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La via al Principe: Niccolò Machiavelli da Firenze a San Casciano

Mostra nella prestigiosa sala Galileo e nella Tribuna Dantesca della Biblioteca

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 dicembre 2013 09:07

FIRENZE - Insigne personalità del Rinascimento fiorentino, sia per genialità sia per temperamento, Machiavelli ha incarnato lo spirito libertario del popolo toscano, unito a quella schiettezza e urbanità di modi che tanto lo ispirarono nella stesura delle pagine del Principe, illuminante trattato politico, così come nel suo attaccamento al governo repubblicano, visto come l’ovvio superamento della “tirannia” dei poco accorti discendenti del Magnifico. A questo insigne toscano, e al clima politico dell’epoca, rende omaggio la mostra La via al Principe: Niccolò Machiavelli da Firenze a San Casciano, organizzata dall’Archivio di Stato di Firenze, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e il Polo Museale Fiorentino, ospitata nella prestigiosa sala Galileo e nella Tribuna Dantesca della Biblioteca.

Un lungo percorso biografico e cronologico, che cade a cinquecento anni dalla stesura del Principe, che Machiavelli annunciò in una missiva a Francesco Vettori scrivendogli di aver “composto uno opuscolo De principatibus”. Attraverso il patrimonio documentario, librario e iconografico della città di Firenze, è stato ricostruito il percorso umano e intellettuale di un personaggio che sollevò l’idea di libertà a faro del proprio pensiero. Libertà da sempre cara al popolo toscano, e di cui Malaparte ha esaurientemente discusso nei suoi scritti che, a ben vedere, riecheggiano parte del “mariolo segretario”, come scrisse di lui Manzoni malcelando un’ammirazione comunque sincera.

Fra i molti e preziosi documenti esposti, il carteggio degli anni della Repubblica, il manoscritto autografo dell’Arte della guerra, e testimonianze delle giovinezza del Machiavelli. La mostra infatti lo racconta da qui, alla stesura del Principe, opera conclusiva di una vita dedicata al pensiero politico. A integrare la parte documentaria, anche capolavori quali la Tavola Doria, recentemente restaurata, frammento della battaglia di Anghiari, storica vittoria fiorentina sulle truppe di Filippo Maria Visconti.

Infine, come grazioso ornamento estetico, quattro riproduzioni di costumi d’epoca cinquecentesca, realizzate dalla sartoria teatrale di Giancarlo Mancini per la Mandragola, spettacolo teatrale della Compagnia delle Seggiole in scena al Goldoni il 7 e 8 dicembre scorsi. Gli anni trascorsi in servizio presso la Cancelleria della Repubblica furono l’apice della carriera politica di Machiavelli, e la mostra li ricostruisce attraverso i preziosi documenti dell’Archivio di Stato, fra i quali gli Statuti repubblicani, che permettono di comprendere le innovazioni istituzionali introdotte a Firenze sotto Savonarola, prima che un eccesso di simpatie neoguelfe lo facessero cadere in disgrazia presso il rissoso popolo fiorentino.

Repubblicano convinto, anche dopo la caduta del frate ferrarese e il deludente gonfalonierato di Soderini, Machiavelli subì nel 1513 il carcere e la tortura, perché sospettato di attività antimedicea. L’attività di quei difficili anni è documentata anche dall’amicizia con Agostino di Giovanni Nettucci, collaboratore del Segretario all’epoca di Soderini; anni in cui Machiavelli partecipò con fervore al rinnovamento repubblicano dopo il fallimento di Savonarola. Scarcerato pochi mesi dopo, cercò di ingraziarsi la famiglia Medici attraverso l'ambasciatore Francesco Vettori e lo Giuliano, ma invano.

Si ritirò allora nel suo podere dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano in Val di Pesa, dove scrisse Il Principe, che conclude il percorso della mostra. Ideatore, nelle sue pagine, di una dialettica politica rivoluzionaria per i suoi tempi, Machiavelli si scaglia contro la tradizione moralistica, affermando il valore supremo della “verità effettuale”, cioè la necessità di affrontare gli altri uomini per quello che sono e non per quello che dovrebbero essere.

Segue una lucida analisi sulla debolezza politica italiana, che mai prima d’allora si era avuto il coraggio e l’acutezza di fare. A far scattare la scintilla per la stesura del Principe, quella experienza delle cose moderne che Machiavelli maturò durante gli anni trascorsi nel servizio diplomatico presso le principali corti italiane e straniere. Una politica spregiudicata, certo, a volte persino troppo, ma dettata dall’urgenza di tempi particolarmente difficili. Una spregiudicatezza che tuttavia, aveva la ragion di Stato quale fondamento imprescindibile.

Una mostra di grande prestigio, che fa luce su quel laboratorio politico che fu la Repubblica fiorentina, esperienza sfortunata e non perfetta, ma nella quale si consolidò la consapevolezza di valori quali la libertà e la coerenza di governo. Quanta differenza con l’oggi meschino e qualunquista, sul quale la mostra è un invito a riflettere. La mostra, a ingresso libero, è visitabile fino al 28 febbraio prossimo. Obbligatoria la prenotazione allo 055/24919257 o scrivendo a visite.guidate@bncf.firenze.sbn.it.

di Niccolò Lucarelli

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