Emergenza ungulati in Toscana: casi di giustizia fai da te

La Polizia Provinciale sorprende bracconiere nella Riserva Naturale del Basso Merse. Marcelli: "Tensione è altissima non solo in Maremma"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 gennaio 2014 22:28
Emergenza ungulati in Toscana: casi di giustizia fai da te

Nuova operazione della Polizia provinciale nelle aree protette del nostro territorio. Stavolta l’azione, che si è svolta nel comune di Murlo, all’interno della Riserva Naturale Basso Merse, ha condotto alla denuncia di un bracconiere. Da circa un mese, gli agenti tenevano sotto osservazione l’area, un territorio ad alto valore ambientale e faunistico, in cui erano stati segnalati atti di bracconaggio. Durante le festività due agenti in abiti borghesi, fingendosi escursionisti, hanno percorso a piedi quella parte di Riserva in cui convergevano tutti gli indizi riguardanti le attività illecite.

Dopo circa un’ora di perlustrazione è stato notato un uomo che vagava per la Riserva nel classico atteggiamento di ricerca della selvaggina. Fermato con la scusa di chiedergli alcune informazioni per poter meglio capire cosa avesse celato dietro la giacca, gli agenti hanno intravisto un fucile e si sono qualificati come tali, procedendo immediatamente al sequestro dell’arma e delle munizioni. L’uomo, un cacciatore residente nel comune di Murlo, è stato denunciato per introduzione di armi e caccia in Riserva Naturale e in giornata di silenzio venatorio.

L’azione di bracconaggio, infatti, si è svolta di martedì, giornata in cui la caccia non è consentita su tutto il territorio nazionale in base alle disposizioni della legge n.157/92. In Toscana i lupi hanno ucciso almeno 700 pecore nel 2013, ma anche capre, puledri, vitelli e mucche al pascolo. E’ quanto stima Coldiretti Toscana nel sottolineare che la presenza di animali selvatici, dai lupi ai cinghiali, sta mettendo a rischio la presenza e il lavoro dell’uomo in molte aree della regione dove il numero è ormai da tempo fuori controllo.

Secondo le stime della Regione Toscana sono 350.000 gli ungulati presenti in Toscana tra cinghiali, caprioli, storni e mufloni che costano, in termini di danni, 1milione 700mila euro di danni, per il 70% imputabili alle scorribande dei cinghiali che da soli rappresentano la metà della popolazione totale di ungulati. Una situazione insostenibile sfociata nelle ultime settimane, in particolare in alcune zone della Maremma, in azioni di “giustizia fai da te” con l’abbattimento di almeno 8 esemplari di lupi esposti in piazze e strade in segno di protesta.

Per Coldiretti si tratta di reazioni frutto di un’esasperazione e di una rabbia prolungata che alzano l’asticella e l’attenzione su quella che è un’emergenza su cui non si può più perdere altro tempo. “Confiniamo il lupo all’interno dei parchi e delle aree protette presenti nella nostra regione. Le aree off-limits sono il luogo adatto per tutelare e preservare la biodiversità, e così anche il lupo.” – propone Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana che precisa: “Potrebbe essere una soluzione logica ed efficace per rimettere in equilibrio un sistema di convivenze che oggi è impossibile e rappresenta un pericolo sia per le attività agricole, sia per la comunità.

La situazione sta sfuggendo di mano; la tensione è altissima non solo in Maremma. In tutta la regione i danni dei lupi e degli ungulati sono diventati una tassa che l’agricoltura non è più in grado, e non vuole, pagare. Una tassa che ricade anche sulla comunità”. Il confinamento all’interno di aree protette faciliterebbe il controllo ed il monitoraggio degli esemplari di lupo puri che rischiano, nel lungo periodo, di diventare una razza in via di estinzione. “Molti degli esemplari in circolazione sono incroci di lupi e cani.

– spiega ancora Marcelli - L’aumento della popolazione di ibridi è un rischio non calcolato ed assolutamente da non sottovalutare”. Agli animali uccisi si aggiungono - precisa Coldiretti - i danni indotti dallo spavento e dallo stato di stressprovocato dagli assalti, con ridotta produzione di latte e aborti negli animali sopravvissuti. La presenza di branchi di lupi sta scoraggiando in molte aree l’attività di allevamento mettendo a rischio anche il tradizionale trasferimento degli animali in alpeggio che, oltre ad essere una risorsa fondamentale per l’economia montana, rappresenta anche - sottolinea Coldiretti - un modo per valorizzare il territorio e le tradizioni culturali che lo caratterizzano.

Con il ritorno del lupo il lavoro dei pastori è però notevolmente cambiato divenendo - continua Coldiretti - sempre più complesso e oneroso e stravolgendo le abitudini di una pratica storica. Non è infatti più possibile - precisa la principale organizzazione agricola - lasciare gli animali in alpeggio allo stato brado, impiegando il tempo in tutte le altre attività che caratterizzano il lavoro in montagna, dalla lavorazione del latte alla fienagione. Negli ultimi anni si è infatti reso necessario un continuo vigilare su greggi e mandrie, al fine di proteggerle da attacchi di lupi e cani randagi poiché recinzioni e cani da pastori spesso non sono stati sufficienti per scongiurare il pericolo.

Occorre lavorare sulla prevenzione concedendo aiuti per la realizzazione di opere di protezione, quali ad esempio la costruzione/ristrutturazione delle stalle, i sistemi fotografici di allarme e la costruzione di recinti per la permanenza notturna degli animali. Ma è anche necessario – continua Coldiretti – rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni affinché oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l’agricoltore siano coperti non solo i danni da lupo, ma anche quelli causati da cani inselvatichiti nonché quelliindiretti per aborti e cali di produzione; prevedere un sistema di misure di prevenzione dei danni incentivando le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno; costituire delle ronde con volontari che collaborino con i pastori e gli allevatori nella sorveglianza; un maggior impegno nella lotta al randagismo.

Essendo il lupo una specie protetta dalla normativa europea si rende indispensabile trovare un giusto equilibrio perché questa convivenza forzata tra l’animale e l’uomo non porti all’abbandono dell’attività di allevamento. Non sarebbero solo gli allevatori a perderci, ma l’intera comunità poiché - conclude Coldiretti - i pastori attraverso la loro opera conservano e valorizzano la montagna e le sue tradizioni.

Notizie correlate
In evidenza