Pontormo e Rosso Fiorentino: geni divergenti a Palazzo Strozzi

Divergenti vie della “maniera”, un’affascinante antologica curata da Antonio Natali e Carlo Falciani, e dedicata a due fra i più interessanti artisti del Cinquecento

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 marzo 2014 21:05
Pontormo e Rosso Fiorentino: geni divergenti a Palazzo Strozzi

FIRENZE - Il Cinquecento vivace e tormentato della Riforma, del passaggio a Firenze dal Ducato alla Repubblica e poi di nuovo a questo, della restaurazione di Carlo V, trova sublime eco in due dei più innovativi e raffinati artisti del secolo, ai quali la storia dell’arte è debitrice di buona parte dei progressi conosciuti nei decenni a venire. La Fondazione Palazzo Strozzi, in collaborazione con il MiBAC, la Soprintendenza e il Polo Mussale della città di Firenze, hanno promossa e organizzata Pontormo e Rosso Fiorentino.

Divergenti vie della “maniera”, un’affascinante antologica curata da Antonio Natali e Carlo Falciani, e dedicata a due fra i più interessanti artisti del Cinquecento, a torto poco frequentati dal grande pubblico. Dopo la mostra-evento del 1956, a distanza di quasi sei decenni, tornano a Palazzo Strozzi i due massimi protagonisti della cosiddetta “maniera moderna”, quel superamento degli antichi che è anche sintomo di un nuovo sentire sociale e politico. A dare alla mostra carattere straordinario e irripetibile, almeno nel breve periodo, il fatto per cui il nucleo principale delle opere proviene dalla Galleria degli Uffizi e dalla Palatina, e sono inoltre presenti pale d’altare provenienti da varie chiese e pievi toscane.

Pertanto, difficilmente si potrà spostare da tutte le sue prestigiose sedi, un numero così elevato di preziosi capolavori. Ammirarli a Palazzo Strozzi è quindi occasione imperdibile. Articolata in dieci raffinate sezioni e circa novanta opere, (anche di contemporanei, fra cui il Caraglio), la mostra ripercorre due avventure artistiche complementari, che svelano una comune volontà d’innovazione, e un anticonformismo intellettuale che, pur in campi contrapposti, li unisce: Rosso è seguace di Savonarola e della Repubblica, mentre Pontormo gravita nell’orbita medicea.

Da una parte, il leonardesco e naturalista empolese, dall’altra il fiorentino ispirato al Michelangelo della Battaglia di Cascina, e quindi agli echi di Masaccio e Donatello. Dagli esordi nel Chiostrino dei voti, alle divergenze sul colore e la ritrattistica, dalla differente sensibilità religiosa, alle esperienze locali del Pontormo e italiane di Rosso, la mostra ne segue le vicende umane e ideologiche. Un aspetto, quest’ultimo, che emerge dalla loro iconografia religiosa: fedele seguace di Savonarola, Rosso fu molto legato alla figura del Cristo morto, mentre Pontormo segue l’iconografia della tradizione, pur reinterpretandola con soggettiva eccentricità.

Eppure, al di là delle apparenze, il sentire artistico dei due pittori è molto vicino. Una mostra pensata non tanto per sottolineare le differenze caratteriali e di stile di vita fra i due artisti - differenze peraltro già sufficientemente discusse da una letteratura cronachistica di bassa lega -, bensì per spiegare, attraverso i loro capolavori, quel dialogo che fra i due non è mai mancato, e che si è dipanato negli anni prendendo le mosse dai loro stili, che vantano una comune radice in Andrea del Sarto (con il quale ebbero modo di lavorare all’epoca dei grandi affreschi della Santissima Annunziata), e Fra’ Bartolomeo: il Viaggio dei Magi e la Pala Cambi aprono la mostra, visibili accanto a la Visitazione del Pontormo e l’Assunzione del Rosso.

L’iniziale percorso comune ben presto diverge, come evidenza il titolo della mostra, senza mai troppo differire, i due artisti continuando a interpretare quella “maniera moderna” a proposito della quale è doveroso superare i parametri di spregiudicatezza formale e attitudini ribelli, ai quali è stata a lungo affiancata. Per cui, Rosso Fiorentino, pittore ufficiale della corte francese per oltre un decennio, recupera la nobile tradizione del Quattrocento toscano di Masaccio e Donatello, osservandola in versione aggiornata, nelle opere, fra gli altri, di Albrecht Dürer, mentre Pontormo si fa interprete di una personalissima reazione al classicismo pittorico. Osservando la mostra da un punto di vista più strettamente politico, avendo l’arte di fatto anche un carattere del genere, è forse utile inquadrare più attentamente il contesto storico all’interno del quale lavorarono Pontormo e Rosso; si formarono in quella Repubblica Fiorentina che, dopo l’esperienza di Savonarola e i suoi Piagnoni, si era mossa verso la fase più sanguigna di Sederini e Machiavelli, passati i quali e rientrati i Medici, al Rosso non restò che la via dell’esilio in Francia.

Dettagli a parte, sia li che Pontormo avvertirono la necessità di un rinnovamento, di proseguire sulla via del progresso civile che il primo Rinascimento aveva avviata. Un periodo di crisi, o comunque di importanti cambiamenti politici, di delicati equilibri europei, con l’Italia in procinto di cadere, per circa un secolo, sotto l’influenza francese. Eppure, in questi anni turbolenti, come osserva lo stesso Natali “le persone erano migliori”, nel senso che alla crisi si reagiva con le idee, e la capacità di individuare e favorire le persone che ne avevano.

Ovvero, il potere politico aveva dignità e competenze ben diverse da quanto siamo abituati a vedere e subire nell’Italietta del Duemila, per cui si rimane stupiti nell’apprendere che Pontormo e Rosso, appena ventenni, sono chiamati ad affrescare il Chiostrino dei voti della Santissima Annunziata, luogo chiave della vita pubblica cittadina. Episodi difficili anche solo da immaginare in un Paese vergognosamente malato di gerontocrazia, dove il meschino conservatorismo di privilegi e prebende blocca di fatto lo sviluppo economico e sociale.

Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “maniera”, è visitabile fino al 20 luglio prossimo. Tutte le informazioni su orari, prezzi dei biglietti, riduzioni, laboratori e iniziative collaterali, al sito www.palazzostrozzi.org. Nella foto, la Pala Ginori di Rosso Fiorentino Niccolò Lucarelli

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