevano acquistato e dei rischi sottesi) e i piccoli risparmiatori privati, che certamente hanno sottoscritto moduli e clausole fidandosi soprattutto delle rassicurazioni delle banche che gliele hanno vendute. Per i piccoli risparmiatori privati sarebbero possibili due soluzioni. La prima è quella di trasformare tali obbligazioni subordinate in strumenti partecipativi delle nuove banche e quindi condividere il destino dei nuovi azionisti.

La seconda è di prevedere che gli eventuali, maggiori introiti da una gestione attiva degli 8,5 miliardi di sofferenze confluite nella "bad bank" vadano a ristoro dei piccoli investitori. Per questo credo si rendano necessarie rettifiche al decreto e ai provvedimenti della Banca d'Italia".

“Nei giorni scorsi ho ricevuto mail e incontrato persone che anche nel nostro territorio hanno perduto i loro risparmi nell’azzeramento di azioni e obbligazioni subordinate della “vecchia” Banca Etruria. Comprendo che a loro quelle obbligazioni siano state presentate in molti casi come un investimento sicuro e non come capitale a rischio. In molti abbiamo fatto presente la situazione al Governo e ieri, in commissione Bilancio alla Camera, il viceministro dell'Economia Enrico Morando ha dato delle prime risposte alle tante sollecitazioni”.

Così Susanna Cenni, parlamentare senese del Pd alla Camera, interviene sul tema degli obbligazionisti subordinati colpiti dal salvataggio di Banca Etruria. “Il vice ministro - continua Cenni - ci ha detto che il Governo ha «avviato una approfondita verifica circa la possibilità che siano messe in atto misure in grado di ridurre gli effetti negativi del processo di risoluzione sulla componente socialmente più debole degli investitori coinvolti, che possa aver agito senza la necessaria consapevolezza del livello di rischio».

Purtroppo gli spazi di intervento sono strettissimi, ma ci stanno provando sia il Governo che il Parlamento”.

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