Zingaretti a Pistoia con La Torre d'avorio

Dopo il grande successo dello spettacolo inaugurale Zio Vanja, che ha registrato ben 2100 presenze (con numeroso pubblico anche da fuori Pistoia), la stagione del Teatro Manzoni cala un altro ‘asso’

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 novembre 2013 12:15
Zingaretti a Pistoia con La Torre d'avorio

Dopo il grande successo dello spettacolo inaugurale Zio Vanja, che ha registrato ben 2100 presenze (con numeroso pubblico anche da fuori Pistoia), la stagione del Teatro Manzoni cala un altro ‘asso’ ospitando da venerdì 8 a domenica 10 novembre (feriali ore 21, festivo ore 16) LA TORRE D’AVORIO del commediografo Ronald Harwood, nella traduzione di Masolino d’Amico. La torre d’avorio è l’occasione per riportare al Manzoni – teatro del suo debutto assoluto, alla fine del 1983, in Santa Giovanna di Shaw, diretto da Ronconi, protagonista Adriana Asti – uno dei volti più popolari e amati dal pubblico, Luca Zingaretti qui nel ruolo del maggiore americano Steve Arnold e di recente nuovamente apprezzato in Tv nella fiction su Olivetti. Con questo spettacolo l’attore ha debuttato nella scorsa stagione riscuotendo un ampio successo anche come regista teatrale.

Coprotagonista assoluto, nel ruolo del celebre direttore d’orchestra tedesco Wilhelm Furtwängler, Massimo De Francovich, attore di alto livello, protagonista di molti spettacoli ronconiani e di recente ammirato al cinema in titoli di successo come Viva la libertà di Roberto Andò e La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Con loro in scena anche Paolo Briguglia, nel ruolo del tenente David Wills (interprete di tanti film degli ultimi anni, da I cento passi a Basilicata coast to coast), e altri artisti tra cui Gianluigi Fogacci/Helmut Rode e Francesca Ciocchetti/Tamara Sachs (spesso presenti in ruoli di rilievo in alcuni degli ultimi spettacoli di Ronconi) e Caterina Gramaglia/Emmi Straube. La commedia, che ha debuttato a Londra nel 1995 per la regia di Harold Pinter, ha, come titolo originale, Taking sides, che significa letteralmente “Schierarsi”: trasformato in A torto o a ragione nel film che ne ricavò István Szabó nel 2001 (con Harvey Keitel e Stellan Skarsgård) e in Colpevole d’innocenza in una versione teatrale italiana dello stesso anno, diretta ed interpretata, da Arnoldo Foà. Di Ronald Harwood, sceneggiatore, scrittore e commediografo sudafricano, nato nel 1934, grande appassionato di musica (suoi anche testi sui compositori Mahler e Franck), a fine stagione il Teatro Manzoni proporrà anche il suo titolo forse più famoso, Servo di Scena; fra i numerosi altri testi teatrali, letterari e cinematografici sono da ricordare almeno la sceneggiatura de Il Pianista di Roman Polanski (premiata con l’Oscar) e Bella figlia dell’amore (Quartet). Lo spettacolo, prodotto da Zocotoco srl, si avvale delle scene di Andrè Benaim, dei costumi di Chiara Ferrantini e delle luci di Pasquale Mari. Il testo fa rivivere l’episodio storico dell’indagine condotta nel 1946 nella Berlino appena liberata dai nazisti sui ‘presunti’ rapporti tra il celebre direttore d’orchestra, morto nel 1954 (che ha creduto di poter vivere in una ‘torre d’avorio’ isolata dal mondo, continuando a lavorare in Germani anche sotto la dittatura hitleriana) e il nazismo, andando così a scandagliare il tema del ruolo dell’intellettuale nella società e del rapporto tra arte, cultura e potere, nonché su quello che accade quando quest'ultimo cerca di esercitare un controllo sulla vita spirituale.

