Teatro della Pergola: Massimo Popolizio è John Gabriel Borkman

Dal 18 al 23 marzo 2014 nel testo di Henrik Ibsen, tradotto da Claudio Magris

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 marzo 2014 18:59
Teatro della Pergola: Massimo Popolizio è John Gabriel Borkman

Alla Pergola da martedì 18 marzo, Massimo Popolizio è John Gabriel Borkman di Ibsen con Lucrezia Lante Della Rovere, Manuela Mandracchia e Mauro Avogadro per la regia di Piero Maccarinelli. Mercoledì 19 marzo alle ore 18.00, Massimo Popolizio e la Compagnia incontrano il pubblico ad ingresso libero. Massimo Popolizio, trent’anni di carriera teatrale segnati da un grande sodalizio con Luca Ronconi, premio Ubu nel 1995 e nel 2001, grande voce del cinema internazionale dall’agghiacciante Lord Voldemort, della saga di Harry Potter, all’Amleto e all’Otello di Kenneth Branagh, interprete televisivo e cinematografico protagonista di Romanzo Criminale e Una grande famiglia, ma soprattutto Vittorio Sbardella ne II Divo e Alfio Bracco ne La Grande Bellezza di Sorrentino, dalla scorsa stagione incarna il brillante e spregiudicato banchiere John Gabriel Borkman nell’edizione diretta da Piero Maccarinelli. Grandi ambizioni muovono il protagonista di questo testo di Ibsen, penultimo della sua carriera, datato 1896 e ispirato dagli scandali finanziari norvegesi dell’epoca.

L’ascesa e la caduta del banchiere John Gabriel Borkman, l’espiazione e ricerca di un impossibile riscatto nell’intricato groviglio familiare e sentimentale di moglie e amante, sono per Ibsen materia per raccontare il travaglio vitale di grandi uomini con grandi progetti che si scontrano con il senso ultimo del loro operare, rispetto a sé e rispetto alla società. L’abile e geniale Borkman, brillante banchiere figlio di minatori, incorre in un fallimento finanziario di grandi dimensioni, da genio della finanza si ritrova ad essere un fallito e a scontare otto anni di prigione.

Toccato dal disonore, dissolta la stima degli altri nei suoi confronti, non sembra però disposto a considerarsi un vinto e continua a non avere dubbi sul valore demiurgico di quella che lui considera la sua missione. Si sente un creatore finanziario, quasi un artista della finanza perché il suo obiettivo non è l’arricchimento personale, ma la realizzazione del sogno del benessere collettivo: estrarre dalla terra la materia prima e farne futuro e progresso per l’umanità. Accanto a lui, nei successivi otto anni di isolamento dal mondo, resta un solo amico, Foldal, suo ex collaboratore, autore di un testo mai pubblicato, in un duplicarsi di sogni irrealizzati e fallimenti che li attraversano. Lucrezia Lante della Rovere e Manuela Mandracchia sono le sorelle gemelle Rentheim moglie, cognata e ex amante, che serrano il cerchio spietato dei sentimenti intorno a Borkman fino a contendersi il destino del giovane figlio Erhart.

Ma i figli ventenni, senza le aspettative e i sogni dei padri, con molte meno speranze creative, consapevoli della limitatezza del loro agire corrono a bruciare la vita, l’aggrediscono a morsi e la attraversano non nell’attesa del compimento di un progetto, ma nella certezza della sua violenza e brevità. Gli ideali grandi di Borkman e delle sorelle Rentheim non valgono né per Frida Foldal, né per il giovane Borkman. “Un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce e tragicomica del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e offeso, che fa di ogni affermazione vitale anche un gesto di violenza – afferma Piero Maccarinelli - Un Borkman per provare a comunicare ai nostri contemporanei le geniali parole di Ibsen, in un’ambientazione volutamente essenziale e più vicina a noi.

Credo che tutto questo sia un materiale violentemente contemporaneo, con un plusvalore, se ad interpretare questo grande testo è una generazione di attori che ha potuto sfiorare le utopie da un lato e che ne ha visto la devastazione dall’altro”.

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