Lo scontro tra personaggi così diversi tra loro diventa così un ideale match teatrale che sembra chiudersi senza vincitori né vinti. “È il momento della cosiddetta denazificazione – spiega Masolino d’Amico, che ha curato la traduzione dell’opera – e la caccia ai sostenitori del caduto regime è in pieno svolgimento. Gli alleati hanno bisogno di prede illustri, di casi esemplari che diano risonanza all’iniziativa. Viene così convocato, nel quadro di una indagine sulla sua presunta collaborazione con la dittatura, il più illustre esponente dell’alta cultura tedesca, vale a dire il direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, universalmente acclamato accanto a Toscanini come il maggiore della prima metà del secolo.

Furtwängler non era stato nazista, e anzi non aveva nascosto di detestare le politiche del Terzo Reich; era anche riuscito a non prendere mai la tessera del partito. Ma nel buio periodo dell’esodo di molti illustri intellettuali che avevano preferito trasferirsi all’estero piuttosto che continuare a lavorare in condizioni opprimenti, era rimasto in patria, e aveva svolto la sua attività in condizioni privilegiate. Aveva scelto, in tempi durissimi, di tenere accesa la fiaccola dell’arte e della cultura, convinto che questa non abbia connotazione politica; e aveva sfruttato il suo prestigio per aiutare, all’occorrenza, persone perseguitate o emarginate.

Si era anche scaricato la coscienza barcamenandosi per esibirsi nel minor numero possibile di occasioni ufficiali; pur di non stringere la mano a Hitler, in una occasione famosa e fotografata, aveva fatto in modo di continuare a impugnare la bacchetta con la destra. Dai suoi compatrioti, quasi tutti melomani, era sempre stato venerato alla stregua di una divinità super partes, e anche dopo la fine della guerra nessun tedesco si era sentito di addebitargli alcunché. Ma ecco ora che i vincitori vogliono vederci chiaro, e se possibile far crollare anche questo superstite mito della superiorità germanica.

Consapevoli del fascino che il grande artista esercita su tante persone, essi affidano l’indagine a un uomo che dà ogni garanzia di esserne immune: un maggiore dell’esercito che detesta la musica classica, venditore di polizze assicurative nella vita civile e quindi molto sospettoso nei confronti del prossimo; un plebeo che disprezza le sdolcinatezze borghesi; un giustiziere sacrosantamente indignato dalle ingiustizie e dalle atrocità che ha visto perpetrare in questa corrottissima zona dell’Europa; soprattutto, un americano convinto nell’eguaglianza di tutti gli uomini sia nei diritti sia nelle responsabilità. L’incontro con la Compagnia per il ciclo “Il teatro si racconta” è in programma venerdì 8 novembre alle ore 17 alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia (Via Pertini) e sarà condotto da Gherardo Vitali Rosati, giornalista e critico di teatro.

L’ingresso è libero. Prevendita spettacolo: Biglietteria Teatro Manzoni 0573 991609 – 27112 On line su www.teatridipistoia.it, box office www.boxol.it Teatro Manzoni Pistoia Stagione di prosa 2013/2014 venerdì 8 novembre, ore 21 (turno V) sabato 9 novembre, ore 21 (turno S) domenica 10 novembre, ore 16 (turno D) LA TORRE D’AVORIO di Ronald Harwood traduzione Masolino d’Amico con Luca Zingaretti, Massimo De Francovich e con Paolo Briguglia e Gianluigi Fogacci, Francesca Ciocchetti, Caterina Gramaglia regia Luca Zingaretti scene Andrè Benaim costumi Chiara Ferrantini luci Pasquale Mari Zocotoco srl PER IL CICLO “IL TEATRO SI RACCONTA” Incontro con la Compagnia Venerdì 8 novembre ore 17 Biblioteca San Giorgio (Via Pertini) conduce Gherardo Vitali Rosati, giornalista e critico teatrale ingresso libero

Notizie correlate
In evidenza